Capitolo 6: Ricuciture

249 56 180
                                    

Il giorno dopo quella rivelazione ero preoccupato, ma pieno di speranze. 

Speravo che se mia madre avesse divorziato non avrei più dovuto sentire le lamentele di mio padre e avrei potuto raggiungere il mio sogno senza ostacoli. 

Quella sera lei mi confessò che era da tempo che ci pensava, ma non riusciva a trovare il coraggio. Mentre parlava dei bei anni andati in cui ero solo un bambino, potevo scorgere tutto il suo dolore negli occhi.

Dopo che finì mi limitai a fare una raffica di domande e di esclamazioni di gioia inopportune. Quando nella stanza entrò anche mio padre, preoccupato per i miei schiamazzi, la mamma mi fece segno di restare in silenzio e lo liquidò con una scusa banale riguardo il mio compleanno, sempre più vicino. 

Fu difficile concentrarmi a lezione e Asha se ne accorse. Verso l'ultima ora di lezione mi sussurrò:

«Si può sapere che cos'hai?»

«Nulla. Lascia, stare» le risposi con un fil di voce. 

«I professori ti hanno beccato due volte con la testa chissà dove e quando Teresa ha provato a chiederti se volessi venire con noi per una piccola uscita, ha dovuto urlartelo.»

«Non... ok, diciamo che sono un po' preoccupato» risposi irritato con i pugni chiusi.

«Centrano i tuoi genitori?»

«Anche se fosse, non è niente!»

«Voi due, piantatela di confabulare!» sbottò il professore Brozzi.

Il silenzio fra noi due ricadde pesante come un macigno, mentre quel vecchio tiranno riprese a spiegare. 

All'uscita da scuola, Teresa, senza darmi la possibilità di dire nulla, mi si parò davanti e mi trascinò da un braccio lontano da sguardi e orecchie indiscrete.

«Dobbiamo parlare» disse decisa, dopo esserci fermati.

«Di cosa?» chiesi, mentre infilavo le mani in tasca.

«Tu e Asha cosa siete ora?»

«Compagni di classe e amici» affermai con la speranza che anche la seconda definizione fosse corretta. 

«Asha ci crede. Tu?» replicò con le braccia sui fianchi e sguardo gelido.

«Anche io ci credo. So che è strano, ma è stata lei stessa a dirmi che... sì, insomma, il passato è andato.»

«Quindi, è così?» domandò poco convinta.

«Sì, spero che anche tu riuscirai a perdonarmi.»

«Lunedì alle quattro del pomeriggio, al bar di Anna. Non mancare, saremo cinque in tutto» asserì a un palmo dal mio viso, per poi voltarsi, colpendomi con delicatezza con i suoi capelli e andarsene via. 

Rientrato a casa, trovai mio padre seduto nel soggiorno con una mano sulla fronte e mia madre in piedi a pochi passi da lui. 

«Mirco, puoi lasciarci dieci minuti da soli?» chiese mia madre in modo appena udibile.

«Il ragazzo resta!» affermò mio padre a denti stretti. 

«Leonardo se siamo a questo punto è per il tuo atteggiamento!» controbattè mia madre.

«Non puoi venirmi a dire che vuoi un divorzio per il mio carattere!»

«Lo faccio sopratutto per Mirco, merita di raggiungere il suo sogno» dichiarò mia madre pacata.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime e la voce mi morì in gola. Avrei voluto urlarle "Grazie" e che le volevo bene ma non lo feci.

«Tesoro, aspetta. Posso risolvere tutto. Io... voglio solo il meglio per tutti.»

Filo rosso d'inchiostro [Prima stesura]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora