Capitolo 6: Idee Malsane

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So many signs, so many signs, you didn't even see the signs

Bea non è mai stata brava a rimanere in silenzio e ad aspettare, dando spesso e volentieri la colpa al suo essere dell'Ariete, ma io sono convinta che sia semplicemente una persona che non ama tenersi dentro ciò che pensa.

Per questo non sono sorpresa quando, non appena varchiamo la porta di casa mia, scoppia come una bomba ad orologeria.

"Ma come fa Dafne a essere amica di una così?!".

Trattengo a stento una risatina davanti alla sua aria indignata, come se la cosa la offendesse personalmente, ma non rispondo, almeno non subito.

Mi limito a guidarla nell'ingresso che ormai conosce come le sue tasche, su per le scale fino ad arrivare in mansarda dove c'è la mia stanza. È stata una guerra cinque anni fa tra me e Lucrezia per decidere chi delle due avrebbe preso la mansarda di venti metri quadri ma una partita fortunata a morra cinese ha decretato la mia vittoria, relegandola al piano di sotto.

Non appena entro mollo giacca, sciarpa e tracolla sulla poltrona adibita a secondo armadio confusionario, lasciandomi poi crollate sul letto a pancia in su.

Bea mi segue a ruota e solo allora riesco a dare voce ai miei pensieri.

"Dafne socialmente è molto camaleontica" comincio cercando di dare un senso a quello che sto per dire, "e questo le permette di mischiarsi bene con diverse tipologie di persone. Non è timida come te o scorbutica come me. Se mi chiedi cosa ci trova in Costanza... Questo non lo so, ma sono preoccupata".

La mia confessione fa alzare sui gomiti la bionda: "perché?".

"Perché ultimamente la trovo diversa" ammetto a malincuore.

"Diversa in senso negativo?".

"Sì, è come se avesse preso il sopravvento una parte di lei che desidera solo incasinare le vite degli altri e stare a guardare. Non so, magari è una mia impressione, ma uscite come quella di oggi non sono nuove".

Bea non dice nulla subito, limitandosi a muovere le dita sul mio copriletto rosso con le ciliegie, ed io mi incanto, soprappensiero, su quel movimento lento e cadenzato.

"Sai, Dafne ha una certa dualità" sussurra dopo istanti che sembrano minuti, "disegnarla infatti è difficile. Quando disegno te percepisco i tuoi colori forti, non sempre armoniosi e piacevoli, e li metto nei tuoi ritratti. Quando invece voglio disegnare Dafne, non capisco mai cosa sto disegnando, come se percepissi prima un colore e poi un altro ma questa combinazione non funziona, è antitetica... Ha senso quello che sto dicendo?".

"Sto cercando di capire".

Bea annuisce girando la testa verso di me, i suoi occhi limpidi quanto sinceri: "il punto è che secondo me Costanza stimola un lato di Dafne che è più oscuro e che solitamente rimane nascosto".

Sospiro piano portandomi le braccia conserte sugli occhi, sospiro più forte, sospiro perché so che ha ragione.

E che io non voglio affrontare tutto ciò che questo comporta.

"Ehi" sussurra piano la bionda, posandomi una mano sulla gamba, "ora non pensare a questo. Pensiamo al fatto che dopodomani è la vigilia di Natale".

"Non me lo ricordare" borbotto tra me e me, "Laila domani è riuscita a prenotare la pista da mezzogiorno alle cinque di pomeriggio. Per prepararmi bene prima di Natale, a sua detta".

Quando, due ore fa, ho aperto il suo messaggio su Whatsapp ho capito subito che c'era aria di fregatura e infatti non sono rimasta delusa: cinque ore di allenamento con tanto di ora extra di stretching.

Peccato però che quel messaggio sia stato sufficiente per farmi balenare nel retro cranio l'idea che potrei vedere Stefano e solo il pensiero mi abbia fatto venire voglia di infilare i pattini nel borsone e andare al palazzetto.

Bea sembra accorgersi di quel mio pensiero perché un bagliore di malizia le fa brillare gli occhi.

"Cannellina del mio cuore, sai che ti conosco come le mie tasche?" Mi canzona giocosamente prendendomi una ciocca di capelli e arrotolandosela sul dito, facendomi fluire il sangue alle gote.

"Piantala" borbotto scacciando la sua mano, "non mi conosci come le tue tasche se usi quel tono".

"Ed è qui che sbagli cara mia. Camilla Alighieri, la donna algida, troppo presa dalla sua laurea in marketing e dal pattinaggio per le relazioni, che arrossisce come una tredicenne che vede per la prima volta Taylor Lautner? Ma a chi pensi di darla a bere?".

Evidentemente non a lei, e la realizzazione che i miei pensieri si traducano in reazioni per me incontrollabili non fa che peggiorare la situazione.

"Lo trovo un bel ragazzo, tutto qui" tento di dire per scrollarmi di dosso la questione, ma ho sottovalutato Bea e il suo sguardo inquisitore.

"E già questo dice qualcosa visto che tu non ti sbilanci mai".

"Non è vero!".

"Giusto, hai ragione: ti sbilanci eccome quando si tratta di Edo e del tuo odio per lui".

"Non farmi pensare a quel viscido per cortesia" la supplico sentendo il nervoso montarmi dentro al solo pensiero, e lei sembra capirlo perché mi fa la grazia di lasciar perdere il discorso.

"Tornando a Stefano, invece... Descrivimelo" continua imperterrita Bea, la sua cocciutaggine forte quasi quanto la mia lingua biforcuta nei momenti adatti, e consapevole che non mollerà l'osso finché non avrà più dettagli decido di accontentarla.

"È molto alto, e intendo molto alto. Quasi due metri" comincio facendo sovvenire alla memoria la sua immagine, "biondo, ma non chiaro come te. Ha gli occhi blu, il naso dritto e appena un accenno di barba, ma ce l'aveva tagliata nelle due volte in cui...".

"Aspetta" mi interrompe Bea, gli occhi più grandi del mondo, "due volte? Ma non l'hai visto solo alla festa di Dafne?".

Merda.

Merda, merda e ancora una volta merda.

Maledicendomi e mordendomi la lingua mi alzo sui gomiti anch'io, guardando la mia amica con sguardo supplice.

"Se ti dico questa cosa, deve rimanere tra me e te".

Bea annuisce con tutta la serietà del mondo e io l'aggiorno rapidamente sulla questione palazzetto, svelandole anche dei trascorsi di Stefano come pattinatore artistico, facendole sgranare gli occhi.

Mi ascolta in silenzio, l'espressione di un cerbiatto che vede i fari della macchina, e proprio quando penso di averle detto tutto lei mi interrompe.

"Cannella, ti ho parlato dell'ultimo progetto che ha preso in carico mia mamma?" Domanda con il tono di chi nasconde a fatica un segreto, e per quanto sia abbastanza aggiornata sugli avvenimenti di casa Rosselli, questo dettaglio mi sfugge.

Ho appena il tempo di scuotere la testa che Bea prende il telefono dalla tasca, cercando qualcosa ossessivamente, e quando lo trova me lo passa.

Sullo schermo, una locandina chiaramente disegnata da lei.

Ma non è questo a farmi tremare e sudare freddo.

È la scritta in corsivo Gara di pattinaggio a coppie di San Valentino a farlo, e ancora di più il premio in palio per la coppia vincitrice.

Quarantamila euro.

Ben più di quelli che mi servirebbero per l'iscrizione allo IED.

Ed come insegna la storia è dalla disperazione e dalla follia che nascono le idee più malsane.

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