Parte 1

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«ISAAAA» il "melodioso" suono della voce incazzata di mia madre giunse alle mie orecchie. Possibile che alle 7 di mattina fosse già arrabbiata?

Velocemente scesi dal letto e andai in bagno a pettinarmi, mentre pensavo al fatto che in tutti i libri (e che Libri😉) che leggevo i protagonisti si facevano la doccia alla mattina, mentre io non riuscivo a sopportarlo... grandi pensieri filosofici, eh?

Corsi a svegliare mia sorella più piccola e la trovai che stava ancora dormendo felice e contenta nel suo mondo... quasi quasi avrei preferito lasciarla dormire. A scuola per lei fino ad ora non era andata bene: non era normale che già dagli 8 anni i bambini potessero essere così meschini e cattivi, ma nella sua ex classe era così. Mi dispiaceva tantissimo per la mia piccolina. Ci fosse stato un modo per caricarmi di tutte le sue preoccupazioni lo avrei fatto. Immediatamente. Nonostante lei fosse la più viziata, diabolica e rompiscatole sorellina del mondo, le volevo tantissimo di bene.

Speravo solo che le nuove scuole sarebbero state diverse per tutti.

Dopo averla alzata ed aiutata a vestirsi, scesi a far colazione. Feci in modo da non far notare che avevo sol bevuto dell'acqua ma, nonostante avessi fame, dovevo iniziare a trattenermi o non sarei mai più entrata nei jeans.

La sera prima avevo pensato tanto all'outfit per il mio primo giorno di scuola ed ero arrivata alla conclusione che se a vessi messo dei semplici cargo e felpa oversize, nessuno mi avrebbe notato e quindi fatto sentire a disagio.

Peccato che mio fratello non fosse della mia stessa intenzione, dato che per andare a scuola prese la sua moto rossa ed entrò nel parcheggio facendo un rumore bestiale, fermandosi proprio davanti all'entrata. Tutti si girarono a guardarci e io arrossii fino alla punta dei capelli.

Ora, bisogna sapere che a casa parlavamo fluidamente 3/4 lingue: inglese (che in America era l'unica lingua che capivano), spagnolo (mia madre era spagnola), italiano (dato che mio padre era italiano e che i miei si erano sposati lì) e dialetto padovano, che mio padre ci aveva con fierezza insegnato perché, come diceva lui "le nostre radici sono il nostro futuro".

Ritornando all'entrata trionfale a scuola, approfittai del fatto che lì fossero tutti newyorkesi e iniziai a "sberegare doso a me fradeo" (come si dice nel gergo tecnico) in italiano.

«Ma sono l'unica qui che è in imbarazzo? Cazzo una cosa ti avevo chiesto Giulio, di non farci notare e invece??? Ci stanno guardando tutti!!! Ma no! Parché i omani duri gà da farse vedare!» gli urlai addosso e lui iniziò a ridere.

«Cazzo ridi ora?»

«No, scusa è solo che è troppo divertente immaginare 'sti tipi che ci guardano alla cazzo e non riescono a capire quello che stiamo dicendo e il motivo stupido per cui ora sei arrabbiata...» rispose sempre in italiano e continuando a ridere. Appena realizzai come dovesse essere la scena vista da fuori, sorrisi divertita anche io.

«Meglio se entriamo, va» e, continuando a ridere con lui, entrai dai cancelli. Luke scappò subito a fare Dio sa cosa e mi ritrovai sola. Detti un rapido sguardo intorno, e quello che vidi mi fece subito venire voglia di sotterrarmi: ragazze e ragazzi che sembravano dèi.

Corsi in segreteria ignorando i sensi di colpa per la pizza che avevo mangiato ieri sera, mi feci consegnare il mio orario e raggiunsi la mia prima classe. Mi sedetti in un punto abbastanza isolato e lontano dagli sguardi e, dopo massimo 5 minuti, arrivò il resto della classe. Entrò il professore e fece l'appello.

«Isabel Carraro?» chiese e, salutando, mi alzai lentamente in piedi.

«Buongiorno, sono il professor Gage e insegno letteratura inglese. C'è qualcosa di te che vorresti far sapere ai tuoi compagni?» chiese, sorridendomi.

Mi guardai attorno imbarazzata e, comprendendo il mio stato d'agitazione, il prof mi invitò a risedermi e iniziò la lezione.

