Chapter 3

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Jisung stava tremando mentre zampettando lentamente si avvicinava alle porte di Greyknow.
«Sono Han Jisung di Hanratheon» si presentò alle guardie sotto forma di quokka mentre loro lo guardarono dall'alto chiedendosi come mai il capo di un clan lontano dal loro dovesse presentarsi in quell'ora della notte.
«Vorreste avvisare Lee Know del mio arrivo?» chiese tremante e le due guardie si guardarono interrogandosi sul da farsi, finché una delle due non annuì e camminò in direzione del palazzo.
Mentre aspettava, Jisung si accartocciò su sé stesso trovando conforto nel suo pelo dall'aria fredda e pungente molto diversa da quella dell'ambiente in cui era solito passare il suo tempo.
Gli schiamazzi, i crepitii e gli odori che Jisung poteva captare, gli fecero capire che in corso c'era una festa popolare e un senso di nostalgia gli attanagliò il petto mentre guardava con occhi lucidi attraverso uno spiraglio delle mura i fuochi che venivano innalzati e la gente che ballava e cantava mentre i bambini si trasformavano a turno sfoggiando le orecchie più morbide o il pelo più candido.
«Jisung di Hanratheon»chiamò poi una voce e il quokka si accorse che mentre era assopito nei suoi pensieri alla ricerca di uno spiraglio di calore, avevano aperto le mura e ora davanti a lui si parava il capo clan di Greyknow.
«Trasformatevi, non ho voglia di spiegare all'intero clan perchè un quokka è qui in mia presenza» disse sfacciatamente e Jisung non fece altro che seguire le sue istruzioni. Poi, inaspettatamente, il capo clan si avvicinò a Jisung avvolgendolo in un mantello di lana e mentre il falò dietro di loro ardeva, Lee Know vedeva le fiamme negli occhi di quel ragazzo dalle guance paffute, mentre Jisung di limitava a osservare adorante i lineamenti di quel ragazzo discendente dai conigli.
«Stanotte sarete mio ospite, non ho intenzione di farvi viaggiare di notte in un ambiente sconosciuto» annunciò Lee Know non appena furono rimasti da soli nelle sue stanze.
«Hai davvero intenzione di trattarmi come se per te fossi solo il capo di un altro clan, Minho?» sussurrò Jisung avvolgendosi ancora di più nel mantello blu notte fornitogli prima e l'altro lo guardò con un espressione fiera e distaccata.
«Non attraversate il limite, Jisung di Hanratheon» disse sedendosi allo scrittoio «piuttosto ditemi il perchè della vostra visita inaspettata e a quest'ora della notte. Spero vivamente non sia niente di scandaloso».
Jisung fissò il pavimento cercando di trattenere la vergogna e l'imbarazzo che Minho scaturiva in lui.
«Felix di Felly vuole svolgere il rito della luna nuova» ammise e Minho rispose solamente ghignando e rigirando un pennello tra le mani.
«Lo sapevo, ma non parteciperò» disse guardando con occhi taglienti il ragazzo davanti a sé che boccheggiò colto alla sprovvista.
«Come non parteciperai?» si mise in ginocchio in modo che ora fossero faccia a faccia.
«Ti prego Minho, fallo per il Dongant, fallo per me!» disse prendendo la candida mano dell'altro che subito lo scansò irritato facendogli perdere l'equilibrio.
«Mi pareva di avervi già detto di non chiamarmi con il mio nome, o sbaglio?» disse afferrandolo per un lembo del mantello e avvicinandolo al suo viso.
Jisung intanto lo osservava timoroso mentre una mano era appoggiata sullo scrittoio e l'altra era appoggiata sulla spalla di Minho mentre tentava di allontanarlo.
«Scusatemi» chinò infine la testa rinunciando a cercare di ritrovare una confidenza ormai perduta.
Quella notte, Jisung si era ritirato nella piccola stanzetta in cui avrebbe dormito, ma non riusciva a prendere sonno: gli eventi di quel giorno non riuscivano ad abbandonare i suoi pensieri e per quello il quokka si rigirava tra le lenzuola senza trovare pace.
Poi sentì la porta sbattere e capì che qualcuno era entrato, così serrò gli occhi e fece finta di dormire.
«Piccolo diavolo, altro che quokka» disse una voce che lo fece fremere senza controllo: Minho era entrato e dal modo in cui parlava e dalla puzza che si portava appresso, Jisung capì che non era nel suo stato più sobrio.
Infatti Minho si accasciò vicino all'altro che impose ai suoi occhi di rimanere chiusi. Intanto gli accarezzava delicatamente la guancia facendo avvicinare di più Jisung a quel caldo contatto e a quella mano morbida.
«Se solo le cose non fossero andate così...» sospirò l'altro e Jisung si ritrovò a pensare la stessa cosa.

Felix aveva raggiunto Seortell e dal modo in cui le guardie gli aprirono la porta senza fare troppe domande, capì che Changbin doveva essere già a conoscenza del suo arrivo.
«Allora, Felix di Felly, ditemi cosa avete in mente mio piccolo pulcino» disse l'altro sorridendo.
Il biondo peró non aveva intenzione di dare corda alle gentilezze del capo clan e si limitò a raddrizzare il collo mostrandosi più fiero di quello che in realtà si sentiva vicino a uno come Changbin.
«Immagino tu sappia perché sono qui» disse freddo e l'altro ghignò.
«Immagino di sì, ma io ho già accettato per conto di una lettera mandatami da Jisung di Hanratheon, voi siete qui per... Il capo clan di Christark».
«Arguto».
Felix non si sforzò troppo per camuffare il suo sarcasmo.
«Ebbene, posso solo dirvi che Chan non verrà oppure potrebbe imporre le sue condizioni e si chiamerà non colpevole di tutto ciò che potrà succedere».
Chan sapeva già, e aveva già deciso di fare a modo suo chiudendo nuovamente Felix nel suo complesso di idee.
Il biondo tuttavia drizzò la schiena pronto ad andarsene.
«In questo caso, dovrò andare a parlare con lui di persona».
«Attento, mio piccolo amico piumato».

The Dongant - ChanlixDove le storie prendono vita. Scoprilo ora