Capitolo 3: Mi faccio un tatuaggio che non avevo intenzione di fare

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 Reyna sembro percepire la tensione, poi si girò verso Ottaviano senza dire nulla. Ottaviano, l'ex augure del campo che sarebbe morto per "salvare la legione", aveva squartato un orsetto di peluche e fatto la sua solita scenetta (dove si comportava come se avesse squartato un leone vivo a mani nude), aveva annunciato che gli dei erano a favore della mia entrata nella legione e mi aveva chiesto se avessi delle lettere di raccomandazione (che non avevo), però il centurione della Quinta Coorte (Dakota) garantì per me. Poi mi tatuarono il simbolo di Plutone sul braccio  insieme al motto di Roma ("S.P.Q.R.") con un ferro bollente, un'esperienza che sconsiglio a tutti di fare.                                               
 Reyna,  dopo aver calmato tutti, annunciò che ci sarebbero stati i ludi di guerra: una sorta di allenamento dove le coorti, divise in gruppi, si affrontavano. Ovviamente la Quinta, la Quarta e la Terza coorte erano insieme, mentre le altre due erano nell'altra squadra, questo provocava una competizione sbilanciata. Nelle prime due  coorti c'erano i semidei più forti o comunque più ricchi, nella terza e nella quarta c'erano quelli che appartenevano ad un ceto sociale normale e nella quinta c'erano invece i semidei figli di dei minori o più umili oppure non ancora riconosciuti dal proprio genitore divino.                                                                                                                      

Dopo la cena ci dirigemmo tutti al Campo Marzio dove cominciarono i ludi di guerra.           
Comincio col dire che i ludi di guerra non sono mai stati tra i miei passatempi preferiti e mai lo saranno, li trovo TROPPO violenti (preferisco caccia alla bandiera del campo mezzosangue). Quel giorno, poi, era il mio primo giorno al Camo Giove e a malapena sapevo tenere in mano una spada. Quando diedero il via nella mio cervello c'era spazio solo per due cose: PANICO e PAURA. Frank venne verso di me di corsa, probabilmente la mia faccia non stava nascondendo quello che provavo, e mi prese la mano (sarebbe stato anche un gesto romantico ,se non fossimo stati nel bel mezzo di una battaglia che sapevamo già persa), poi mi trascino via con lui nella mischia (cosa che non gradii affatto) e si mise a scoccare frecce con una precisione impressionante, anzi spaventosa. Aveva disarmato tutti gli avversari davanti a noi che, spaesati dalla sua precisione, cominciarono a tirare pietre: a quel punto mi arrabbiai e cominciai a respingerle, Frank mi guardò con un'espressione indecifrabile, poi mi fece un sorriso (dei che sorriso) gli sorrisi di rimando, poi mi prese di nuovo la mano  (il mio cuore batteva ad u ritmo troppo veloce e la mia faccia faceva invidia ad un peperone da quanto era rossa) mi portò davanti alla fortezza dell'altra squadra -Adesso dobbiamo solo entrarci dentro- mi disse -SOLO?!- esclamai io; lui si girò verso di me e si mise a ridere (dei che risata), cercai di guardarlo con la faccia più minacciosa che avevo (cioè un broncio che sembra quello di una bambina di tre mesi) e lui rise ancora di più. A quel punto esclamai infastidita- Hai intenzione di andare avanti oppure vuoi stare qui a ridere per tutto il tempo?!-, lui tornò serio, ma si vedeva che tratteneva a stento le risate.                                                                                                                                                    Purtroppo ci avvistarono, stavano per attarci quando percepii un tunnel sotto di noi e ci entrai portandomi Frank dietro. Dovemmo uscire subito, però perché i ludi di guerra erano finiti e la Prima e la Seconda Coorte avevano vinto (come al solito). Ovviamente la terza e la quarta coorte diedero la colpa della sconfitta alla Quinta Coorte, i nostri centurioni (Gwen e Dakota)  cercarono di difenderci, in vano. L'unico lato positivo era che non c'era nessun morto ed il bilancio dei feriti era stranamente basso. 

Dopo la sconfitta andammo a dormire ognuno nella sua coorte.                              Quella notte fui tormentata da molti incubi, quello che però ricordo ancora ora è una. Mia madre era seduta sugli scalini della mia vecchia casa a New Orleans e mi guardava dolcemente, ma il suo sorriso aveva qualcosa di inquietante; ad un certo punto la sua faccia si trasformava in quello di una donna terrosa ed addormentata. Poi il sogno cambiò.

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Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, non so quando scriverò il prossimo. Ciaooooo!

Storia di una figlia di Plutone //INTERROTTA DEFINITIVAMENTE/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora