INVITO

292 14 7
                                    




"Dove sono le mie chiavi? Pensaci, Eva, pensaci...," camminava freneticamente per l'appartamento come una mosca senza testa.

"Sono tornata a casa ieri sera, ho tolto le scarpe, mi sono buttata sul divano... ma prima ho messo da qualche parte le chiavi dell'auto... mh?" Aveva la sensazione che sopra la testa le fosse apparsa un'enorme interrogazione. Cominciò a lanciare cuscini dal divano, si inginocchiò sul pavimento e guardò sotto il tavolino.

"Ah, eccole!" esclamò entusiasta. Alzandosi di scatto, sbatté la testa sul tavolo. "Auch!" toccò il punto dolente con le dita. "Arriverò in ritardo al matrimonio. Sabrina non mi perdonerà mai! Ma sì," rise. "Perché è fantastica!"

Come un fulmine, uscì dal suo appartamento, sbattendo la porta dietro di sé, e poi tornò altrettanto rapidamente.

"La senilità non è una malattia, ma stanca. Scarpe, non dimenticare le scarpe!" si ricordava. Prese i tacchi in mano e corse via. Aveva la sensazione di aver dimenticato qualcosa, ma non c'era più tempo.


La Valle dei Lupi era una piccola città il cui abitanti erano umani e membri delle Specie. Un luogo dove umani e Specie vivevano in coesione. Eva viveva lì da due anni, lavorava come cameriera e studiava online. In questi due anni, aveva la sensazione di aver trovato la sua casa. Non che non avesse un buon rapporto con i suoi genitori, anzi, erano fantastici, i migliori genitori del mondo, sempre presenti e pieni di sostegno. Il problema era lei. Qualsiasi cosa toccasse, non le riusciva. Da bambina l'avevano iscritta al pianoforte, perché la musica era una parte importante della sua famiglia, ma presto avevano capito che non era per lei perché era completamente atona. Ovviamente, una branca dell'arte era collegata all'altra, perché se non le andava bene suonare, meno ancora le andava bene dipingere. Lo sport, una catastrofe! Aveva la sensazione che sua madre avrebbe avuto un infarto ogni volta che le arrivava la palla. Smise di praticare sport quando si ruppe di nuovo il braccio destro. Matematica e simili, un grande no! Non che fosse stupida, semplicemente media in tutto, tranne nella sua goffaggine e mancanza di destrezza. In quel campo era un candidato al podio d'oro. A volte si sentiva come se non fosse la figlia dei suoi genitori, come se l'avessero adottata. Li aveva persino chiesto, e avevano riso a crepapelle entrambi. Erano persone estremamente eleganti, colte e intelligenti, straordinariamente di successo nelle loro professioni, compresa sua sorella maggiore, e lei... il disonore della famiglia. La amavano immensamente, ma lei, nel profondo del suo cuore, sentiva di non meritarli, di imbarazzarli ad ogni passo. Decise di allontanarsi da loro, di trasferirsi, di dimostrare loro che poteva essere indipendente. Naturalmente, sua madre la chiamava ogni giorno, più volte al giorno, sempre preoccupata. Probabilmente controllava se fosse ancora viva. A Eva non dava fastidio. Sapeva che lo faceva per amore. Un grande passo avanti era stato, quando aveva smesso di chiederle quando sarebbe tornata a casa. Per quello non era ancora pronta, non aveva raggiunto nulla. Nella Valle dei Lupi, aveva trovato pace. Non c'era pressione, anche se i suoi genitori non l'avevano mai fatta sentire. Era stata lei stessa a mettersi sotto pressione.

Il traffico nella Valle dei Lupi non era mai stato un problema. Oggi era un giorno importante. Sabrina si sposava con Marcus, la sua anima gemella.

"Uff, anche io mi sposerei con lui senza fatica. Bello e ricco", commentava Eva mentre guidava. Spesso parlava da sola. Per un momento, si ricordò del suo corpo nudo quando gentilmente gli aveva offerto un passaggio a casa del fratello, il loro Alfa Gabriel, quel giorno in cui Sabrina era scomparsa, e stava per uscire di strada. Qualcuno dietro di lei suonò il clacson. Lei fece un sobbalzo nervoso. "Quanti nervosi ci sono in giro. A tutti quelli così, toglierei la patente!" disse ad alta voce.


Guidare non era mai stato il suo forte, come tutto il resto. Impacciata fino al midollo, disordinata fino alla nausea. Guidava una piccola Fiat blu che era stata urtata da tutte le parti, ma era la sua. L'aveva comprata con i suoi risparmi. Papà spesso cercava di convincerla a farsi comprare qualcosa di più grande, qualcosa di più sicuro. Probabilmente un carro armato, ma lei non ci aveva mai pensato. Amava la sua piccola "cinquecento".

LE SPECIE - ZEDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora