Capitolo 1: Le parche sono prorpio delle infami

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Essere morti è uno schifo, essere morti a 13 anni ancora di più...ma la cosa peggiore è essere nel prato degli asfodeli e ricordarsi della propria vita. Per chi non lo sapesse chi finisce nel prato degli asfodeli non si ricorda più chi è, ma questo non è il mio caso. Sono sempre stata diversa, per esempio quando sono nervosa attiro delle pietre preziose e maledette dal terreno.
La mia prima vita si è conclusa quasi subito (anche se per una semidea 13 anni non sono neanche  pochi) e non è stata molto felice. Mia madre era una "strega" e rivendeva le gemme maledette che attiravo dal terreno, il mio unico amico era Sammy e gli volevo un bene dell'anima.
Tornando a mia madre, lei non era cattiva, ma era disperata ed anche un po' pazza; io le vorrò sempre bene anche se ora non si ricorda neanche di me. Lei è sempre stata arrabbiata con mio padre e mi diceva che mi aveva abbandonata (che è anche vero), ma è un dio e non può venirmi a trovare ogni weekend.

Un giorno un uomo vestito elegante arrivò a casa mia, venne da me e mi disse che si chiamava Plutone ed era mio padre, mi diede dei colori e un foglio e andò da mia madre. Con chi credeva di avere a che fare? Con una bambina di cinque anni? Non poteva venire da me e dirmi "Ehi, sono tuo padre, mi chiamo Plutone; colora qualcosa mentre io litigo con tua madre. Ora ti lascio qui a pensare per quanti anni ti ho lasciato con questa pazza": gli dei sono dei genitori orrendi.
Quando mio padre se ne andò, entrai in casa e mia madre mi disse di preparare le valige -Perché?- le chiesi, ma lei non mi diede spiegazioni, come al solito.
Mi dovetti trasferire in Alaska con mia madre e il mio cuore sprofondò: dover dire addio a Sammy, l'unica persona non tossica nella mia vita, era un dolore inimmaginabile.
In Alaska vissi in una casetta minuscola e diroccata; mia madre andava e veniva da una grotta, ma io non le chiesi mai spiegazioni: tanto non me le avrebbe date.
Una notte mi portò con lei alla grotta...e le cose non finirono bene. Non ho intenzione di raccontare questa parte perché mi fa soffrire troppo: vi basta sapere che sono morta.
Quando sono arrivata negli Inferi i "giudici" condannarono mia madre ai Campi della Pena, a me dissero di raggiungere l'Elisio, il posto degli eroi, ma io rifiutai: non volevo sapere mia madre soffrire, quindi mi venne un'idea. Mi misi d'accordo con Minosse: sia io che mia madre saremmo andate al prato degli asfodeli. Lui accettò, non credo gli importi qualcosa di chi arriva agli Inferi.
Quando arrivammo al prato tutti si dimenticarono della loro vita, ma io no...è stato orribile vedere mia madre vagare senza meta, ma ancora più terribile fu comprendere che non sapeva più chi fossi.
Sono stata nel prato degli asfodeli per quasi 80 anni!
Ormai ero rassegnata a restare lì per tutta l'eternità, poi vidi un ragazzo avvicinarsi a me. All'inizio pensai che fosse un'altra anima sperduta, ma lui si avvicinava sempre di più e sembrava voler venire proprio da me.
-Ciao, mi chiamo Nico di Angelo e sono figlio di Ade, la manifestazione greca di Plutone. Tu sei Hazel Levesque?- mi disse. Io annui spaventata -Che vuoi?- ok, dovevo essere più gentile, ma dopo più 50 anni senza avere socializzato non ero molto in vena di chiacchiere. Mi spiegò che stava cercando sua sorella, ma che lei aveva deciso di rinascere e che aveva scoperto della mia esistenza ed era venuto a prendermi. Uscimmo insieme da queste "Porte della Morte" e mi portò a un posto chiamato "Casa del Lupo" -Da ora in poi non posso più aiutarti, ci rivedremo al Campo Giove- disse lui e mi lasciò lì da sola.
"Casa del Lupo"? "Campo Giove"? Ci pensai un po', ma venni interrotta da degli ululati -Ecco spiegata la "Casa del Lupo"...ma che ci faccio qui?- dissi ragionando ad alta voce...

Storia di una figlia di Plutone //INTERROTTA DEFINITIVAMENTE/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora