1. Primo Incontro

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Manuel non pensava che cosí dal nulla si sarebbe trovato in un mondo che non gli apparteneva - o meglio, che in parte era a lui sconosciuto.

Non aveva mai posato per un artista, tranne che per qualcuno che faceva caricature per le strade di Roma. Era abituato a vedere fanart su di lui, essendo un personaggio famoso non poteva stupirsi nel notare che la gente adorava raffigurarlo, ma mai nella sua vita aveva posato per un artista. Specie per uno scultore.

Si era agghindato con molta cura, sistemando i suoi ricci e quel filo di barba che con tanta pazienza aveva fatto crescere; aveva selezionato un outfit molto casuale, ma comunque senza una minima pecca; si era persino riempito di profumo e qualche gioiello per sembrare un tantino elegante. (E a detta di Chicca, ci aveva messo fin troppo impegno per un qualcosa verso cui lui non provava un briciolo d'interesse.)

Si era preparato, sì, ma come si doveva effettivamente conciare per qualcosa di simile? Che dovesse spogliarsi completamente davanti ad un totale sconosciuto?

Con un filo d'imbarazzo, Manuel suonó il campanello dello studio di Simone. Grazie a Chicca aveva visto qualche foto sia del suo volto che dei suoi lavori, e gli doleva ammettere che entrambi i soggetti fossero davvero mozzafiato.

Il pesante portone di mogano si aprì con un cigolio, rivelando la figura del minore un po' stralunato. Un paio di spessi occhiali marroni gli contornavano il viso, mentre le mani erano avvolte in un canovaccio un po' umido.

"Pensavo d'aver sbagliato portone" Manuel si sentiva un po' in soggezione di fronte all'imponenza del ragazzo; era di un paio di centimetri più alto di lui, e a livello di corporatura era decisamente più massiccio. Lo scrutó rapidamente da capo a piedi, soffermandosi sull'espressione confusa stampata sul suo viso. "Pare che c'hai n'morto davanti, tutto bene?"

"Ah sì, tutto bene. Perdonami, ero ancora nel mio mondo" gli porse impacciatamente la mano appena liberata dal canovaccio, sorridendo per cortesia alla stretta del ragazzo. Anche le sue mani erano grandi, ma nascondevano un'ambigua delicatezza in contrapposizione al suo aspetto.

"Sono Simone, piacere."
"Manuel, piacere mio."

Lo scultore gli fece cenno con la testa di seguirlo all'interno dello studio, il quale era composto da un corridoio costellato di disegni, un'ampia stanza per le opere complete e un'area leggermente più piccola dove egli si dedicava alla lavorazione dell'argilla. Il forno era accantonato in un angolo, accanto ad esso erano abbandonati alcuni busti in ceramica e qualche scultura incompleta, probabilmente da buttare.

Ovunque Manuel si girasse, si potevano ammirare schizzi e opere sbocciate tutte da quelle mani, quelle stesse mani che lui aveva stretto prima. Lui era sempre stato pessimo con ogni materia che riguardava l'arte, chissà come ci si dovesse sentire a poter dare vita a tutto ció che la propria mente immaginava.

Da un'ampia finestra filtrava la luce naturale del sole, la quale illuminava il centro della stanza dov'erano posti pochi semplici oggetti: uno sgabello di legno, un tavolo di marmo e due bidoni con l'argilla (in uno era contenuta quella molto morbida, nell'altro quella più solida, maggiormente adatta alla lavorazione).

Il più grande si sedette con un po' di timidezza sullo sgabello. Osservó il ragazzo intento a lavarsi le mani, a sistemarsi il grembiule macchiato d'argilla e a raccattare una carpetta verde bottiglia con all'interno dei fogli tutti scarabocchiati con una matita grassa.

"Allora-" esordì Simone con ancora i fogli tra le mani "-ti espongo un po' il progetto così magari ti fai un'idea."

Trascinó uno sgabello identico a quello di Manuel davanti a lui, così prese posto dopo aver accuratamente arrotolato le maniche della felpa fino ai gomiti. Aveva qualche braccialetto con le perline ad avvolgergli i polsi, ma non era visibile la presenza di anelli. Probabilmente gli davano fastidio durante il suo lavoro.

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