03. La prima ...

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V.

 Avevo sollevato lo sguardo su quei colori e mi ero scontrata con l'invisibile

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... Avevo sollevato lo sguardo su quei colori e mi ero scontrata con l'invisibile. La versione più falsa delle sue sembianze, combacianti al nulla della sensibilità emotiva. Io non vedevo. Guardavo soltanto. Cercavo una scintilla che avrebbe incenerito il pugno delle inviolabili imposizioni. La mia vita di inganni sulle scelte obbligate. Avrei dovuto vedere, invece.

Quella stessa sagoma distinguibile tra le luci appariva e scompariva. Una macchia nera tra le volute di fumo scenico del Moon. Si avvicinava e si scomponeva, accorciando le distanze e affacciandosi, infine, nella luce intervallata davanti a me.

Il suo viso si era accostato al mio. I nostri nasi si erano sfiorati, spezzando la successione di impulsi sonori che la musica emetteva, fino a sfondare ogni cellula della ragione. Almeno la mia.

Aveva adagiato le mani sui miei fianchi, conducendomi in un ritmo continuo ma lento, mentre la musica percuoteva l'ambiente, perforando l'udito.

Lui continuava a fissare i miei occhi. Le luci scintillavano nelle mie iridi azzurre, catturando la sua attenzione.
Anch'io rimasi affascinata dal suo sguardo seducente, ma non provocatorio, piuttosto rigido e controllato.

Mi aveva tirato per il bacino, incastrandolo al suo con delicatezza, senza impulsi. Le sue mani erano gentili, mentre risalivano a percorrere le curve della mia schiena. Non era rude, piuttosto sembrava incline ai piaceri raggiunti con gentilezza.
La sua voce, poi, si era fatta udire all'interno del mio orecchio. Dolce, cordiale. Avevo trattenuto il fiato.

«Ti ho già visto!»

«Ah, sì? Dove?»

Silenzio.

I suoi occhi continuavano a osservare i miei, a scavarmi dentro, in quel gioco di luci che l'ambiente avvolgeva sulle nostre sembianze. Il nero delle sue pupille erano due pozzi misteriosi, sebbene i tratti degli occhi lo rendessero affascinante.

«Posa per me!» e ora che ci penso non era stata una richiesta, ma un'ipnotica imposizione.

Continuavo a sorridergli e lui non aveva celato la sua sicurezza. Sapeva come sedurre una donna. Era cortese. Sapeva dare il giusto timbro alla voce per quelle poche parole che avevo udito esprimergli.

Mi aveva catturata. L'agnello era caduto nelle fauci del lupo.

«Hai degli occhi meravigliosi e desidero immortalarli nella mia tela» aveva confidato con un tono incline al dispiacere se avessi rifiutato.

Mi sono sempre chiesta che cosa attraesse un esteta dell'immaginazione figurata.
Che cosa vede in ciò che ritrae? Illusioni? Desideri? Cambiamenti? Luce? Buio? Interiorità flagellata? Felicità sfuggevole?
Mondo contorto o universo distorto? Cosa?
Ero curiosa della rivelazione e lui curioso della mia risposta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 17 ⏰

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