30.Gabriel

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Mentre trascrivevo alcuni casi sul computer, vidi Marcus entrare con il solito sorriso soddisfatto.
«Guarda, mi hanno affidato il mio primo caso!» annunciò entusiasta, porgendomi un fascicolo. Presi il documento dalle sue mani, iniziando a sfogliarlo. Quando lessi il nome dell'accusato, mi gelai. Alex. La sua faccia da bastardo era lì, stampata davanti ai miei occhi.
«Devi difenderlo o gli vai contro?» chiesi, cercando di mantenere la calma, anche se il mio stomaco si era già stretto.
«No, no, devo difendere la ragazza.» rispose tranquillamente. Feci un respiro di sollievo. Sofia ce l'aveva fatta: lo aveva denunciato. Mi permisi un piccolo sorriso, forse il primo vero sollievo da giorni. Marcus mi fissò con aria curiosa. «Cos'è quel sorriso? Conosci la ragazza?»
«Sì, è la mia sorellastra.» ammisi, tornando a concentrarmi sullo schermo del computer per completare le ultime questioni legali della giornata. Chiusi il fascicolo, sistemai i documenti e mi alzai. «Ora vado a casa, ormai è tardi. Ci sentiamo domani.» Lo salutai con un cenno della mano e uscii dall'ufficio. Quando controllai l'orologio, erano appena le 17:00. Pensavo già al sollievo di tornare a casa, ma quel momento di tranquillità si dissolse all'improvviso. Appena uscii dallo studio, mi sentii afferrare brutalmente per le spalle. Mi ritrovai sbattuto contro il muro con forza.
Era Alex. Il suo sguardo era carico di rabbia, e il tono della sua voce era tagliente.
«Ti è piaciuto baciare la mia ragazza? Eh, figlio di puttana? Te la sei scopata?» Cercai di liberarmi, ma lui mi colpì con un pugno allo stomaco, togliendomi il fiato.
«Oh sì, fino allo sfinimento.» ribattei, mentendo solo per provocarlo.
Come previsto, le mie parole lo fecero impazzire. Alex continuò a colpirmi con violenza, ma prima che potesse andare oltre, un agente arrivò, fermandolo e bloccandolo.
Mi rialzai con fatica, un ghigno di sfida sul volto. Mi allontanai mostrandogli il dito medio , mentre sputavo un po' di sangue sul marciapiede. Feci un respiro profondo, cercando di ignorare il dolore che sentivo , e mi trascinai fino alla mia auto. Una volta dentro, avviai il motore e tornai a casa.

Parcheggiai l'auto nel vialetto e dopo essermi assicurato di averla chiusa per bene entrai in casa, cercando di sembrare il più normale possibile.
«Gabriel! Stai bene?» la voce preoccupata di Sofia mi raggiunse appena varcata la soglia.
«Perché non dovrei stare bene?» risposi, cercando di mascherare il dolore.
Lei abbassò lo sguardo e sussurrò: «Ho denunciato Alex.» Guardai il modo in cui si preoccupava per me. Quando quella in pericolo era lei. Le presi delicatamente il mento con due dita per farle alzare lo sguardo.
«Hey, sei stata davvero coraggiosa.» le dissi con sincerità, sperando che le mie parole le dessero un minimo di conforto.
Accennò un sorriso debole, e io le diedi un leggero bacio sulla fronte prima di salire in camera mia. Sentivo il suo sguardo su di me mentre salivo le scale, ma non mi voltai.
Una volta in camera, mi tolsi la camicia e mi guardai allo specchio. Il mio corpo era pieno di lividi, segni inequivocabili della furia di Alex.
«Che diavolo sono quelli?!» La voce di Sofia mi fece girare di scatto. Era lì, sulla porta, con gli occhi fissi sui miei lividi. Si avvicinò rapidamente, mettendosi davanti a me. «È stato lui, vero? È tutta colpa mia...» I suoi occhi si riempirono di lacrime, e il senso di colpa traspariva da ogni sua parola.
«No, hey, calma.» dissi, cercando di rassicurarla. «Non è colpa tua. Stai tranquilla, un agente ha visto tutto e lo ha arrestato. Non devi preoccuparti per me.» Le mie parole sembravano non bastare, così, senza pensare, presi il suo viso tra le mani e unii le nostre labbra in un bacio. Questa volta, il bacio non era carico di rabbia o desiderio impulsivo. Era lento, dolce, come se avessi bisogno di lei per lenire il dolore che mi bruciava dentro. E, in quel momento, le sue labbra erano l'unica cosa che riusciva a farmi sentire bene.
«Forse stiamo esagerando con questi baci.» disse Sofia, allontanandosi leggermente e arrossendo visibilmente.
«Te l'ho detto, quando inizio non riesco più a fermarmi.» risposi con un sorriso provocatorio.
La sua risata riempì la stanza, e in quel momento mi resi conto di quanto quel suono fosse in grado di smuovere qualcosa dentro di me.
«Dai, stenditi. Ti metto un po' di crema.» disse poi, indicando il letto con decisione.
«Va bene, mamma.» risposi con una smorfia ironica, sollevando le mani in segno di resa mentre mi sdraiavo.
«Mi spieghi cosa hai detto ad Alex per farti combinare così?» chiese, iniziando a preparare la crema con un'espressione preoccupata.
«Niente di che.» risposi, trattenendo un ghigno. «Mi ha chiesto se ti avessi portato a letto, e per provocarlo gli ho detto di sì, fino allo sfinimento.»
La vidi sgranare gli occhi, incredula, ma poi scoppiò a ridere.
«Ma sei scemo?» mi chiese, cercando di riprendersi dalle risate.
«Che vuoi? I miei desideri parlano per me.» replicai con un tono sfacciato, osservando il rossore che le invadeva le guance.
«I tuoi desideri stanno bene lì dove stanno.» rispose, abbassando lo sguardo con imbarazzo.
Non potei fare a meno di avvicinarmi, prendendole delicatamente il mento per farle sollevare il viso. «Non nasconderti da me quando diventi così.» mormorai, indicando il rossore che le illuminava il volto.
Non rispose, ma si concentrò sul massaggiarmi. Quando le sue mani calde sfiorarono la mia pelle, un brivido mi attraversò. Il suo tocco era così leggero e attento che sembrava temesse di farmi male.
Le sue dita scivolarono sul mio petto con una delicatezza quasi ipnotica, e mentre lavorava, i suoi occhi si fissavano sui miei. Non smetteva di guardarmi, e in quel momento tutto il resto sembrava svanire. Improvvisamente si mise a cavalcioni su di me.
«Che stai facendo?» chiesi con il fiato corto mentre sentivo le sue labbra sfiorare il mio collo. Un'ondata di calore mi attraversò, rendendo difficile mantenere la lucidità.
«Ho detto che non lo faremo, no che non puoi toccarmi.» sussurrò al mio orecchio con un tono così sensuale da farmi perdere ogni controllo. In un attimo capovolsi le posizioni, bloccandola sotto di me. I suoi occhi mi fissavano, brillanti, quasi sfidandomi a continuare. Mi avvicinai al suo viso, il nostro respiro si mescolava, sempre più rapido e profondo.
«Rapunzel stai giocando con il fuoco, lo sai?» le dissi, maliziosamente.
«Forse.» rispose con un piccolo sorriso, mordendosi il labbro inferiore. «Ma so per certo che voglio bruciarmi.» Quella frase mi fece perdere ogni freno. Mi chinai su di lei, catturando le sue labbra in un bacio intenso, mentre le mie mani si muovevano con sicurezza, disegnando il contorno del suo corpo.
Lei non si tirò indietro, anzi, rispose con la stessa intensità, lasciandomi capire che, in quel momento, eravamo esattamente dove volevamo essere.
Accarezzai le sue gambe, creando dei solchi nella sua pelle.
«Mi fai impazzire cazzo!» iniziai a baciarle il collo , mordicchiandolo leggermente, non avevo mai desiderato nessuna come desideravo lei.
«Toccami.» sussurro nel mio orecchio. Le sbottonai lentamente i jeans e infilai la mia mano nei suoi pantaloni. Appena misi la mia mano tra le sue gambe sentii le sue carni bagnate.
«Ti faccio questo effetto?» dissi soddisfatto ,sentendola bagnata solo per me.
«È non solo questo.» iniziai a massaggiarle il clitoride ormai gonfio e umido, con movimenti circolari.
«Sei così bagnata.» dissi nel suo orecchio in modo cauto.
«Oh Gabriel!» sentire il mio nome mentre gemeva mi faceva girare la testa in una maniera incredibile.
«Shh piccola, possono sentirci.» intensificai i movimenti, appena inarcò la schiena, le abbassai la spallina del top e le scoprii il seno. Passai la mia lingua intorno al suo capezzolo per poi prenderlo tra i denti e succhiarlo. Per il piacere che le stavo procurando si tappò la bocca con una mano, gemendo su di essa. Vederla in estati dal piacere per causa mia mi faceva letteralmente impazzire.
A rovinare quel momento fu mia madre che bussò alla porta di camera mia. Cazzo! Non avevo mai odiato così tanto mia madre come quel giorno. Sfilai via la mia mano, cercando di mantenere la calma, e mi alzai velocemente, rimettendomi una maglia con la fretta di sembrare il più normale possibile.
«Un momento!» cercai di urlare con la voce più naturale che riuscivo a fare, ma non fu facile. Il cuore mi batteva ancora forte nel petto.
Sofia, però, non sembrava affatto disturbata dalla situazione. Si sistemò anche lei, senza fretta, come se tutto fosse sotto controllo. Mi fece un sorriso timido ma complice, e io ricambiavo, tentando di non pensare troppo a quello che sarebbe potuto succedere se mia madre fosse entrata proprio in quel momento.
«Gabriel?» rispose mia madre dalla porta, la sua voce penetrante.
«Un attimo!» risposi, cercando di sembrare calmo mentre mi passavo una mano nei capelli, cercando di nascondere la confusione che mi stava sopraffacendo.
Mi portai due dita alla bocca, assaporando il suo sapore provocandola un po', senza distogliere lo sguardo da lei. La vidi coprirsi il viso, arrossendo per il mio atto. Il suo imbarazzo mi fece sorridere in modo soddisfatto.
Prima di aprire la porta, la guardai ancora una volta, i miei occhi si persero nei suoi. Era bellissima anche quando era imbarazzata, quel rossore sulle sue guance la rendeva ancora più affascinante. In quel momento, tutto il resto sembrava scomparire. Il battito del mio cuore accelerava ogni volta che la guardavo , e per un istante mi sembrò che niente e nessuno potesse cambiarlo. Poi, con un respiro profondo, aprii la porta. Ritrovandomi mia madre davanti a me.

𝐄𝐍𝐃𝐋𝐄𝐒𝐒 || 𝐕𝐎𝐋𝐔𝐌𝐄 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora