In un piccolo paesino immerso tra le dolci colline della campagna, una ragazza, di nome Serafina, stava tentando di porre fine alla sua vita per la seconda volta. Era conosciuta in tutto il paese per la sua natura delicata, l'animo sensibile ed essere troppo bruttina. Le altre ragazze erano molto più belle di Serafina. Mentre le persone chiamavano le sue compagne di scuola "graziose" o "bellissime", lei veniva chiamata "povera". La povera Serafina.
-Poverina... i suoi genitori sono sempre assenti. Non è né intelligente, né bella-
sussurravano di nascosto le professoresse durante le pause. A volte però le sentiva, e correva in bagno a piangere.
Quelle insegnanti non avevano capito nulla della ragazza, lei era estremamente intelligente, non era brava in matematica o non sapeva scrivere parole difficili, ma capiva quando una persona stava male. La sua intelligenza era emotiva, il suo cuore era talmente bello e grandioso... ma era dentro, e fuori era bruttina.
Che ad essere completamente onesti, non era affatto bruttina. I suoi capelli erano meravigliosamente disordinati, del colore delle foglie in autunno. I suoi occhi erano marroni, ma alla luce diventavano di un color ambra dolcissimo. Aveva un nasino grazioso a patata decorato di lentiggini che però, odiava profondamente.
Il suo corpo era dolcemente formoso, diversamente dai suoi genitori, non era mai stata graziata di un corpo perfetto.
I suoi genitori, come dicevano anche le professoresse, non erano mai presenti. Suo padre se ne era andato di casa, diceva che il suo lavoro lo teneva troppo impegnato per poter stare con loro, ma Serafina sapeva che il realtà non sopportava più sua madre. E lo capiva, sapeva essere così pesante a volte quella donna.
Invece sua madre faceva l'infermiera per la clinica della città dopo. Prendere il treno le pesava sempre tanto, quindi 6 giorni su 7 li faceva lì. Alla fine della giornata, nessuno dei due era mai a casa con la figlia.
La nostra Serafina la prima volta che cercò di uccidersi era nella vasca che faceva un bagno, voleva annegarsi. Ma quando l'acqua inizio ad entrare nei polmoni, e loro iniziarono a bruciare, lei uscì di colpo dall'acqua. Aveva già sofferto molto, perché andarsene soffrendo ulteriormente?
La seconda volta voleva farlo velocemente ed indolore, si sarebbe impiccata sul suo salice piangente preferito. Quando stava male andava lì a piangere, e quando era felice era lì che sorrideva.
C'era un'oscurità che la consumava, portava un fardello pesante. Era tormentata dalla tristezza e dalla disperazione e quel giorno decise che non poteva più sopportare il peso dei suoi dolori. Quando il sole cominciò a tramontare, Serafina vagò nel profondo della foresta, con il cuore pesante dal dolore si mise in piedi sotto al suo albero. Il vento che si infrangeva sembrava chiamarla, invitandola a lasciare andare il suo dolore e la sua tristezza. Le lacrime le rigavano il viso mentre pensava di porre fine alla sua vita.
Fece il cappio, fece un bel nodo resistente, sistemò la corda, se la mise intorno al collo e saltò.
Serafina non credeva nel paradiso o all'inferno, credeva che quando si muore, prima si vedono i momenti più importanti della propria vita, poi nero e dopo si termina semplicemente di esistere. Finché poi qualcuno non trova il corpo e lo seppellisce, e può finalmente non esistere sotto terra, mentre la natura finalmente ti rende utile, e ti usa come diserbante.
Una fine molto triste, no?
Però non successe nulla di quello che immaginava, nemmeno una seconda vita, o persino l'oblio. Nulla.
La corda si spezzò e Serafina cadde sul prato, ancora viva.
<<Sono così grassa che nemmeno la corda mi può sorreggere>> pianse in ginocchio sul terreno, sbattendo i pugni sulle sue cosce.
Era disperata, ma dentro di sé, era sollevata di essere ancora in vita.
Una voce la chiamò.
-Ciao, Serafina,- disse la voce liscia come il velluto. -Non ho potuto fare a meno di notare che stavi per commettere un grave errore. Ti spiace se mi unisco a te?-
Lei annuì silenziosamente.
-Chi sei?- chiese, la fanciulla con la sua voce appena più di un sussurro. Nessuno rispose.
Dall'ombra emerse una magnifica volpe, la sua pelliccia di un rosso fuoco che sembrava brillare nella fioca luce della foresta. La volpe si avvicinò a Serafina con uno sguardo dolce, come se percepisse il suo dolore.
La volpe girava intorno alla giovane, senza mai staccare gli occhi dai suoi. All'improvviso, l'animale si precipitò nella foresta, lasciando la fanciulla sola ancora una volta.
Serafina nella stessa posizione in cui era caduta, sedeva in ginocchio sul suolo, con le mani stringeva il suo vestito e singhiozzando osservava il suo riflesso in una piccola pozzanghera. Le lacrime le rigavano le guance, un profondo senso di odio per se stessa la circondava. Le linee troppo morbide e le imperfezioni che vedeva nel suo riflesso in quel momento di vulnerabilità, veniva amplificato, spingendola ulteriormente nella disperazione. Il peso del disprezzo per se stessa gravava pesantemente su di lei mentre lottava per trovare l'accettazione dentro di sé. Ogni lacrima che cadeva era un grido silenzioso di aiuto e di amore che sembra perennemente fuori portata. E mentre continuava a fissare l'immagine che la tormentava, si chiedeva se potesse mai trovare pace per la persona che la fissava.
Rimase lì, fino alla fine del tramonto quando prese le sue cose per tornare a casa. Prese la corda che l'aveva risparmiata e la osservò per qualche minuto. Un'estremità pareva quasi rosicchiata, non era caduta per il suo peso, la corda era danneggiata! Così prese la corda e si rifugiò nella sua casa, da sola.
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LA RAGAZZA DI PORCELLANA
Short StoryIl viaggio di Serafina verso l'accettazione di se stessa in un mondo che ama lasciarla indietro.