Il vecchio Eric era stufo.
Era stufo delle persone, degli animali, dei bambini, del cibo, delle celebrità, dei giornali, della televisione, della natura, della vita in generale; stufo di tutte queste cose.
Era nato il due settembre del 1945, una data che sua madre, residente a New York, aveva interpretato come un segno del destino: lui era nato alla fine di quella che sarebbe dovuta essere "l'ultima guerra" ed era certa che suo figlio sarebbe diventato un grande uomo, un signore pieno di soldi e di tutto ciò che si possa desiderare; un futuro luminoso, insomma.
Suo padre non era dello stesso avviso.
Questo era uno dei sopravvissuti allo sbarco in Normandia, aveva visto gli orrori della Guerra e sembrava che non riuscisse più a provare emozioni felici; anche se non aveva partecipato così tanto, infatti, durante lo sbarco, i tedeschi gli avevano sparato alla gamba e da allora non era riuscito più a muoverla e di conseguenza, visto che non poteva essere utile in alcun modo, dopo la vittoria venne rimandato in patria.
Lui era sempre stato duro con l'infante Eric: aveva, infatti, il terrore che una Terza Guerra Mondiale potesse scoppiare da un momento all'altro; così l'addestramento di suo figlio iniziò da piccolissimo, la routine era questa: sveglia alle cinque del mattino, due ore di flessioni, lavoro presso il meccanico in fondo alla strada per quattro ore, pausa pranzo, altre quattro ore di lavoro, ritorno a casa, allenamento di tre ore, cena e poi a letto per poi ricominciare il giorno dopo.
Erico lo odiava suo padre, e sua madre non faceva alcuna eccezione visto che era convinta che quell'addestramento avrebbe portato il suo figliuolo al successo.
Ma Eric non ebbe mai successo nella vita, non partecipò a nessuna guerra se non quella in Vietnam, la quale era bastata come esperienza.
E adesso era arrivato là, nel 2024, con i suoi settantanove anni d'età, la sua pensione e la sua solitudine; una vita che gli era passata davanti senza che lui se ne accorgesse e cavoli se lo sapeva che la sua esistenza era stata insulsa.
L'unico faro di speranza che aveva era sua moglie: Rose.
La conobbe quanto tornò dal Vietnam, era stato una specie di colpo di fulmine e si erano frequentati per un po' fino a quando Eric non decise di arrivare al passo successivo: si sposarono, ma non riuscirono mai ad avere figli. Però Rose riusciva comunque a dargli il calore che gli era mancato da piccolo.
Ma adesso il suo faro si era spento: un attacco di cuore, come dissero i medici, e da allora il vecchio Eric non si era mai più ripreso, così inizio a odiare qualunque cosa, facendo in modo che la sua reputazione fosse quella di un vecchio scorbutico con il quale non si poteva proferire parola.
Quella sera si trovava a casa, era una notte buia e tempestosa e, siccome non aveva nulla da fare, decise di leggere un libro, sebbene anche quelli lo avessero stufato.
Il libro in questione era un romanzo di avventura il quale Eric non aveva la minima idea di quando lo avesse preso, questo però non gli impedì di iniziarlo a leggere e, doveva ammetterlo, la trama lo stava trasportando pagina dopo pagina: cosa che non succedeva da circa dieci anni.
Potrà sembrare strano, soprattutto per il fatto che la causa fosse un semplice libro, ma Eric per una volta dopo quella che sembrava una vita si sentiva rilassato.
Non era stufo, no, era rilassato.
Stava continuando a leggere ininterrottamente, così tanto che non sembrava che si potesse più fermare; cosa gli stava succedendo quella sera? Come era possibile che questo libro lo stesse facendo esaltare così tanto?
Dopo un po' però il sonno iniziò a prendere il sopravvento, una cosa di cui non meravigliarsi visto l'età, e il vecchio Eric si lasciò prendere dalle braccia di Morfeo; il suo sogno era bellissimo: si trovava ancora a leggere il libro su un campo di grano, con il vento che gli accarezzava i capelli bianchi, senza una preoccupazione al mondo; sarebbe voluto restare lì per sempre.
<<Eric, caro...>>.
Si girò di scatto e vide Rose, ma non una Rose anziana: una Rose giovanissima che doveva avere più o meno l'età di quando si erano conosciuti, e, stranamente, anche Eric sentiva che stava ringiovanendo: sentiva un vigore che gli stava tornando e che non accennava a placarsi.
La abbracciò, la baciò, la strinse forte a sé come a non volerla lasciare mai più e senza volerlo incominciò a piangere a dirotto.
<<Cosa c'è caro? Perché piangi?>> gli chiese la sua ormai defunta moglie con una voce dolcissima.
<<N-non lo so...>>rispose, ma era una bugia; lo sapeva eccome: quelle erano le sue lacrime di rimpianto per una schifo di vita passata a odiare tutto il mondo e facendo in modo che tutto il mondo alla fine lo odiasse, in quel momento Eric sarebbe voluto tornare indietro e ricominciare daccapo con una consapevolezza migliore della vita.
Cavoli se sarebbe stato bello.
Tra le lacrime, però, si accorse di qualcosa di strano: il cielo, tutto d'un tratto, era diventato nero.
Guardò sua mogli in faccia, ma non era la stessa persona.
Un teschio, la sua faccia era un teschio.
Ma questo non spaventò Eric: lui era consapevole che quello non fosse altro che un sogno, che tutto quello che stava vedendo fosse soltanto frutto del suo sub conscio e che presto sarebbe stato svegliato dai raggi solari del mattino.
<<Oh caro...>> la voce di Rose era meno gradevole, gutturale, ma non gli importava.
<<Mi dai la tua anima?>>la domanda era strana, ma per Eric sembrava del tutto normale al momento.
E poi voleva veramente andarsene.
<<Sì...>>
Fu l'ultima cosa che Eric Pitt, settantanove anni, riuscì a immaginare e a pensare; poi, il nulla.
Nessuno denunciò la sua scomparsa per un mese intero, perché a nessuno importava di quel vecchio scorbutico che trattava male chiunque si avvicinasse troppo alla sua abitazione.
Due agenti di Polizia sfondarono la porta della sua abitazione e lo trovarono: era sulla sua poltrona, con un libro aperto sulle sua cosce, il viso rivolto verso l'alto.
Poteva sembrare una morte del tutto naturale, se solo non fosse stato per gli strani simboli sul pavimento intorno alla poltrona.
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Il mio nome è Nessuno
Mystery / ThrillerSe scruterai nell'abisso, anche l'abisso scruterà in te.