Charlie, sei pronta?

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Sono passati 2 anni da quel giorno. Jasmine si è ripresa ma le nostre strade si sono separate. Fingiamo di non conoscerci, come se non ne avessimo passate di tutti i colori insieme. Stare a Santa Monica mi angoscia ma mi sto aggrappando a tutto quello che mi fa restare nel mondo di mamma. Ripensare a lei fa male, ma lo faccio il può possibile anche se questo può nuocermi dentro. Io non accetto il fatto che non sia più qui. Papà mi ha chiesto più volte di trasferirci ma ho sempre rifiutato. Lei è morta qui e dovevo restare qui, come se restare nella città in cui è passata a miglior vita la renda più vicina a me. La mia psicologa mi ha consigliato di andarmene. Dice che mi sto struggendo la mente. Non faccio che pensare a lei, al modo in cui è morta. É questo che mi merito, devo pagare per quello che ho fatto. Ogni volta che mi passa altro nella testa ripenso alle fiamme, alle urla...

Sono in camera mia, sul mio letto insieme a una valigia nera molto grande. La mia mente si rivolta in tutti i modi, non vuole andarsene, ma il mio corpo sta cedendo. Sono come un cadavere che cammina ormai, un'anima costretta a rimanere attaccata a quell'incidente perché in realtà ci è morta. Ma non posso continuare così. Papà bussa alla porta: "Charlie, sei pronta?" 'Non sarò mai pronta per questo.' Mi guardo allo specchio, ero ancora in pigiama. Allora prendo un top grigio dall'armadio e una camicia bianca slacciata. Infilo un paio di jeans corti, occhiali da Sole e esco dalla camera senza pensarci troppo. Non do nemmeno un'ultimo sguardo alla casa perché so che se lo facessi non riuscirei ad andarmene. Salgo sul taxi che ci deve portare all'aeroporto. Chiudo gli occhi tutto il tempo cercando di non risvegliare la mia parte malata. L'autista mi starà prendendo per pazza. Per poco non arrivavamo tardi per il volo. Saliamo e papà mi rivolge uno sguardo pieno di orgoglio. Ci sediamo e decolliamo. Più mi alzo dal suolo, più mi allontano da Santa Monica, più mi sale il mal di testa. Cerco di distrarmi guardando un film. Ci aspettano 6 ore di viaggio... sopravviverò? Finito il film ascolto della musica, come Olivia Rodrigo e cose simili. Continuo così per tutto il tempo, faccio qualunque cosa per distrarmi e non pensare.

Dal finestrino si vedono dei grattacieli, ormai sta tramontando. Il cielo è bellissimo, di un arancione intenso. Il mal di testa aumenta, devo fare qualcosa. Inizio a fotografare il panorama. Poi atterriamo. Eccoci a Miami. Abbiamo scelto questa città perché è calda, é sul mare e per il lavoro di papà. Infatti lavora per un'azienda importante e gli hanno offerto un posto qui. Dice che sarà come un nuovo inizio. È pieno di ragazzi della mia età qui. Papà mi ha già iscritta ad una scuola, dice che è la migliore e organizza molte feste e attività, spero che faccia al caso mio. Conosce i miei disturbi, sa che devo tenermi impegnata e non pensare. Fino al mese scorso facevo l'opposto: nella testa avevo solo dolore e mi ci legavo per non far svanire i ricordi. Tiro un sospiro per darmi forza e con determinazione andiamo verso un taxi che ci porterà verso la nostra nuova casa. Mentre vedo il paesaggio scorrere tramite il vetro oscurato dell'auto, una lacrima mi scende dagli occhi. É come se l'avessi persa di nuovo. La asciugo con il polso. 'Un nuovo inizio, questo deve essere un nuovo inizio'. I miei pensieri vengono bloccati da mio padre che mi indica di scendere. Faccio come dice ritrovandomi davanti a una villetta moderna con vari balconcini con vista mare. Noto che mi sta fissando e mi sforzo di sorridere. Ha anche una piscina... è davvero bella. Ma a me manca una cosa che nemmeno l'uomo più ricco al mondo può comprare: l'affetto di una madre.

SET FIRE TO THE RAINDove le storie prendono vita. Scoprilo ora