La città, polverosa e grigia, si trovava in una terra brulla all'aspetto e dalle suggestioni lunari. Vegetava ai piedi di due catene montuose, maestose, bieche, aguzze, con le cime sbiancate, disperse nello scintillio del gelo e delle gocce di nebbia, stretta nell'abbraccio serrato di alte conifere, querce e agavi, mentre un fiume blu zaffiro smerlava, con pazienza, una buona parte dei suoi confini. L'autunno incombeva, rinfrescando l'aria. Si udivano lontani schiamazzi di cuculi e tordi.
A una prima occhiata, tutto procedeva con lentezza assonnata. Era pomeriggio quando le ante a ventola all'entrata del saloon si spalancarono, cedendo il passo alla luce morbida del Sole al tramonto, contro cui si stagliava la sagoma buia di uno straniero con il poncho, nell'atto di calarne il cappuccio sulle spalle.
A quell'ora e sino a quel momento, nel locale, pieno come un formicaio, era stato tutto un brusio. Tra scoppi di risate sguaiate, suoni di ceffoni ben assestati, bicchieri di wiskey sbattuti sui tavoli, esclamazioni di chi giocava a carte, acuti di signorine in crinoline corte che s'accompagnavano ai clienti, preziosi consigli del banconista, lagnanze del cuoco dimenticato a spennare galline in cucina, vezzosi battiti di ciglia della proprietaria procace, già vedova da cinque anni, diretti al giovane garzone che ramazzava la sala, imprecazioni dirompenti di un pianoforte da accordare meglio, canzoni gioiosamente stridule di una giovinetta con un cappello adorno di grossi fiocchi, piume di struzzo, un ombrellino bianco e rosa che volteggiava pericolosamente in aria, mormorii di un ragazzetto accovacciato che, nello sbocconcellare melagrane ramate, accompagnavano i tentativi della graziosa artista, ronzii di mosconi satolli e, a tendere bene gli orecchi, struscii impudichi di un gruppetto di lumache attaccate alle travi a vista in legno d'abete.
A quell'ingresso, alzando gli sguardi, furono in molti a schermarsi gli occhi con una mano, per distinguere meglio i connotati dell'uomo che avanzava con flemmatici passi. Prima di tutto, distinsero i colori del poncho. Nero, a righe gialle e bianche. E, videro lui. Un tipo albino, alto, allampanato, con un codino che s'arrotolava su se stesso sino all'altezza delle scapole, e una barba di tre giorni. Una croce celtica in argento s'intravedeva appesa al collo. Sembrava disarmato. Questo dettaglio convinse clienti e personale a ritornare alle rispettive occupazioni.
- Ehi! Come?! Nessuno mi saluta? - avanzando, lo straniero iniziò a vociferare in tono spavaldo.
Lo guardarono un momento. Un momento solo.
- Nessuno mi offre da bere? Nessuno mi porge una sedia? - si volse attorno, inspirando il fumo dei sigari che appestava l'aria. - C'è odore di sudore e di peccati... Bravi cristiani, nessuno prega?
Lo guardarono ancora.
- Oh! Bene! Finalmente, un po' d'attenzione! - e ghignò, torvo.
Fissandolo negli occhi trasparenti, iniziarono a scorgervi uragani. Spinti dal vago sentore di una motivazione impellente, lo osservarono meglio. Lui avanzava, inesorabile. Al suo incedere, la pelle desquamata si sbriciolava, uno strato epiteliale dopo l'altro, la lingua strisciava sulle labbra arse. Un clangore di chincaglieria strascicata lo accompagnava senza scorgerne l'origine, poiché il poncho lo copriva sin quasi ai piedi.
- Oggi, signori e signore, morirete tutti!
Chissà perché, si udì distintamente rotolare un bicchiere sul bancone lucido. Subito dopo, la sala risuonò di grasse risate. Stavano ancora ridendo, scambiandosi pacche sulle spalle, quando un sibilo saettò nell'aria e un lamentio li interruppe.
Lo straniero aveva perforato il petto dell'attonito ragazzo con una mano e parte del braccio che, allungato sin lì a dismisura, fuoriusciva dalla schiena. La cosa strana erano le dita... Quelle dita erano saldamente attorcigliate, l'una attorno all'altra. Assieme alla mano e al polso, erano diventate una cosa sola. Fuse in qualcosa di simile a un grosso trapano, della stessa compattezza e consistenza, avevano fulminato il giovane in un boccheggiare che permetteva di contare i chicchi di melagrana colati a fiotti, fuori dalla bocca aperta.
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Moti immoti
Short StoryRaccolta di OS per contest vari e per passatempo. ****** Copertina disegnata da @ElisabettaRagusa Ritratto digitale di Daniele Iurato Tutti i diritti riservati, registrati e protetti con Patamu.