Quella mattina mi svegliai di soprassalto. Il mio cellulare vibrava incessantemente sopra il comodino di legno chiaro accanto al letto. Alzai la testa dal cuscino, mi portai un'arruffata ciocca bionda dietro l'orecchio ed allungai lo sguardo. Sullo schermo illuminato lampeggiava scritta "Camilla" , mia sorella. Ributtai il viso sotto le coperte cercando di non imprecare. Evidentemente la mia cara. sorella si era scordata del fuso orario per cui da lei erano le nove di sera mentre da me erano le cinque del mattino. Allungai pigramente un braccio fuori dalle coperte e risposi alla chiamata. Tempo due secondi e dall'altro capo giunse la voce squillante e acida di mia sorella "COME CAZZO È POSSIBILE!" tuonò lei che come a suo solito ometteva nomi e fatti dando per scontato che tu sapessi già tutto "Buongiorno anche a te, Camy" biascicai io mentre mi mettevo a sedere e mi stropicciavo gli occhi con il dorso della mano "Non puoi capire cosa è successo! Hai presente Jonathan!? Beh ecco quello stronzo si è fatto la mia cara Juliette che l'altro giorno, guarda caso, si è presa un congedo per malattia. Ma te lo dico io eh, quella lì è incinta e presto mi abbandonerà! E io non li voglio dei mocciosi sul set! E poi chi ci penserà al mio bel viso?" Scattai in piedi ed iniziai ad arrancare alla cieca tastando il muro alla ricerca dell'interruttore della luce. "Quindi mi stai dicendo che la tua co-star del prossimo film è andato a letto con la tua assistente nonché tua estetista e che, secondo te, quest'ultima ora sarebbe incinta; e tu sei preoccupata per il tuo viso che, se Juliette prendesse un congedo, diventerebbe pieno di punti neri e rughe. Ed inoltre tutto ciò comporterebbe la presenza di pidocchiosi mocciosi sul set, Giusto?" chiesi per perdere tempo mentre mi infilavo le ciabatte e mi dirigevo in cucina. A quel punto avevo accantonato ogni possibilità di ri addormentarmi. "ESATTAMENTE! Capisci che ciò avrà delle enormi ripercussioni sulla mia carriera e poi, scusa la confidenza, ma quella lì è un cesso vivente, come ha fatto a sedurre Jonathan? Non ha senso!"
Nel mentre mi ero preparata una tazza di caffè e mi ero appoggiata con il sedere al ripiano della cucina. Il marmo era freddo e ciò mi svegliò ancor prima che la caffeina entrasse in circolo. "Camilla, mia cara suprema e adorata sorella, sei tanto brava e carina ma ogni tanto salti a conclusioni affrettate. Ti vorrei far presente che Juliette è fidanzata da più di un anno e che non può avre figli, mentre Jonathan è apertamente gay quindi questa tua teoria la trovo un po', come dire, improbabile. Non tiro in ballo le statistiche perché so che odi quando lo faccio ma, matematicamente parlando, le probabilità che tutto ciò sia vero sono sotto l'uno per cento." rispondo io calma dopo una sorsata di caffè sperando che mia sorella, permalosa ed acida com'è, non prenda il primo volo disponibile per venirmi ad uccidere "Mhhh" risponde kia sorella dubbiosa dall'altro capo "non lo so... tutto ciò è comunque strano... indagherò." santo cielo, grazie signore mio. "Bene, ci senti-" non riuscii a finire la frase che mia sorella continuò con il suo drama infinito degno di una diva "Ma sei sicura Jonathan sia gay? Perché non mi sembra sai, l'altro giorno... " e fu così che passai le successive due ora ad ascoltare un monologo infinito su tutti i gossip della vita di mia sorella come se fosse un podcast mentre mi preparavo. Un volta sulla soglia di casa chiusi la chiamata ed iniziai a scendere le scale. Al piano di sotto, sull'uscio della porta incontrai Arthur, il marito di Dorothy, nonché mio vicino, che aveva in mano un mazzo di fiori "Buongiorno Arthur" lo salutai con un sorriso a trentadue denti "Buongiorno Andry. Bellissima come al solito eh? Prima o poi mi ritroverò una fila di spasimanti alla porta" mi diede un buffetto affettuoso sulla testa "Sempre troppo buono Arthur. Di' un po' , quei fiori sono per Dorothy?" sorrisi accennando al mazzo di tulipani che recava in mano "Beh si... ieri sera abbiamo discusso. Volevo farmi perdonare" il mio cuore si sciolse. Mi ricordo ancora quando, il giorno del mio arrivo, Dorothy mi aveva invitato a cena da loro ed Arthur mi aveva raccontato la storia di come l'aveva sedotta e di come avevano passato cinquant'anni insieme. "Sei sempre dolcissimo Arthur. Fossero tutti così gentili e buoni come te e Dorothy! Ora vado che sono un po' di corsa. Conto sulla vostra presenza stasera da me a cena" Lo salutai ed uscii a passo sicuro dalla palazzina. Svoltai l'angolo e mi diressi, munita della mia borsa di cuoio,verso la biblioteca. Quando entrai mi diressi verso il mio solito angolino e presi posto. La biblioteca era insolitamente vuota. Sembrava come se tutti fossero spariti e ciò mi mise a mio agio. La luce filtrava delicata dalle alte vetrate, illuminando gli scaffali ed i tavoli. L'aria era carica dell'odore dei libri e quell'odore di carta mi riempiva i polmoni travolgendomi. Le poltroncine in velluto verde scuro erano morbide ed usurate e sembravano osservarmi come a dire "Non hai davvero nulla di meglio da fare che studiare anche la domenica?".Mi spostai tra i vari scaffali alla ricerca dei volumi che cercavo, ed i suoni degli stivali che avevo ai piedi giungevano ovattati alle mie orecchie. Studiai per qualche ora, poi, verso le dieci di mattina iniziò a piovere ed io mi fermai. Osservai le goccioline d'acqua scorrere lente contro i vetri e mi persi in quel movimento scordandomi del tempo che , come quelle gocce di pioggia, scendeva lento attraverso le nostre vite.La sera rientrai a casa verso le sei e chiamai Valérie, la mia migliore amica.
" Zio Pecos?"
"sempre"
ci salutammo. Quel saluto, per quanto bizzarro, era il nostro modo di volerci bene "Che si dice ad Edimburgo? Piove come al solito?" sorrisi mentre mi toglievo gli stivali infangato e li lasciavo accanto alla porta di ingresso. "Beh ecco... ho una piccola novità" a quelle parole mi sedetti comoda sulla mia poltrona foderata in morbido velluto rosso con delle decorazioni oro. "Raccontami tutto" mi misi la coperta sopra le gambe "Allora... beh... hai presente Julian? Beh certo che ce l'hai presente. Comunque sia, beh... diciamo che... ci sposiamo!" Saltai in piedi ed improvvisai un balletto al centro del salotto. Valérie non lo sapeva ma in realtà Julian mi aveva chiamata qualche settimana prima ed avevamo organizzato il tutto insieme "Sono contentissima! Dopo tutti i libri che abbiamo letto insieme hai trovato il tuo principe. Sono invitata al matrimonio, vero? Perché sennò lo sai che troverò comunque il modo di intrufolarmi e venire lì" la minacciai scherzosamente con un sorriso che mi illuminava il viso "Certo che sei invitata, tonta! Anzi, ti volevo chiedere se ti andava di farmi da testimone" esordì lei sbuffando "Certo! Ma solo se mi prometti che mi lascerai scrivere un discorso strappalacrime" l'apostrofai io. Ho sempre adorato far piangere la gente. So che sembra un po' sadico e maniaco, però la gente quando piange ha gli occhi lucidi le guance più rosee del solito ed il naso arrossato e tutto ciò è adorabile. Sentii un fruscio di coperte ed uno sbuffo giungere dall'altro capo del telefono "Si, cara la mia pazza sadica, puoi scrivere un discorso strappalacrime. Ora però ti devo veramente salutare che il mio fidanzato mi richiama. Ciaooooo" Sorrisi e chiusi la chiamata. Quando la adoravo quella matta.
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Under the rain
RomanceDue anime sole che vagano sotto l'incessante pioggia di Londra si incontrano per sbaglio e lì si rendono conto di quanto tempo abbiano perso a vagare da soli nel mondo. Lui: dolce e solare, un puro concentrato di buon umore. Lei: una nuvoletta grigi...