Léa

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Sospiro, stanca dell'ultima sfuriata che Christopher si è inventato per litigare con me.

"Guarda che non devi usare questo tono con me ragazzina" sbotta avvicinandosi alla mia faccia.

Non avevo fatto nulla, ma a lui piaceva trovare ogni pretesto per darmi contro.

"Pensi di essere in grado di stare zitta e lasciarmi parlare?" continua verso di me.

Non era in grado di capire che non ero più una persona quando si trattava di litigare con lui, mi trasformavo, diventavo un muro, che lui stesso mi aveva portata ad essere.

La nostra storica relazione di 4 anni si stava consumando di giorno in giorno, ma ultimamente il suo comportamento era più estenuante del solito ed il legame che ci teneva uniti era svanito ormai da mesi.

Le sue parole, i suoi atteggiamenti, i segreti che continuava a mantenere per sé e le sue sfuriate mi prosciugavano dall'interno; da diverso tempo sentivo il bisogno di staccare la spina, eppure non sapevo proprio come fare, fortunatamente ci aveva pensato la mia migliore amica.

"Stasera vado a ballare con Chanel" parlo cambiando totalmente discorso e aprendone uno forse peggiore "Da sole" rimarco il concetto permettendogli di afferrarlo immediatamente.

Non mi interessava una sola parola di quello che lui avrebbe detto o del discorso che stavamo affrontando precedentemente, non mi interessava più da parecchio tempo qualsiasi cosa riguardasse la sua persona, ma ero certa che se avesse alzato le mani su di me anche questa volta, gli avrei dato retta. Non sopportavo più i lividi sulla mia pelle.

"Non vai" ribatte indispettito, anche se la sua risposta non era necessaria dato che io avrei fatto, come sempre, ciò che volevo.

"Invece ci andrò" affermo dedicandogli una smorfia poco simpatica, poi alzo le spalle e prendo le mie cose pronta a camminare verso la porta di casa sua.

Come d'abitudine la mano del ragazzo afferra violentemente il mio polso. Era un suo grande vizio ed un mio immenso limite: lui mi toccava, e non in modo carino, mentre io resistevo alle sue prese fastidiose.

Conoscevo il mio ragazzo. Christopher odiava praticamente ogni cosa di me. In primis il modo che avevo di troncare le conversazioni ed evadere dalle discussioni ancora prima che iniziassero. Odiava il mio menefreghismo, la mia forza mentale, il mio coraggio, i miei comportamenti fuggitivi, riusciva ad odiare persino la mia mente che non sottostava a nessuno. Ma se c’era una cosa che lo faceva incazzare più di tutte, era quando non gli davo retta, non lo ascoltavo e non facevo ciò che lui mi diceva di fare. Lì si che dovevo scontrarmi con la sua furia. Furia che finiva sempre per riversare in modo fisico e violento sulla mia esile figura di donna.

La verità era che, nonostante fossi bravissima a nasconderlo, in fondo al cuore, avevo paura di lui e delle sue mani, dei suoi atteggiamenti, delle sue attenzioni, delle sue parole. Volevo fuggire lontano da lui e dalle sue conversazioni, solo perché ne ero terrorizzata.

Chi non lo sarebbe stato? Christopher era un metro e novanta di muscoli e spalle, si allenava spesso e quando gli chiedevo il perché di tutti quegli allenamenti la risposta era sempre la stessa: “Devo sapermi proteggere anche senza le guardie del corpo”. Oltre alla sua fisicità, però, anche il suo sguardo seppur rilassato sapeva incutere paura e prepotenza, caratteristiche che si addicevano alla sua personalità scura e possente.

Stavo con lui da 4 anni e ancora non mi era chiaro il lavoro illegale che aveva intrapreso negli ultimi tre anni e che lo aveva cambiato, trasformato, reso duro e deciso; già, perchè Chris non era sempre stato così stronzo.

Da ciò che mi diceva lui era a capo di un'agenzia di management, ma la cosa che aveva lasciato crescere i miei dubbi era che da quasi tre anni a questa parte aveva la necessità di girare con una scorta alle sue spalle che non apparteneva di certo alle forze dell’ordine. Con questo suo comportamento avevo capito quanto clandestino fosse il suo giro.

OCEAN EYES - Charles Leclerc Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora