Mi alzai dal letto cercando di sistemarmi, tentando di calmare il turbinio di emozioni che mi aveva travolta. Il mio viso stava letteralmente andando a fuoco per quello che avevo provato. Non avevo mai permesso a nessuno di toccarmi in quel modo. Cercai rifugio dietro la porta, trattenendo il respiro per evitare di fare rumore.
«Cosa volevi dirmi?» disse Gabriel cercando di stare calmo.
«Io e tuo padre vorremmo parlare sia con te che con Sofia.» rispose sua madre.
Il cuore mi balzò in gola, e l'ansia iniziò a divorarmi. Cosa volevano dirci? Ci avevano scoperto? Avevano sentito qualcosa? La porta si chiuse, e io quasi persi il controllo.
«Oddio, ci hanno beccati. Siamo nella merda!» esclamai, portandomi le mani tra i capelli, mentre il panico si impossessava di me.
Lui scoppiò a ridere, e il suo atteggiamento rilassato mi mandò ancora più fuori di testa.
«Ma cosa ti ridi!» lo rimproverai con tono agitato.
«Tu sei tutta scema!» rispose continuando a ridere. «Ma ti pare che ci hanno beccati? È impossibile.» Prima che potessi ribattere, mi intrappolò tra le sue braccia, stringendomi così forte che mi sentii quasi soffocare.
Con il viso schiacciato contro il suo petto, protestai debolmente: «Dai, mi soffochi!» Mi sentivo così piccola accanto a lui.
«Scendo prima io. Appena ti do l'ok, scendi anche tu.» disse Gabriel, lasciandomi un leggero bacio sulle labbra prima di uscire dalla stanza.
Rimasi immobile, con il cuore che batteva all'impazzata, mentre i minuti sembravano allungarsi all'infinito. Dopo circa dieci minuti sentii la sua voce chiamarmi: «Sofia, scendi, vogliono parlarci.»
Presi un lungo respiro, cercando di calmare l'ansia che mi stringeva lo stomaco come un nodo. Scendendo lentamente le scale, mi sentivo pesante, come se ogni passo richiedesse uno sforzo sovrumano.
«È successo qualcosa?» domandai con un filo di voce, guardandoli.
«Sedetevi.» disse sua madre con un tono fermo ma gentile. Io e Gabriel ci scambiammo un rapido sguardo prima di sederci l'uno accanto all'altra sul divano.
«Allora, voi ormai siete abbastanza grandi per capire come funziona l'amore, giusto?» iniziò sua madre, guardandoci con serietà.
«Credo di sì.» risposi appena, abbassando lo sguardo. La mia mente era già pronta ad affrontare una ramanzina per chissà quale errore avevamo commesso. Sentivo il peso della colpa anche senza sapere di cosa si trattasse.
Poi arrivò quella frase, fredda e tagliente come una lama: «Ci separiamo.»
Alzai di scatto il viso, scioccata, cercando di elaborare ciò che avevo appena sentito.
«V-voi cosa?!» balbettai incredula, mentre Gabriel si alzava in piedi di scatto, furioso. La sua mascella era serrata, e i pugni stretti tradivano la rabbia che cercava di controllare.
«Abbiamo capito che non possiamo più andare avanti così.» continuò sua madre, il viso segnato dal dolore. «Litighiamo solamente, e non è giusto né per noi né per voi. Perciò abbiamo deciso di lasciarci andare, ma in buoni rapporti. Nessuno odia l'altro. È una decisione presa per rispetto dell'amore che abbiamo provato.»
Gabriel rimase in piedi, lo sguardo fisso su di loro, senza dire nulla.
«Lo renderemo ufficiale quando avremo ottenuto la tua adozione, Sofia.» aggiunse Marlene stringendo le mie mani.Guardai il modo in cui Gabriel si era alzato dal divano. Continuava a camminare avanti e indietro, nervoso, come se cercasse una valvola di sfogo.
«Da quanto?» chiese cercando di mantenere un tono calmo, ma il suo respiro tradiva la rabbia che stava trattenendo.
«Da qualche settimana.» rispose Marlene.
Gabriel rise amaramente, scuotendo la testa. «Traduci "qualche settimana".»
«Un mese, ci stiamo pensando da un mese.» ammise sua madre con un filo di voce.
Gabriel si fermò di colpo. «Un mese? Pensate al divorzio da un fottuto mese? Mi prendete per il culo?»
Mi alzai dal divano, andando verso di lui con esitazione. «Stai calmo, è pur sempre tua madre.»
«Ma io per voi sono invisibile?» urlò, puntando il dito contro di loro. «Prima non mi dite nulla su quella cazzo di adozione, che manco volevo, e ora anche il divorzio?!»
Sussultai per la forza con cui aveva gridato quelle parole. Indietreggiai istintivamente, sentendo le gambe deboli. Guardai le mie mani: stavano tremando. Perché tremavo?
«Smettila, la stai spaventando!» intervenne Marlene, avvicinandosi a me. Mi accarezzò le braccia, cercando di tranquillizzarmi, ma non servì. La paura mi aveva già sopraffatta. Vidi il suo sguardo dispiaciuto e pieno di rimorso.
«I-io vado in camera.» balbettai, deglutendo a fatica. Mi girai e corsi su per le scale.
Una volta in camera, mi avvicinai al cassetto e presi il flacone di pillole. Da settimane prendevo calmanti per cercare di gestire l'ansia, ma in quel momento non sembrava esserci nulla che potesse fermare il panico che mi stringeva il petto. Sentii la porta aprirsi. Mi voltai di scatto e vidi Gabriel entrare. Chiuse la porta con cautela e mi guardò, guardai attentamente il suo viso rilassato ma pieno di rimorso.
«Ehi...» disse avvicinandosi.«...mi dispiace averti spaventata prima. Ero arrabbiato.»
«L'ho notato.» risposi debolmente, cercando di nascondere il flacone. Le mie mani tremavano ancora, incapaci di calmarsi.Si sedette accanto a me sul letto. «Ehi.» ripeté con dolcezza. «Non devi avere paura di me. Non ti farei mai del male. Mai.» Quelle parole, unite alla sua vicinanza, sciolsero le lacrime che cercavo di trattenere. Mi rigarono il mio viso in silenzio, mentre abbassavo lo sguardo.
«Non so più cosa mi sta succedendo.» mormorai, con voce rotta. «Quando qualcuno urla, inizio a tremare. Ho paura. Io... io non mi riconosco più.»
«È normale.» disse lui, prendendomi le mani tra le sue. «Hai subito un trauma per colpa di Alex. Il tuo corpo reagisce così per difendersi.» Scossi la testa. «Sono stanca di vivere nella paura.» Lo guardai, gli occhi pieni di lacrime. «Non ce la faccio più.» Lui mi tirò a sé, stringendomi in un abbraccio caldo e protettivo. Mi baciò delicatamente il capo.
«Lo so, piccola. Lo so.» Sentii il suo respiro regolare e profondo, e lentamente anche il mio iniziò a seguire il suo ritmo. Guardai le mie mani: avevano smesso di tremare.
Mi staccai lentamente da lui, cercando di riprendere fiato. «Quella frase potevi anche evitarla comunque.» dissi con un filo di risentimento, cercando di mascherare il mio turbamento. Lui abbassò lo sguardo per un momento, come se stesse cercando le parole giuste. «Ma era prima che...» si bloccò, lasciando la frase a metà.
Lo fissai, cercando di decifrare il suo sguardo. «Prima di cosa?» chiesi, la mia voce più ferma di quanto mi sentissi realmente. Gabriel esitò, grattandosi la nuca con un gesto nervoso. «Prima... prima che mi diventassi simpatica.»
Perché speravo in una risposta diversa? Perché mi ero illusa che ci fosse qualcosa di più? Ma soprattutto, perché lo speravo?
«Capito.» distolsi lo sguardo, fissando un punto indefinito della stanza pur di non incontrare i suoi occhi marroni, quegli occhi che ogni volta mi facevano perdere la testa.
Gabriel si avvicinò per baciarmi di nuovo, ma scostai il viso.
«Che c'è?» chiese, sorpreso dalla mia reazione.
«Nulla.» risposi alzandomi dal letto, evitando il suo sguardo indagatore.
«Sofia, sputa il rospo.» Il suo tono lasciava intendere che non si sarebbe arreso. Lo fissai per un attimo, indecisa se parlare o meno. «Tutto qui? Ti sto simpatica? Baci in quel modo ogni persona che ti sta simpatica?» Sorrise con quella sua aria da arrogante che tanto mi faceva innervosire. «Dipende. Se sono ragazze, sì.»
«Bene, allora vai a baciarti loro.» Mi girai verso la porta, indicando con un gesto chiaro che doveva uscire.
«Rapunzel, Rapunzel...» disse con tono divertito, incrociando le braccia al petto. «Essere troppo gelosi rovina la pelle.» Mi voltai di scatto, fulminandolo con lo sguardo. «Ma vai a cagare. Non sono gelosa. Vuoi uscire? Grazie.» Il suo sorriso si allargò, rendendolo ancora più insopportabile. «Quanto mi fai impazzire quando lo sei.» E prima che potessi rispondergli, si avvicinò di scatto, rubandomi un bacio e poi uscendo dalla stanza con un'aria incredibilmente soddisfatta. Rimasi ferma per qualche istante, incapace di trattenere un sorriso. Era incredibilmente stronzo, ma cavolo, quanto sapeva farmi perdere la testa.

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𝐄𝐍𝐃𝐋𝐄𝐒𝐒 𝟏
RomanceSofia García è una ragazza di soli 17 anni , stata abbandonata in tenera età davanti alla fondazione "Casa de los Sueños" ha vissuto la sua intera infanzia circondata da persone che la facevano sentire costantemente fuori posto. Fino a quando una fa...