Era il nove settembre di un anno che non m'importava, ed io mi trovavo davanti alla solita struttura di mattoni, circondata dal verde: prati verdi, alberi verdi... La solita normalità. Con lo sguardo, cominciai subito a cercare Sheila tra quella calca di persone nuove. Lo riconoscevo bene, lo sguardo dei nuovi arrivati: gli occhi a palla, le sopracciglia corrucciate, e si muovevano di qua e di la con una cartina in mano. Quando, però, individuai Sheila, constatai che era impossibile non notarla. La sua chioma rossa, lunga fino al sedere, quasi luccicava tra tutte quelle teste. Inoltre, lei era molto più alta dei diciottenni appena arrivati. Tra parentesi, Sheila era una anno più grande di me, ma si erano sbagliati con l'assegnazione delle camere, grazie al cielo. Appena mi raggiunse mi strinse in un abbraccio fortissimo.
"Tesoro! Come stai? È tanto che non ci vediamo... Vabbè, recupereremo tutto quest'anno!" esclamò euforica mentre mi scioglieva da quell'abbraccio.
"Sì, certo! A tal proposito..."
Prima che potessi finire la frase lei fece un saltello e disse: "Vai, spara!"
"... sabato c'è una festa di inizio anno, è a casa di Cody. Andiamo?" Cody era ricchissimo, aveva una villa enorme che il padre gli lasciava sempre libera, a patto che non rompesse nulla e ripulisse tutto. Lui ovviamente ricomprava tutto ciò che rompeva e ingaggiava una ventina di domestiche per pulirla tutta.
"Ovvio che ci andiamo, tesoro! Allora, sabato stiamo in college il pomeriggio e non usciamo, così ci prepariamo insieme, d'accordo?" annuii ma, prima che potessi dire altro, la folla si spaccò in due come il Mar Rosso. Non stavo capendo, quindi cominciai a cercare il Mosé della situazione e, quando lo, anzi li individuai, non potei fare altro che rimanere a bocca aperta, e così fece anche Sheila. Quei ragazzi era addirittura riusciti a zittire lei, che parlava sempre, costantemente.
Erano tre, due biondi e uno bruno, disposti in fila orizzontale. Quello a sinistra aveva i capelli ricci e biondi, gli occhi verde smeraldo, una spruzzata di lentiggini e un sorriso smagliante. Lo stile era molto sbarazzino, aveva una camicia a fiori lasciata aperta sopra ad un paio di jeans. Quello a destra, invece, aveva i capelli marroni, lunghi, legati in una coda. Gli occhi di un azzurro chiarissimo, la bocca serrata e lo sguardo tagliente. Era solo una copertura, e si vedeva. Lo stile era elegante, aveva un paio di jeans neri con una camicia del medesimo colore, chiusa. L'ultimo, quello al centro, era sicuramente il più bello, aveva i capelli biondi, mossi a coprirgli la fronte. Il naso era dritto, era totalmente perfetto, anche lui aveva una spruzzata di lentiggini. La bocca carnosa mostrava un piccolo sorrisetto laterale, mentre gli occhi... erano eterocromi. Erano uno giallo e uno azzurro chiaro. Erano bellissimi.
"Sheila... li hai visti anche tu, vero?" chiesi, per paura di starmeli immaginando.
"Oh, sì, tesoro. Li ho visti, sì. Non stai sognando stavolta, anche se sembra proprio..."
Non sapevamo cosa dire. Questi ragazzi, nella nostra scuola.
Mi incamminai verso l'aula insieme a Sheila, che continuava a parlare dei tre ragazzi appena visti. Quando arrivammo davanti alla mia classe mi fermai per salutarla.
"Ho capito che ti piacciono, Sheily, ma adesso io avrei la lezione di storia, quindi..." accennai un sorriso finendo la frase, come a farle capire che mi dispiaceva doverla lasciare nel suo momento di gioia pura. Così ci abbracciammo ed io entrai nell'aula, mi sedetti al mio solito posto in seconda fila, tirai fuori libro, quaderno e portapenne dallo zaino e aspettai l'entrata del professore. Quando lo sentii entrare mi alzai in piedi e mi girai verso di lui. Facendolo vidi che il ragazzo dagli occhi diversi era due file dietro di me, ed io non l'avevo minimamente notato. Osservai i capelli biondo platino, le ciglia lunghe, gli occhi stupendi, le guance leggermente rosate, le labbra carnose semichiuse, la mascella prorompente e gli zigomi decisi, il collo teso, le spalle larghe, le braccia venose, gli addominali scolpiti fasciati dalla maglietta. Era letteralmente perfetto. Alzai di nuovo lo sguardo e mi accorsi che lui mi stava fissando. Arrossii e mi girai di scatto, cercando di far finta di nulla. Subito dopo il professore iniziò l'appello.
"Auster?" chiamò.
Io ragazzo appena nominato alzó la mano. Il professore continuò l'appello, poi arrivò al mio nome.
"Heaven?"
"Presente" biascicai, già annoiata dalla lezione.
"Hell?" e quel ragazzo alzó la mano.
No. No, no, no. Non é possibile.
Mi girai verso di lui, che mi stava già guardando. Sorrise. Ma non era un sorriso gentile quello. Era un sorriso che prevedeva tante, tante cose.
Cercai di ignorare quella situazione totalmente imbarazzante e ascoltai il professore, prendendo degli appunti. Non riuscii nel mio intento perché, dopo pochi minuti, un pezzettino di carta mi atterrò sul banco.
Lo aprii e ne lèssi il contenuto: Piaciuta l'ispezione, angioletto?
Scossi la testa e scrissi: Ma vaffanculo, non guardavo te, guardavo il professore.
Glielo lanciai e aspettai una risposta.
Certo, certo. Farò finta di crederci... angioletto
Già non lo sopportavo più, ma volevo vedere che altro avrebbe detto.
Smettila di chiamarmi così, mi da fastidio. Mi chiamo Cheyenne.
Glielo lanciai di nuovo.
Aspettai la risposta.
D'accordo, d'accordo. Bel nome... Cheyenne. Io mi chiamo Jack.
Risposi in fretta.
E perché dovrebbe interessarmi? gli chiesi solo questo.
Lo guardai scrivere.
Mi lanciò il biglietto.
Perché dovrai usarlo molto più spesso di quanto ti immagini... angioletto.
Cosa significava? Misi il biglietto nel portapenne e ignorai quelle parole, anche se la curiosità continuava a mangiarmi ogni briciolo di speranza di poter continuare ad ascoltare la lezione.
Dopo minuti che sembrarono eternità, la campanella suonò, io raccolsi le mie cose, mi caricai lo zaino in spalla e uscii dall'aula. Mi incamminai verso l'altra classe, cercando di ignorare ciò che era appena successo. Mi sedetti e ascoltai la lezione.
Passarono le ore e la noia non finiva. La curiosità mi stava divorando. Dovevo mantenere il controllo.
Suonò la campanella dell'ultima ora, quindi uscii e raggiunsi Sheila. Feci finta di niente, non le raccontai nulla. Glielo avrei detto poi a casa. La abbracciai e raggiungemmo la caffetteria. Mangiamo raccontandoci della giornata appena passata, delle lezioni, dei compiti, della festa di Coyle. Mi chiesi se ci sarebbe stato anche lui,ma eliminai subito quel pensiero dalla mia mente. Appena finimmo di mangiare tornammo nella nostra stanza, ci sedemmo al tavolo e cominciammo a fare i compiti. Io la aiutavo con i suoi, lei... beh, lei cercava di capire i suoi.
La giornata passo in fretta, tra compiti, chiacchiere, spuntini e quant'altro. Era arrivato il momento di andare a dormire, quando mi alzai dal divano in cui io e Sheila eravamo accoccolate a guardare un film e cominciai a lavarmi i denti e cambiarmi. Quando poi torna in salotto notai che Sheila stava dormendo, quindi le misi una coperta sulle spalle e spensi la televisione.
"Notte, Sheily" sussurrai.
"Brrlsh" rispose lei, o meglio grugnì.
Andai in camera mia e mi infilai nel letto, importai la sveglia alle sei e mezza e mi rannicchiai tra quelle calde coperte. Abbassai le palpebre.
Però quegli occhi...
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Parlano di noi
RomanceSu quelle scale della metro era cominciato tutto. O meglio, tutto era finito. Piacere, mi chiamo Cheyenne, ho vent'anni, studio medicina a Princeton da due anni e... beh, questa è la mia storia. Al college sono in stanza con la mia migliore amica, S...