Catch me if you can

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«Ora, mi sento come
se stessi aspettando qualcosa
che so che non arriverà mai,
perchè adoro illudermi e sperare,
ti senti più vivo mentre lo fai»
Charles Bukowski

3 MESI PRIMA

Prendo la coroncina di foglie dorata, in tinta con la cintura che ho in vita, e la posiziono sui miei riccioli castani.

Mi guardo allo specchio e sistemo la stoffa bianca, che avevo cucito per ricordare una tunica greca.

Poi metto i sandali alla schiava dello stesso colore degli altri accessori e faccio un ficco, all altezza del ginocchio, con i lacci.

Il trucco è lo stesso degli altri giorni, ma aggiungo la matita nera agli occhi e un rossetto più scuro del solito.

Come borsa ne scelgo una nera a tinta unita, in cui metto tutto il necessario per la serata.

Quando sto per mettere il telefono nella pochette, mi chiama Ashley.

«Vic, io sono giù in macchina da  10 minuti. Quanto ti manca?»

Oh caspita, sono in ritardo!
Prendo le chiavi e mi fiondo fuori di casa, per cercare la macchina nera di Ash.

La prima cosa che faccio appena entro nell'auto e vedere come e vestita: il suo abito è poco più corto del mio, e i capelli sono sistemate con delle treccine che si congiungono dietro.

In tutti i miei cinque anni di liceo, si è mantenuta la tradizione di festeggiare la sera del 31 Ottobre, in cui il proprietario di casa sceglie un tema, diverso tra maschi e femmine. Ma è ormai la terza volta che scelgono lo stesso: l'antica Grecia.

Ma c'è una regola più importante: le maschere.

Possono essere di tutti i colori, coprire tutto il viso o solo la parte alta, possono ricordare quelle di qualche film horror oppure essere con dei piccoli fori; basta che tutti la indossino.

Così la mia amica ed io ci mettiamo le maschere.
Prendo tra le dita il nastro dorato e faccio un fiocco dietro la testa. Poi apro lo specchietto delle macchina e me la sistemo.
È bianca con i riflessi rosati, e lascia scoperti gli occhi nocciola e le labra carnose.

Appena entriamo nella casa, allestita a tema, oltre alle tante persone, ci accoglie un lungo tavolo con una tovaglia rossa che offre stuzzichini di ogni tipo.

Tra la gente, vedo subito spuntare i riccioli neri di Ronnie, il proprietario di casa, così mi avvicino.

«Ciao, Ronnie»

«Ciao, Vic. Vorrei tanto fermarmi a chiaccherare con te, ma devo andare. Ho appena portato una ventina di birre, ma sono gia finite, non e che mi potresti aiutare?»

Vedendolo in difficoltà, decido di aiutarlo.
Lo seguo fino ad una porta che da alla dispensa. Scende prima lui, le scale di legno.

Prende una cassa con una dozzina di birre e me la porge.

Quando le e porto al piano di sopra per appoggiarle sul tavolo, noto che quasi tutte le persone si sono messe a semicerchio vicino alla porta.
Così decido di avvicinarmi anch'io facendomi spazio tra due ragazzi bruni.

Dalla porta entrano tre ragazzi più o meno alti uguali, che... che io avevo già visto!

Oh no! Non è possibile.

Sono tornati!

Così prima che mi possano vedere, corro verso il ripostiglio, scendo le scale e mi rifugio accanto al frigo da cui Reggie aveva preso le birre.

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