Capitolo 1

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Era steso sul letto ad occhi chiusi, ascoltando la musica col volume delle cuffie al massimo dopo una lunga giornata quando si sentì scuotere un piede.
Si mise a sedere e sfilò le cuffie di soprassalto, credendo si trattasse di Molosso, ma era solo una guardia.
«Domenico Bruni, il direttore ti vuole parlare»
«E che vuole?» chiese Mimmo
«Alzati e cammina Lazzaro, e lo scoprirai» rispose sarcastica la guardia
Era successo qualcosa? La scuola gli aveva fatto presente che spesso non si presentava? Avevano scoperto i favori che faceva a Molosso? Stavano per trasferirlo nuovamente?
Si sentiva divorare dall'ansia, e l'unico pensiero che la sua testa riusciva a formulare era Simone.
Simone Simone Simone Simone.
L'idea di perderlo era la cosa che lo stava terrorizzando e allo stesso tempo il pensiero di lui lo calmava.
Cercando di nascondere il tremore, si avviò dietro il poliziotto verso l'ufficio del direttore.
Le pareti grigie del penitenziario già solitamente non aiutavano il suo umore, ma in quel frangente gli accentuavano il senso di nausea.

«Direttò, mi volevate vedere?»
«Sì, accomodati» disse pacato, mentre Mimmo sudava freddo
«Ho una bella notizia per te»
«Cioè?»
«Ti è stato concesso un permesso di due giorni. A scuola puoi non andarci, è a tua discrezione»
«Marò grazie direttò glielo posso dare un bacio in fronte?»
«Dallo al magistrato non a me. Mo vai e vedi de nun fa guai regazzì»
«Sissignore»
Mimmo uscì saltellando, per poi realizzare che doveva fare il modo che Molosso non sapesse dei due giorni di permesso.
Se lo avesse saputo, chissà cosa lo avrebbe mandato a fare con tutto quel tempo a disposizione.
Non aveva idea di cosa avrebbe fatto o dove sarebbe andato in quei due giorni di permesso, ma sicuramente non a fare il suo schiavetto.
Per fortuna quando la guardia era venuta a chiamarlo i suoi compagni di cella non c'erano perchè ancora in mensa, quando però li trovò al suo ritorno disse di essere stato in biblioteca.
Iniziò a riflettere su come comportarsi: sarebbe dovuto uscire dal carcere come se avesse dovuto farvi ritorno entro poche ore, non avrebbe potuto portare troppe cose con sè.
Cercare di fare lo zaino di nascosto? Troppo rischioso.
Si sarebbe arrangiato in qualche modo, ma non avrebbe permesso al criminale di rovinare anche questo.
Non solo stava mettendo a repentaglio la sua occasione di essere libero e di dimostrare a se stesso e al mondo che poteva essere un uomo migliore, le ore che gli faceva perdere per le sue “commissioni” erano tempo sottratto a Simone. Si ritrovava spesso a fantasticare su cosa avrebbero potuto fare, sui posti che avrebbero potuto vedere, sulle cose che avrebbero potuto dirsi (o meglio, quelle che avrebbe voluto dirgli e quelle che avrebbe voluto sentirsi dire).
Due giorni dopo avrebbe affrontato le conseguenze della sua omissione, ma in quel momento non gli importava.
Non vedeva l'ora di dire tutto a Simone e magari passare più tempo insieme. Si addormentò pensando a lui.

La mattina dopo si svegliò presto per farsi la doccia in modo da evitare di incrociare troppe persone. Era già abbastanza umiliante essere nudi di fronte a degli sconosciuti, figuriamoci quando erano in tanti, perennemente impazienti e di pessimo umore.
Tornato in cella prese lo zaino e si avviò verso l'uscita, dove gli fu consegnato il cellulare che dall'entusiasmo dimenticò persino di accendere.
Una volta fuori dal carcere sentì il clacson di una macchina che gli fece saltare un battito, tenendo potesse trattarsi di qualche scagnozzo di Molosso che voleva che andasse con lui.
Alzando lo sguardo, invece, si trovò davanti l'auto del professore, con Simone che lo salutava con la manina dal sedile del passeggero.
Corse verso l'auto e vi si precipitò dentro.
«Buongiorno professò, mi siete venuto a prendere? Lo sapete che c'ho una bella notizia da darvi?» disse entusiasta
«So già tutto Mimmo, ha chiamato ieri sera l'avvocato» lo informò il professore, voltandosi indietro sorridente
«Ti va di venire a stare da noi questi due giorni?» chiese Simone, speranzoso
«Se non è un disturbo, senz'altro»
«Ma che disturbo Mimmo, era una domanda retorica» rise Dante «abbiamo già una stanza pronta»
«Ma che dite, grazie» esclamò facendo un cenno di ringraziamento con la testa
«Il resto hai tutto, no?»
«Sì» mentì «c'ho un paio di cambi nello zaino»
Non poteva certo dirgli che non aveva portato nulla per non far scoprire al camorrista in stanza con lui che andava fuori due giorni. Ne avrebbe parlato dopo con Simone.
Dante parve non far caso al fatto che lo zaino sembrava troppo vuoto per contenere vestiti.

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