CAPITOLO 9
UN'ANIMA IN DUE CORPI
Sicilia, Isola di Santo Stefano
Luglio 2015
Il viaggio di ritorno si svolse nel silenzio più assoluto. Stefano guidava con una tensione appena trattenuta sotto la superficie. Quando premette sul piccolo telecomando che gli aveva dato Alberto per aprire il cancello di casa, il beep prolungato fece sobbalzare Vittoria. Era completamente immersa nei suoi pensieri. Riviveva la scena a cui aveva appena assistito, cercando di comprenderla, ma si rendeva conto che le mancavano troppi pezzi. E avvertiva una sensazione di vago, indefinito fastidio a cui avrebbe voluto dare una voce, farla uscire, darle un nome e un significato, ma era bloccata da qualche parte dentro di lei. Stava diventando come i suoi, incapace di affrontare le cose?
Suo padre parcheggiò la Mercedes accanto al portone d'ingresso e lei si aspettava che saltasse subito giù, per evitare un confronto. Invece rimase fermo a guardare fuori dal parabrezza per qualche istante, poi si sfilò gli occhiali da sole e si passò le mani sul viso, coprendo la sua espressione. Lasciò ricadere le mani lentamente e quando la guardò le parve che fosse molto stanco, anche se calmo.
«Tutto bene?»
Fu colta di sorpresa. Era lui quello turbato, doveva essere Vittoria a preoccuparsi per lui. «Sì» mormorò. «Tu?»
Ci fu un silenzio talmente lungo che Vittoria pensò che non volesse rispondere. Continuava a guardare fuori con aria assente. «Deve sembrarti tutto assurdo. E lo è» disse infine, la voce che sembrava pronta a sfociare in una risata amara che non arrivò mai.
Vittoria si mosse sul sedile di pelle color crema, morbida e profumata, che aveva sempre paura di sporcare. Voleva chiedere, indagare, capire, pretendere risposte, ma il blocco che percepiva dall'altra parte, in qualche modo, lo faceva apparire sbagliato.
«No, è che... Mi dispiace che non riusciate nemmeno a parlarvi.»
Quella breve scena tra il padre e lo zio le era sembrata molto peggio della fredda, sottile ostilità che oscillava tra Stefano e Edoardo, quando il vecchio si rivolgeva al figlio con quel suo tono sardonico e Stefano rispondeva a monosillabi, come se ogni mezza frase gli costasse un enorme sforzo. Dopotutto, Edoardo si era comportato piuttosto male con lui e la rabbia di Stefano era giustificata. E poi stava morendo: c'era troppo poco tempo, risolvere il passato sembrava molto più difficile, oltre che inutile. Enrico e Stefano, invece, erano fratelli. Vittoria non poteva credere che quel legame fosse svanito del tutto, lasciandosi dietro loro due che si fronteggiavano quasi come nemici.
«Molto tempo fa, prima che me ne andassi da qui, io e lui stavamo sempre insieme. Siamo cresciuti insieme» disse Stefano lentamente, l'aria pensierosa. «Anche se eravamo molto diversi, eravamo una cosa sola. Un'anima in due corpi. Ma poi sono successe delle cose. Ci siamo feriti a vicenda, tante, troppe volte.»
Vittoria trattenne il fiato. «Ne vuoi parlare?» tentò, cauta.
Lui le lanciò un'occhiata e per un attimo parve che cercasse di prendere una decisione. Poi distolse lo sguardo, rimise gli occhiali da sole e fu come se quell'esile spiraglio si richiudesse di colpo. «È una storia lunga e noiosa. Un'altra volta, magari.» Aprì lo sportello per scendere.
Vittoria lasciò uscire l'aria e si slacciò la cintura di sicurezza. Aveva capito perfettamente: la discussione era chiusa, di nuovo. «Ok» disse in un soffio, più a se stessa che a suo padre.
Nella dépendance trovarono Claudia seduta al tavolo della cucina, con il kindle in mano e l'aria distratta. Quando li vide entrare, sollevò la testa e inarcò le sopracciglia.
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Il mondo segreto
Ficción GeneralSicilia, 1988. Tre bambini, Stefano, Enrico e Claudia, giocano insieme nella campagna bruciata dal sole estivo. Sono amici per la pelle, ma non sanno che tra loro c'è un segreto che può dividerli per sempre. Milano, 2015. Stefano ha cambiato vita co...