Prologo

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La pioggia batteva incessantemente contro le finestre da ore senza darmi tregua . Era un venerdì sera e , come mio solito, ero in libreria . D'altro canto abitavo al piano di sopra e Dorothy, la simpatica vecchietta che possedeva la libreria, mi dava il permesso di stare lì anche dopo l'orario di chiusura. Mi ero trasferita a Londra qualche mese prima per frequentare un corso di laurea all'università di Cambridge . Mi ero trovata un piccolo appartamentino poco fuori dal centro di Londra ed ogni giorno prendevo il treno al mattino presto per andare in università e tornavo il pomeriggio giusto in tempo per il tè pomeridiano. Non avevo nessuno, all'inizio , e la prima persona con cui avevo stretto un legame era Dorothy. Io le facevo da nipote e lei e suo marito Arthur mi facevano da nonni. In quel momento ero seduta per terra con la schiena appoggiata contro il muro , il naso su un libro e lo sguardo perso che fissava quelle righe da dietro la spessa montatura degli occhiali. Stavo sorseggiando una tazza di tè caldo quando udii un picchiettio alla finestra del negozio. Mi voltai nella direzione di quel suono, allungai lo sguardo oltre una pila di libri ed intravidi due occhi verdi che mi scrutavano. Il povero malcapitato doveva essere bagnato fradicio date le attuali condizioni meteo. Mi alzai in piedi, scansai il copertone di pile con un piede e mi affrettai alla porta. Non appena l'ebbi aperta il ragazzo si fiondò all'interno della libreria ricoperto d'acqua dalla testa ai piedi. Portava un giubbetto impermeabile verde militare che doveva essere vecchio, date le usure ed i segni del tempo che mostrava. Ai piedi aveva un paio di dr. Maertens nere molto belle. Mi ricordai di averne un paio anch'io, al piano di sopra, riposte con cura dentro il mio armadio. "Piove eh?" chiese lui affannando per sdrammatizzare la situazione. Doveva aver corso sotto la pioggia per un po' visto il fiatone ed il volto arrossato. "Già" fu tutto ciò che riuscii a dire mentre mi ciondolavo avanti ed indietro. "Come mai eri in giro senza ombrello a Londra?" chiesi di botto. Non ci riuscivo. Era più forte di me. Ogni volta che avevo un dubbio dovevo chiedere. Dovevo sapere. L'idea di non conoscere e di non sapere mi dava fastidio. Provavo un desiderio morboso che sfociava nel maniaco per apprendere più informazioni possibili. Ero come un drogato che va sempre in cerca della prossima dose. Solo che la mia droga era la conoscenza. E nessuno ti dice di guarire quel tipo di dipendenza perché non ti può uccidere. Pochi, però, parlano di quanto sia doloroso vivere con questa ossessione. Vivere con questo tumore, con questo irrefrenabile impulso e desiderio di scoprire ciò che succede nel mondo, di scoprire di cosa sono fatti i vari oggetti, chi pensava cosa riguardo a questo o a quell'ambito. "Sono nuovo" rispose lui sorridendo timidamente. Mi resi conto solo in quel momento di quanto in realtà fosse bello. Aveva dei capelli mezzi bagnati, ricci e biondo-castani tipici di chi passa molto tempo sotto il sole, la pelle era però lattea ed aveva al tempo stesso il taglio d'occhio tipico delle popolazioni orientali. E poi gli occhi. Verdi smeraldo caldi come un raggio di sole in pieno agosto, bellissimi ma allo stesso tempo erano freddi e taglienti come il ghiaccio, lontani anni luce e distanti quanto Plutone. "Come ti chiami?" chiesi per smorzare il silenzio che era calato su di noi. "Sono Yuri , piacere" mi sorrise lui, porgendomi la mano. "Andrea, piacere mio" quando ci stringemmo le mani sentii un brivido corrermi lungo la schiena ed ebbi la sensazione di essere sui carboni ardenti. "Ad ogni modo, la libreria è tua?" mi chiese curioso mentre appoggiava la schiena allo stipite della porta "No, vivo al piano di sopra e la propietaria è la mia dirimpettaia. Mi lascia restare anche dopo la chiusura se ne ho il piacere quindi in pratica qui dentro ci vivo." spiegai e nel mentre non riuscivo a smettere di gesticolare. Lui incurvò un angolo della bocca e gli si formarono delle adorabili fossette. "Che c'è? Ho detto qualcosa di buffo?" Mi appoggiai contro uno scaffale ed incrociai le braccia al petto "No, è solo che il mio coinquilino italiano gesticola quanto te e quindi sto cercando di capire se tu sia italiana come lui o solo una tipa molto ansiosa" sorrisi mentre con una mano mi risistemai gli occhiali sopra al naso "A dir la verità entrambe. Sono italiana e sono ansiosa" Lui