Il libro degli elementi

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Tintagel, 1523.

Fluctus tardava a rientrare, cominciavo a preoccuparmi. E se l'avessero scoperto? la punizione per aver nascosto una persona accusata di stregoneria avrebbe potuto essere addirittura peggio della pena inflitta alle streghe in questione. Non volevo neanche pensarci, non mi sarei mai perdonata se gli avessero fatto del male a causa mia, dopo tutto ciò che aveva fatto per me.

Quando finalmente sentii le zampe di Pipe graffiare sulla porta, tirai un sospiro di sollievo. Fluctus entrò finalmente in casa, con la lupa al suo seguito, e non perse l'occasione di sgridarmi per essere uscita allo scoperto.

"Sai che potrebbero vederti, anche se hai tirato le tende, qualsiasi movimento in questa casa sarebbe sospetto, soprattutto se qualcuno mi avesse visto uscire" disse duro, alludendo al fatto che, in quelle viuzze, fosse ben nota la sua solitarietà.

Voleva proteggermi e lo capivo, ma non potevo fare a meno di pormi sulla difensiva quando mi faceva la ramanzina. Mi offendeva il fatto che pensasse che non fossi in grado di badare a me stessa, come se fossi così idiota da farmi vedere dagli abitanti del paese. Da quando mi aveva scovata, nel cercare inutilmente di nascondersi nel suo scantinato, non mi lasciava sola neanche un secondo, se non per comprare il necessario per lavorare e sopravvivere. Mi aveva salvato la vita e, soprattutto, mi aveva offerto cibo, acqua e un letto su cui dormire, consapevole del rischio che correva nel nascondere una persona ricercata da tutta Tintagel. Nonostante non navigasse nell'oro, col suo umile lavoro di fabbro riusciva a guadagnare abbastanza da sfamare tre bocche, contando quella di Pipe, lupa imponente, sempre al suo seguito. Lui sottolineava spesso quanto lei fosse diffidente con chiunque, tranne che con me a quanto pare, il che mi sembrava sempre assurdo, data la dolcezza dell'animale. Lei infatti, mentre il padrone posava gli acquisti appena fatti sul grande tavolo di legno, si avvicinò a me scodinzolando, in attesa di qualche dolce carezza.

Forse dovevo ringraziare proprio Pipe per la decisione di Fluctus riguardo la sottoscritta, in quanto, tra i due, fu lei la prima ad avvicinarmi nello scantinato di quella casa. Forse fu proprio lei a far capire a Fluctus di potersi fidare, in qualche strano e arcano modo. Nel frattempo, Fluctus cominciò a preparare del caffè per fare insieme colazione. Aveva comprato dei dolci ripieni di marmellata, per farmi mangiare qualcosa di diverso dal solito, se non addirittura per viziarmi un po'. Voleva che imparassi a fidarmi di lui, che mi ci affezionassi. Sapeva benissimo che, nonostante ormai vivessi in casa sua da qualche mese, trovavo ancora difficile non tenerlo d'occhio, sull'attenti, forse in attesa che mi consegnasse alle autorità in cambio di qualche ricompensa.

Quando la colazione fu servita, misi da parte ogni imbarazzo, per godere del sapore dolciastro della marmellata di fragole, fatta dalle magiche mani della locandiera di Tintagel. Bevvi il caffè tutto d'un fiato, guadagnandomi l'occhiataccia da parte del fabbro, il quale ormai probabilmente si era arreso al fatto che, davanti a lui, non avrei mai sfoggiato la buona educazione richiesta dalle ragazze per bene.

"Hai già letto qualcosa oggi, Estia?" mi chiede, dopo un profondo sospiro.

"Non ancora, ti stavo aspettando" dissi io, tra un boccone e l'altro.

Mi stava insegnando a leggere. Non esattamente dalle basi. Qualcosa me l'aveva spiegata la signorina Letitia, prima del disastro. Fluctus però aveva preso la decisione di rendermi totalmente indipendente come lettrice, dal momento in cui, in casa sua, avevo scovato un libro che aveva attirato in particolar modo la mia attenzione. Era nascosto sotto ad un'asse di legno, nel pavimento del suo ufficio.

Il giorno in cui feci la scoperta, lui era dovuto uscire di casa per rifornirsi di materiale. Così io, in preda alla noia, decisi di frugare un po' qua e la. Durante quell' esplorazione appresi molte più cose di quanto mi aspettassi, riguardo le abitudini del fabbro. Ad esempio, dall'ingente quantità di polvere sulla libreria in salotto, capii che non fosse un accanito lettore, motivo per cui il fatto che nascondesse quel libro risultò ancora più interessante. Un'altra chicca di cui potei godere fu la scoperta del suo amore per le pietre. Ne aveva un'intera collezione nella sua stanza, la quale esplorai velocemente, visto la sua asetticità. Quelle gemme erano l'unica presenza non impersonale all'interno di quella camera da letto spoglia. Inoltre notai che, quei minerali, rappresentavano un tratto distintivo dei suoi lavori. Infatti li si poteva trovare incastonati nei manici di molti arnesi da lui plasmati. In particolare, ad attirare la mia attenzione furono due spade d'argento, entrambe esposte, l'una di fronte all'altra, alla fine del corridoio che portava al suo ufficio. Entrambe erano perfettamente affilate ed i manici minuziosamente decorati, nei dettagli ricamati nel delicato argento, neanche capivo come. Ma la particolarità delle spade gemelle era proprio ciò che le distingueva l'una dall'altra: la gemma incastonata in ognuna di esse, ai piedi della lama.

La spada sulla destra era caratterizzata da una pietra del colore puro dell'oceano, mentre, a sinistra, la sua gemella ne sfoggiava una armocromicamente opposta, dai toni fiammanti. Più tardi appresi che si trattava rispettivamente di aquamarina ed opale di fuoco. Le lame delle spade puntavano dritte sulla porta del covo di Fluctus, il suo ufficio pieno di scartoffie, nel quale mi lanciai a capofitto, convinta che nulla di segreto potesse trovarsi all'interno di quella stanzetta, riempita solo di noiosi progetti per arnesi di ogni tipo. Poi però, fui attratta da un tappeto dai colori eccessivamente sgargianti, in contrapposizione col carattere imperturbabile di Fluctus. Quello strano e ambiguo ornamento sembrava essere stato messo lí completamente fuori contesto, così, con la confusione nello sguardo, mi misi ad analizzarlo. Tirandolo su notai che, su un'asse di legno, coperta proprio dal centro di quell'enorme tappeto, vi era un foro perfettamente circolare, come se fosse stato intagliato. Intuitivamente, vi inflilai un dito e, facendo leva, sollevai quell'asse.

Quando, all'interno di quello scomparto segreto, vidi la particolare rilegatura del libro, ne fui subito attratta. Era coperto da uno strato di pelle scura, sulla quale erano incisi dei simboli geometrici che subito su di me esercitarono un fascino irresistibile. Agli angoli vi erano dei dettagli in oro puro, scintillanti e arcani. Così lo aprii e ne sfogliai le pagine piano, come se temessi di poterle spezzare col mio tocco. Le immagini accuratamente dipinte, tra una serie di lettere e l'altra, mi erano rimaste subito impresse.

Cercai di rimettere tutto al proprio posto non appena sentii i passi di Fluctus salire le scale, ma non feci in tempo, mi colse in fragrante. Ero troppo ipnotizzata da quel libro per rendermi conto del suono delle chiavi che aprivano il portone d'ingresso.

Lui, contro ogni pronostico, non si arrabbiò nel trovarmi intenta a frugare tra le sue cose. Anzi, sembrò quasi sollevato dal fatto che avessi trovato quel suo tesoro. Mi scusai mille volte per la mia maleducazione, ma lui continuò a ripetermi che, di segreto, in quel tomo misterioso, non c'era proprio niente. Ma perché nasconderlo? E per giunta in modo così decisamente poco ingegnoso? Anche un bambino l'avrebbe trovato immediatamente, se solo l'avesse voluto cercare. Ciò non toglie che, tutta quella situazione, risultava parecchio ambigua ai miei occhi. Lascio in me una sensazione del tutto nuova, mi sentivo come se, in qualche modo, lui avesse voluto guidarmi verso quell'oggetto, attraverso qualche indizio, come le spade ad indicare il suo ufficio, o la scelta di quel tappeto decisamente poco in sintonia con la sua personalità.

Morale della favola, fu così che egli scoprì che non sapevo leggere. Cosí mi disse di custodire quell'ipnotico manoscritto.

Da quel giorno decidemmo di scoprirne insieme una pagina per volta, sia per esercitarmi, sia per scoprire insieme di cosa trattava il Libro degli elementi, come lo aveva chiamato Fluctus, il quale, a detta sua, pareva contenesse "le risposte che cercavo".

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