Poesia II - L'ignavo

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Un dì qualunque là dov'era terra

che diede spazio a lui che nei cieli erra,

partii presto da lì forte e deciso,

pronto a compiere quel viaggio irriso.

Ahi quant'ebbi voglia così di guardare

la terra dove non s'osa mai amare!

Quando giunsi in quella selva, oscura

che già nel mio cuor v'era paura,

tale s'aggiunse alle mie emozioni

e già demorsi che caddi in tensioni.

Ero arrivato così a quella porta,

ch'accolse tanta gente oramai morta,

già per entrare, dico in questo posto

sì tanto tosto, ad ogni alto costo!

Arrivò il tempo così d'accedere

e poi sbrigarsi andare e procedere.

Appena entrato mi scioccai come mai,

tra grida, strilla, e quegli alti guai!

Non ebbi il tempo così d'arrivare,

che seppi già dove andare a guardare.

Tra quelle strilla, già troppe e allungate,

tornai a quel tempo di sì bella estate

che v'era fuor la spelonca profonda

scoscesa e sempre grande e come tonda!

Entrai tra mille ma forse più guai:

rimasi tristo e avvilito come mai.

Ma non appena che un po' dubitavo

mi volsi al retro, che vidi un ignavo.

Ecco l'ignavo, il quale qui giace,

timor fa sempre, eppure lui tace.

Ecco colui che segue la schiera,

ecco colui che segue bandiera

con altri suoi fratelli, sì tristi

tra dei mosconi alle vespe sì misti.

Il mondo dell'Ade va per la legge

che dove va, questa sempre sorregge.

Il mondo dell'Ade va per il male,

che regna sempre, e già sempre è uguale.

Allorché parlai con questo indolente,

già circondato da sì tanta gente.

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