Prologo

3 0 0
                                    

8 ANNI PRIMA

Alzo il volume delle cuffiette al massimo ma non serve a sovrastare le urla che provengono dal piano inferiore.

La testa mi scoppia, la sento pulsare in modo insistente.

Forse dovrei scendere di sotto per prendere una pastiglia ma non voglio farmi vedere, non voglio vedere.

Al tonfo di un piatto scaraventato contro il muro mi copro le orecchie e porto le ginocchia al petto sul letto, inspiro ed espiro velocemente e senza rendermene conto inizio a dondolare leggermente su me stessa.

Non sono qui, non sono qui, non sono qui

Scappa, scappa, scappa

Respira, respira, respira

Stringo forte le mani, sento il petto pesante e fatico a respirare.

Cerco di parlare, di chiamare qualcuno, ma non riesco a formulare nessuna sillaba.

Tutto inizia a farsi sfocato, ho le vertigini e il senso di nausea mi attanaglia.

Dopo quelle che mi sembrano ore vengo scrollata delicatamente da qualcuno ma i miei occhi faticano a mettere a fuoco la figura, mi stringe le mani e mi accoccola a se dondolando in sincrono con i miei movimenti.

"Ehi è tutto apposto, ci sono io. Respira con me."

Melany...

Mia sorella si porta la mia mano al petto e inizia a respirare forte.

"Passerà te lo prometto, passerà tutto. Mi dispiace tanto Kimberly."

Dopo diversi minuti mi riprendo leggermente, cullata dal tepore e dai leggeri baci che mia sorella maggiore mi lascia sulla testa, mentre le urla di sotto sembrano dissiparsi.

"Grazie Mel" sussuro a bassa voce.

La porta di camera nostra si apre con forza, tanto da far cadere il quadro appeso alla parete, quello che ritrae me e le mie sorelle il giorno del mio battesimo.

Mia madre entra in preda a l'ira e ci ordina di raggiungerla al piano di sotto.

Quando arriviamo in cucina dobbiamo stare attenti a dove mettiamo i piedi per via dei cocci di vetro sparpagliati sul pavimento.

Mia madre si accosta al tavolo, tirando verso di noi un foglio.

"Lucas Armstrong avvocato divorzista"

Sento mia sorella accanto a me lasciar uscire un sospiro, non so se sia di sollievo o altro.

Scoppio a piangere, senza una ragione.

Sapevo sarebbe accaduto, sapevo che questo giorno sarebbe arrivato.

Ma non sono ugualmente pronta.

Mia madre mi fissa impassibile, non un accenno di turbamento.

Sembra così facile per lei.

Sul suo volto percepisco la calma e la tranquillità, come se non avesse appena messo la casa soqquadro.

"Perchè piangi Kimberly? Sapevi sarebbe successo. Smettila e torna di sopra a studiare, tuo padre è già andato via. Non tornerà."

Fredda, glaciale.

Corro verso la porta d'ingresso ignorando la voce di Melany che mi chiama, spalanco la porta e vedo papà aprire la portiera della sua auto.

Lui si ferma al rumore della porta d'ingresso che si apre, mi guarda ma sta in silenzio.

I nostri occhi si incatenano ma nessuno di noi dice nulla.

Io ti capisco papà, io ti comprendo.

Noi siamo uguali, destinati a rimanere da soli.

Non andare via, ti prego.

Lo sento sospirare pesantemente e salire velocemente in auto.

Mi lancia un ultimo sguardo, ed è lì che noto la sua sofferenza, le battaglie che combatte ogni giorno con se stesso e con gli altri.
Tutte le cose che vorrebbe dire ma non conosce il modo per farlo.

Nessuno ti capisce papà, tranne me.

Ti capisco e ho la paura costante di finire così anch'io.

Incapace di dimostrare ciò che mi porto dentro, ciò che sento.

Di rimanere sola.

Perchè qualcuno lì fuori ha deciso che se non dici apertamente le cose allora non le vivi, non le senti, non le provi.

Tornerai lo so, tu ritorni sempre da me.

Like IceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora