0- Prologo

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affezionatevi di nascosto, dura di più

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affezionatevi di nascosto, dura di più.
CHARLES BUKOWSKI


SI dice, nella chimica, che l'attrazione verso una persona è spesso dovuta al ricordo di persone o situazioni che ci sono già capitate in passato e che avevano fatto produrre al nostro corpo una buona quantità di dopamina tanto da renderci felici. A questo punto mi sorge una domanda: cosa stra cazzo dovrebbe ricordarmi quello stronzo di Raphael Hyde?

Jules mi diede una spinta col piede contro il braccio e io sobbalzai prima di pulire sporcizia invisibile sulla mia pelle e guardarla male mentre lei se ne stava comodamente seduta sul tavolo. Jules Clare è la mia migliore amica, dal primo anno circa. All'inizio (parliamo dei primi tre mesi di università) non ci stavamo particolarmente simpatiche, lei perché pensavo fosse una stralunata e io perché pensava fossi una di quelle mocciose altezzose che si credono chissà chi solo perché so calcolare la velocità di reazione dell'ossigeno con il fosforo bianco come se fosse 2+2; fortunatamente abbiamo sfatato entrambi i miti l'una sull'altra.

Studiai i due riccioli castani che le ricadevano davanti il viso, non tenuti dalla bandana giallo canarino. Lei mi riservò un'alzata di sopracciglia e io alzai gli occhi al cielo. ‹Sto solo guardando.›
‹Dal modo in cui le tue pupille si dilatano non è "solo guardare", è più simile a "mangiare" o a "divorare" o...›
‹hai chiarito il concetto, Sigmund Freud.› Lei storse il naso a distese le lunghe gambe nude. ‹Freud era un neurologo, non uno psicologo.›
‹Ma non era il padre della psicoanalisi?› chiesi interdetta, i miei occhi ancora viaggiavano lontano, su un punto preciso diversi tavoli più in là. Lei mi schioccò le dita davanti alla faccia facendomeli scattare su di lei. ‹Senti, lo so che è un figo della madonna, e onestamente se mai avrò la possibilità me lo porterei volentieri a letto...se a te non piacesse più, ovviamente.› disse, anche se era sottointeso per entrambe, ‹ma non capisco cosa ci vedi di più in lui, non mi pare che abbiate nulla in comune.›
Credimi, vorrei saperlo pure io che cazzo ci trovo in lui.
Corrugai le sopracciglia e girai la testa verso il mistero della mia vita seduto diversi tavoli più lontano e circondato da quei suoi amici intellettuali: Raphael 'gran manzo' Hyde (come lo chiamava Jules). Il classico bello e dannato. Il traguardo irraggiungibile per più di tre quarti delle ragazze e ragazzi di Harvard. I capelli scuri erano pettinati all'indietro in modo ordinato, un ciuffo solo gli ricadeva sopra il sopracciglio sinistro. Indossava un maglione rossiccio, credo fosse bordò, sopra una camicia bianca, abbinato a dei jeans neri, o forse erano di un marrone scuro, non è importante.

A guardarlo bene non sembrava nemmeno così interessato a qualsiasi cosa stesse venendo detta da quei suoi compagni. Aveva proprio la faccia di uno che se ne sbatte il cazzo di cosa gli stanno dicendo. Mi devo essere imbambolata a fissarlo perché quei suoi occhi terribilmente chiari, dietro gli occhiali, vagano per la caffetteria per un paio di secondi prima di scattare su di me. Almeno credo siano scattati su di me. Comunque stava guardando nella zona dove mi trovavo anche io. Ok, forse stava fissando me.
Girai la testa di scatto dalla parte di Jules e borbottai una parolaccia, soprattutto perché sentivo ancora i suoi occhi su di me e mi stavano mettendo a disagio.

Dopo neanche trenta secondi mi alzai dalla sedia. Non ce la facevo a stare sotto il suo sguardo. ‹Non ho ancora sistemato i libri sulla mensola; e nemmeno i quaderni.› borbottai guardando la mia migliore amica con una preghiera silenziosa di abboccare e lasciarmi andare via da quella caffetteria. Jules lanciò uno sguardo verso il 'gran manzo' Hyde e poi mi guardò con il solito ghigno malizioso di chi ne sa più degli altri. ‹Ti sta guardando.› mi informò anche se era letteralmente l'ultima cosa che volevo sentire.
Lo so che mi sta guardando, mi sentoi suoi occhi addosso come due canne di pistola.
‹Sai, ha due occhi anche lui, esattamente come noi.› sbottai io cercando di alleggerire la questione, ma Jules è testarda come un muro e non sia mai che lasci perdere una cosa del genere. ‹Dovresti andargli a parlare.› Se avessi potuto mi sarei soffocata con l'aria che di colpo mi era entrata nei polmoni, a tutta forza come un jet. ‹No.› dissi secca e con tanta foga, e probabilmente anche troppo forte dato che un paio di altri studenti si girarono per vedere che stava succedendo.
Ficcanaso.

Jules mise il broncio. ‹Potresti darti una possibilità.›
‹Non è che non voglio darmi una possibilità, è che Raphael Hyde è il tipo di ragazzo che ti scopa una, se sei fortunata due, notti e poi fa finta di non conoscerti. Ti ricordi April Collis.› Già. Se la ricordavano un po' tutti quella poveretta. Era andata a letto due volte con Raphael. Due volte; e si illudeva che dopo l'università le avrebbe messo un anello al dito, non serve dire che quando lui l'ha messa da parte come un giocattolo che non gli piaceva più lei ha fatto un'enorme scenata. Non è andata bene. Lui, in modo irritante, l'ha umiliata in modo indiretto, facendo frecciatine indirette, che però erano fin troppo facili da cogliere. E lei ha lasciato Harvard due giorni dopo. Perché è così che succede con lui: ti porta a letto e per forse un paio di giorni si comporta come se fossi la donna della sua vita, poco prima di buttarti via come con ciò che non si ha più voglia di mangiare.

Io non sono una tipa da scenate. Ma se fossi andata a letto con lui non sarei più stata invisibile agli altri, perché è quello che sono: invisibile, a meno che si venga costretti a stare in una stanza con me, non mi si nota, e a me è sempre andata bene così. Invisibilità uguale a no drama.

Lanciai inevitabilmente un'occhiata nella direzione di Raphael. Lui mi stava ancora guardando. Io girai su me stessa e mi allontanai il prima possibile con Jules che mi seguiva a ruota mentre la mia figura minuta si faceva spazio tra gli studenti dei corridoi, obbligandomi a spingere perché c'era troppa gente.

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