incrociò il mio sguardo divertito "Sai pensavo che voi italiani con tutte le vostre canzoni d'amore sulla felicità e cose varie foste delle persone che vivevano la vita con tranquillità. Devo dire che mi stupisci, Andrea." ridacchiai divertita dalla sua affermazione "Mi permetti di farti una domanda?" incrociai il suo sguardo che si era posato su di me "ne stai già facendo una" sorrisi. Incurvò le labbra in un lieve sorriso, dolce e delicato e poi mi chiese "Perché ti sei trasferita qui a Londra? Sono sinceramente curioso" Presi un bel respiro e cominciai a spiegare "La realtà è che sin da piccola ho amato le stelle e l'astronomia. Mi piaceva pensare a quanto fossimo piccoli esseri insignificanti al confronto dell'universo. Ho letto un libro di Stephen Hawking sulla teoria dei buchi neri quando avevo dieci anni, e a dodici facevo astrofisica mentre i miei compagni arrancavano ancora in semplici calcoli. Sono sempre stata quella diversa, quella anormale e stramba che passa le giornate col naso sui libri. Appena ho potuto ho deciso di iniziare l'Università ma siccome il mio idolo, Stephen Hawking era andato a Cambridge, in Italia non c'era nulla che mi permettesse di apprendere quanto desideravo. Con grande sforzo sono riuscita ad ottenere una borsa di studio e mi sono trasferita. A livello economico risparmio a vivere qui a Londra e prendermi ogni giorno un treno andata e ritorno. Questo è tutto" sorrisi timidamente stringendomi dentro l'ennesimo felpone oversize che avevo raccattato qualche ora prima da dentro l'armadio. Lui mi guardò stupito, la mascella sembrava toccare terra "wow. Cioè... wow... sono senza parole... quindi mi trovo davanti ad una specie di genio dell'astrofisica non è così? Beh, come ci è finito un genio come te seduto sul pavimento di una libreria alle dieci di un venerdì sera mentre quasi tutti i ragazzi vanno nelle discoteche o nei locali?" ridacchio. Sono cresciuta abituata ai complimenti sul mio intelletto ma non credevo di fare questo effetto "L'Università non organizzava nessun evento e l'alternativa era andare ad un festino organizzato da una mia amica in uno squallido locale con gente non tanto meglio. Preferivo leggere" ammisi con sincerità mentre appoggiavo il libro che tenevo in mano sopra una mensola "Tu piuttosto? Che ci facevi in giro a quest'ora? Andavi a qualche festa?" Lui rise e si portò un ciuffo di capelli ricci dietro l'orecchio, come se fosse un'azione normale. Come se la ripetesse in modo spasmodico e convulso tutti i giorni "Venivo da un evento. Un mio caro amico aveva organizzato una mostra fotografica e sono andato a vederla. Poi in realtà stavo andando a casa a prendermi una tazza di tè e leggere per l'ennesima volta 'All the young dudes' ascoltando un vinile di Bowie." Si strinse nelle spalle "Sono strambo e lunatico , lo so" alzai un sopracciglio confusa "Non è strano, fidati. Ci sono più fan dei malandrini come te in giro i quanto non credi." soffocai una risata "E poi io non lo trovo 'strambo e lunatico'. Per quanto possa valere il mio parere sembra la serata di un'anima sola che ha trovato rifugio in un mondo magico dolce-amaro e che scappa dalla realtà nascondendosi dietro un muro di facciata" Guardai alle punte dei miei piedi mentre sprofondavo dentro il mio felpone. "Parli della tua opinione con così poco rispetto che mi fa pensare che tu sia abituata a screditarti e a farti svalutare. E tra l'altro mi chiedo se tu non abbi studiato anche psicoanalisi" spostai il mio peso da un piede all'altro soppesando le parole con cura "Quello scientifico è un ambito molto maschilista quindi il lavoro di una donna, per quanto ben fatto, verrà sempre sottovalutato o screditato. E sì, ho letto psicoanalisi di Freud quando avevo quattordici anni. Ora però te la faccio io una domanda : da dove vieni?" lo guardai con un misto di curiosità e sospetto. Il suo petto fu scosso da una risata ed il suo volto si illuminò "Mia madre è giapponese ma si è trasferita in Danimarca quando aveva ventidue anni, mio padre è mezzo norvegese e mezzo Inglese. Sono cresciuto in un incrocio di culture e lingue che ogni tanto mi confondo anche io" Fu così che conobbi colui che mi avrebbe cambiato la vita e stravolto completamente. Solo che ancora non lo sapevo. Non sapevo bene chi fosse e quale fosse la sua storia, cosa gli piacesse e di cosa, invece, avesse paura. Non sapevo niente e questa cosa mi tormentava. Io dovevo sapere.

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