Capitolo 8

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L'aria nella stanza era cambiata così com'era cambiato in pochi secondi il rapporto tra noi due.
Ci era bastato poco per capire cosa provassimo e quale fosse la verità, ci fidavamo l'uno dell'altro ed era talmente strana come situazione che mi fece ridere sulle sue labbra.
"Cosa ridi?" sussurrò Marco con un sorriso in pieno volto.
Scossi la testa, la curva sulle mie labbra non voleva cessare e i miei occhi erano completamente mescolati con i suoi. "Niente" risposi accarezzandogli la barba scura.
"Ti faccio ridere per caso?" la sua mano si posò sul lato del mio collo, il pollice accarezzava dolcemente la mia pelle prendendosi cura di me.
"Sta zitto. Stavo solo pensando ad una cosa, niente di importante."

Le nostre labbra si toccarono ancora ed ancora, fino a non staccarsi più. Chiudemmo entrambi gli occhi baciandoci lentamente, le mie labbra si spostarono piano verso la punta delle labbra percorrendo una strada immaginaria lungo la mandibola finendo sul suo collo.
La barba iniziava a solleticarmi il viso mentre lentamente scendevo mordendo e lasciando dolci baci sulla sua pelle.
La mano di Marco iniziò ad accarezzarmi i capelli, le dita giocavano con le ciocche e scendevano sulla nuca spingendomi verso il suo pomo d'adamo sentendolo rabbrividire poco dopo.
"Per così poco?" sussurrai sentendo un 'sta zitto' sospirato dalle sue labbra creando una fessura davvero impercettibile.
Mi allontanai prendendo la sua mano con la mia e portandomela alle labbra facendo una leggera pressione. "Sei così debole, Marco." ridacchiai alla mia stessa battuta mentre il suo viso si corrugò in pochi secondi.
"Bastardo." sussurrò.
In pochi secondi mi trovai sdraiato a dimenarmi sotto di lui, le dita scorrevano lungo il corpo provocandomi una risata infinita.
"Il solletico no, cazzo!" urlavo cercando di liberarmi.
"Adesso chi è il debole, eh?" Marco continua a farmi impazzire mentre chiedevo tregua tra urli e risate, le lacrime scorrevano ai lati del mio volto.

Marco si fermò di colpo, le mani posate accanto al mio viso e il suo corpo a cavalcioni sul mio.
Il mio petto si alzava e si abbassava con una velocità inusuale, cercai di riprendere aria mentre il ragazzo mi guardava in silenzio con un sorriso dolce sulle labbra.
"Se ci tieni alle palle non farlo più." dissi portando il ginocchio appena sotto la sua patta, cercai di essere il più serio possibile per la paura di sentirlo ricominciare ma il suo sguardo mi stava addolcendo.

Abbassai la gamba senza rendermene conto. Nonostante Marco non disse una parola i nostri pensieri si stavano intrecciando, il silenzio risuonava così forte che trovai la calma solo nel corvino: il suo modo di guardarmi, il calore che sentivo sotto al suo corpo, il modo pacato di respirare, ogni cosa mi faceva sentire al sicuro.
Era una sensazione strana. Sensazione che si prova solo quando si è legati a qualcuno mentalmente, quando le anime coincidono e si ritrovano.
In quell'istante pensai a quanto mi facesse schifo la filosofia a scuola.
A quanto pensassi che fosse stupido Platone con i suoi miti e le sue storie sull'amore, sul desiderio dell'anima di ritornare da dove viene, la contemplazione delle idee immutabili ed eterne.
"L'essere vivente non è altro che la metà di due individui divisi al principio da Zeus che li separò per lasciarli in cerca l'uno dell'altro."

Io, avevo trovato la mia.

Uno sorrideva all'altro, ci baciammo così mentre le mani di Marco scendevano lente lungo il mio corpo, si infilarono sotto la mia maglietta e accarezzarono la mia pelle, calda al tatto.
Rabbrividii ritirando la pancia, il suo tocco mi fece tremare sentendo le mani irrigidirsi ai lati del suo collo, stringendo dolcemente la pelle.
"Sei così debole, Alessandro." sussurrò sulle mie labbra vendicandosi. Strinsi le dita ai suoi capelli tirandoli e pronunciando un "bastardo" quasi sotto voce.
Le sue labbra scesero sul collo, i denti mordevano la pelle mentre la lingua picchiettava su lembi di pelle che vennero succhiati poco dopo dal maggiore.
Sospirai chiudendo gli occhi, dei piccoli mugolii vennero sbuffati al suo orecchio ogni qualvolta che la pelle veniva risucchiata e morsa sentendomi più accaldato ogni secondo che passava.

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