CONTROLLO

1.5K 116 83
                                    

Elia

Il salotto di Norah era illuminato, quindi suo padre era ancora sveglio. Tra un passo e l'altro guardai l'orario: ore 23:12, era ancora presto.

Non avrei mai avuto il coraggio di lasciare Norah a casa in quello stato. Suo padre poteva arrabbiarsi con lei, e poi cosa avrebbe pensato di me? Che l'avevo vista perdere il controllo e mi ero fatto i fatti miei?

Sapevo che non avevo nessun compito, che non eravamo nemmeno amici, ma non volevo che si facesse un'idea sbagliata di me, perciò l'avrei portata a casa mia.

Non pensai, però, a un aspetto principale: convincere Norah.

Piantò i piedi sulla spiaggia. «Che vuoi fare?»

Quella ragazza era continuamente incerta su ciò che potevo combinare insieme a lei. Ero imprevedibile per lei.

Chiedi "che fai" anche a coloro che, in maniera prevedibile, pensano solo di portarti a letto?

«I miei sono in camera da letto.» Le luci di casa erano spente. «Tuo padre no, invece. Hai bevuto, fumato, e sei zuppa d'acqua. Vuoi davvero dargli spiegazioni o vuoi semplicemente fare una doccia nel mio bagno?»

Perse la sicurezza che aveva sempre dimostrato di avere. «Una doccia da te? Perché?»

«Sei salata.» Guardai le punte dei suoi capelli gocciolare. «E ora basta parlare o ti verrà la febbre.»

La trascinai in veranda ma, prima di aprire, disse qualcosa sottovoce. «E se tua madre dovesse vedermi?»

Perché si preoccupava di mia madre e non di mio padre? Aveva timore del suo giudizio?

«Le dirò che ti sto portando a letto. Mi lascerebbe in pace» ci scherzai sù ma ben presto la mia testa iniziò a pensare che la mia vicina di casa avrebbe girovagato nella mia stanza, da soli, e io ero estremamente attratto da lei.

Mi fulminò con gli occhi ma non ebbe il tempo di ribattere perché, all'improvviso, la luce della veranda si accese: suo padre stava uscendo fuori.

Aprii la porta di casa velocemente, la tirai dentro e appoggiammo le spalle sulla porta chiusa, cercando di ridere piano per non svegliare i miei, come due scemi.

Prendemmo fiato e io diedi un'occhiata al salone e alla cucina. Non c'era nessuno e, come al solito, al piano di sopra due porte erano chiuse: i miei non dormivano più insieme da tempo, nonostante cercassero di nascondermelo.

Questo come mi faceva stare? Non lo sapevo. Cercavo semplicemente di non chiedermelo.

Portai Norah nella mia stanza, accesi la luce e chiusi a chiave, come facevo con le cose che mi facevano male, tenendole a bada e fingendo che non esistessero.

«Stiamo bagnando tutto il parquet» commentò sottovoce, guardandosi i piedi.

«Per domani sarà già asciutto.» Cercai una maglietta dall'armadio e poi un accappatoio in più. Per fortuna ero riuscito a sistemare tutta la mia stanza in poco tempo. «Fai la doccia tu per prima.»

In pochi passi raggiunsi il mio bagno personale e poggiai tutto su un mobile. Ascoltando i suoi, sapevo che era entrata anche lei, perciò le feci vedere lo shampoo e il bagnoschiuma. «Ma credo che tu sappia leggere» le dissi, con un sorrisetto stampato in faccia, dopo averla raggiunta sulla soglia della porta.

ANCORADove le storie prendono vita. Scoprilo ora