Prologo

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escapismo
[e-sca-pì-ʃmo] n.m.
tendenza a evadere da situazioni o problemi sgradevoli rifugiandosi nell'immaginazione, nel disimpegno, nel divertimento

etimologia: dall'inglese escapism, deriv. di to escape 'scappare, evadere'

-Garzanti Linguistica



cinque mesi prima

Mi è sempre piaciuta la musica.
Dovevo solo indossare un paio di cuffie e tutti i miei problemi sparivano. E mi sentivo di nuovo bene.

Quando qualcuno mi chiedeva quale fosse il mio passatempo preferito io rispondevo sempre ascoltare la musica. Ma poi ho cominciato a passare intere giornate con gli auricolari e la mia playlist in riproduzione. Non sapevo più affrontare una giornata senza un po' di tempo dedicato a quei momenti.

«l'uso distorto di determinati canali ricreativi può portare ad un allontanamento della realtà, quali la televisione, l'abuso di psicofarmaci, internet, la droga, l'alcol, i videogiochi e la musica»

Mi estraniavo dalla vita reale. Ascoltavo le mie canzoni preferite e pensavo a quello che mi sarebbe piaciuto fare se fossi stata diversa. Uscire di più, fare nuove amicizie, innamorarmi.

Ma ciò non è mai successo, la mia vita è rimasta la stessa e continuavo a passare il mio tempo chiusa in camera, ad ascoltare la musica ovviamente, e a pensare sempre alle stesse cose. A una nuova vita. Una immaginaria però. Una vita non mia.

Creavo una vita falsa. Era il mio modo per evadere dalla realtà. Ma quando tornavo con i piedi per terra e aprivo gli occhi mi ritrovavo nella mia banale vita reale e stavo anche peggio.

«non va bene Grace»

«così rovini solo te stessa»

La porta della camera che mi è stata assegnata viene spalancata da un'infermiera.
«Ragazze a dormire!» ci sgrida l'infermiera Mary come se stessimo facendo baldoria. Invece siamo sedute sui nostri letti d'ospedale senza fare il minimo rumore.  Io scrivo sul mio diario e Harper, la mia compagna di stanza, fissa il muro pensando a chissà cosa.

L'infermiera Mary ci da la buona notte e richiude la porta.
Rimaniamo in silenzio nel buio. Né io né Harper siamo due chiacchierone. E in un contesto come il nostro le cose di cui parlare sono poche e non belle.

Se fossi a casa, nella mia stanza, afferrerei subito le mie cuffie, che lascio sempre sul comodino, per un'altra immersione in una vita che non è realmente la mia.

Ma non posso, non sono a casa. Non ho nemmeno il telefono. Qui ci sequestrano gli oggetti tecnologici e ce li lasciano usare per poco tempo. Dicono che ci dobbiamo riposare e che il telefono ci distrae.

Ma è questo quello che voglio. Distrarmi.
Pensare ad altro e non a me stessa.
Non voglio fare i conti con la realtà.

Cosi finisco nuovamente per creare scenari falsi, dove io sono la protagonista e ho una vita normale.
In questa vita normale non mi hanno diagnosticato nulla, non sono in ospedale, sto bene con me stessa, non ho bisogno di chiamare la mia psicologa per ogni inconveniente, ho degli amici e qualcuno che mi ama.

Tutto falso.
Ma riesco ad andare avanti solo così.

Creo dei ricordi fasulli nella speranza che un giorno possa davvero cambiare qualcosa.

«ma tu cosa stai facendo per far si che qualcosa cambi davvero?»

Non riesco a capire se Harper dorme oppure no. Non emette alcun rumore.

Mi rigiro nel letto e provo ad addormentarmi per spegnere le voci e interrompere la vita immaginaria nella mia testa ma non funziona.

«qualche giorno in ospedale ti farà bene vedrai»
ma non è stato solo qualche giorno.

Sbuffo e mi alzo dal letto. Tanto non riesco a dormire e preferisco affacciarmi alla finestra piuttosto che contare le crepe sul soffitto.

Il parcheggio dell'ospedale è praticamente vuoto e vedo camminare solo un signore con passo veloce.

Alzo lo sguardo e la vedo. La luna.
Ho un'ossessione per la luna da quando ne ho memoria.

Ogni sera, anche dopo una giornata da dimenticare, poter osservare quel pianeta che illumina il cielo buio mi ha sempre dato gioia. Non so dare una vera e propria spiegazione. Semplicemente la sola visione della luna può calmarmi. Amo pensare che, da qualche parte, anche qualcun altro possa ammirarla e provare il sollievo che provo io.

Mia madre, sapendo di questo mia mania per la luna, mi definisce una persona romantica. Quando me lo diceva facevo finta che non mi importasse. Cone se non fossi una persona romantica.
Ma invece lo sono. Cavolo se lo sono.

Avendo i genitori divorziati tutti danno per scontato che non credo nell'amore. Ma in realtà ciò mi ha soltanto portato a volerlo. A bramarlo come un assettato brama l'acqua. Non riesco a non credere che l'amore vero non esisti. Anche se non l'ho mai visto o provato.

«cerchi l'amore che non hai mai ricevuto Grace?»

Le parole della mia psicologa rimbombano ancora una volta nella mia testa.

Sbuffo e apro la finestra per osservare meglio il cielo della notte. Un'aria leggermente fredda mi travolge. Non è il freddo duro dell'inverno e non mi da fastidio. Il vento scompiglia i miei capelli scuri e mossi mentre continuo a guardarmi intorno.

Un giorno starai meglio Grace.

Queste non sono le parole che la mia psicologa pronuncia durante le nostre sedute. Questa è la frase che mi ripeto da non so quanto tempo.

Angolo autrice
Ciao!
Questo prologo è abbastanza corto, lo so. I futuri capitoli saranno molto più lunghi. Questo prologo è solo un piccolo scorcio nella vita di Grace ma ovviamente tutto sarà affrontato in maniera più dettagliata nel futuro.

Spero che la storia vi possa piacere tanto quanto a me sta piacendo scriverla.

Spero che Grace sappia entrarvi nel cuore, come ha fatto con me.

Ci vediamo nel prossimo capitolo!

Bacii

Ella

ig: babyaphroditeestories

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