«Bene ragazzi, oggi parleremo di un autrice inglese molto importante: Jane Austen. Qualcuno la conosce?» Se la conoscevo??? Orgoglio e Pregiudizio era il mio libro preferito da almeno 4 anni e, nonostante le storie in mio possesso crescessero sempre di più, da quando era entrato nella mia vita quel libro era sempre rimasto al primo posto!

Ascoltai incantata la sua lezione. Il mix fra il bellissimo argomento e la bravura nello spiegare del professore mi spinse ad interessarmi ad una lezione come ormai non mi capitava da tempo. Non fraintendetemi, avevo sempre avuto bei voti, ma solo perché avevo sempre studiato per conto mio e non grazie ai professori, che nella vecchia scuola erano lì solo per lo stipendio e per la voglia di torturare giovani menti.

Seguii e presi appunti per tutte le ore e quando finalmente arrivò il pranzo, rimisi tutto nello zaino e feci in modo di uscire per ultima, in modo da non essere guardata. Fuori dalla porta c'era mio fratello ad aspettarmi.

«Hai già fatto nuove conquiste?» chiesi facendogli prendere un colpo. Mi guardò malizioso, e dalla sua occhiata capii tutto. Era innegabile: mio fratello era proprio un bel ragazzo, alto, muscoloso, capelli ricci e neri e occhi azzurri. Tante volte mi chiedevo se non fossi solo una scopata volante dei miei che si erano dimenticati del preservativo e che avevano deciso di tenere per gentilezza...

I miei fratelli erano perfetti, solo io ero un errore.

Ci dirigemmo verso la mensa e ci andammo a sedere ad un tavolo con i nuovi amici di mio fratello. Il tavolo era occupato da altri 3 ragazzi e da una ragazza, che mi disse subito di chiamarsi Ellen. Era bellissima: alta, fisico slanciato e magro, capelli biondi e occhi verdi.

Luke mi fece cenno di avvicinarmi, dato che ero rimasta qualche passo più indietro, e mi presentò agli altri.

«Ragazzi, vi presento Isabella, la mia sorellina».

Quattro paia di occhi si spostarono su di me, che arrossii e mi strinsi nella felpa, abbassando lo sguardo.

Uno a uno, i ragazzi si presentarono: il primo, Ben, che teneva un braccio sulle spalle di mio fratello, era basso e sempre sorridente. Era un po' il "giullare" del gruppo, quello che faceva battute, inventava gli scherzi e sparava cazzate a raffica.

Poi si presentò Michael, che mi disse di essere il fratello di Ellen. In effetti la somiglianza era grande: entrambi alti, biondi e con gli occhi verdi (anche se in effetti quelli di Ellen erano un po' più scuri), stessi lineamenti... erano gemelli mancati.

Ultimo a dirmi il nome fu Harry. Era il più riflessivo del gruppo, così come il più timido. Oltre a questo, era anche un gran bel figo: alto, lineamenti asiatici, capelli e occhi neri... ma quanti boni c'erano in quella cazzo di scuola???

Dopo le presentazioni, il primo commento di Ellen fu: «Diventeremo subito grandi amiche, lo sento!».

Iniziò a parlarmi di lei, di Michael (che era un anno più grande), che i suoi erano separati e così via. Non stava mai zitta, ma era simpatica e quindi mi misi ad ascoltarla cercando di memorizzare quante più informazioni.

Mi piaceva conoscere le persone di cui mi circondavo e mi piaceva, più in generale, ascoltarle parlare dei problemi e dar loro consigli. Sapevo cosa significava essere soli contro tutti.

Passarono tutte le ore e, appena arrivai a casa, mi sdraiai sul letto per leggere. Finalmente! Avevo un bel tomo di 600 pagine sul comodino e quale miglior modo di passare il pomeriggio (e la notte) se non finirlo?

Lacosa più bella è che nella nuova casa in cui ci eravamo trasferiti, ognuno dinoi aveva una camera e un bagno a testa, quindi non dovevo preoccuparmi di nonsvegliare mia sorella o di farmi scoprire. La nuova casa aveva 5 piani, e lecamere e i bagni mie e dei miei fratelli erano all'ultimo. Al piano terrac'erano una cantina e il garage, al primo lo studio da lavoro di mio papà, unastanza con le lavatrici e l'asse da stiro e un bagno, al secondo la cucina, ladispensa e il salone. Al terzo piano c'erano la stanza dei miei, due bagni edelle stanze ancora vuote (avevo chiesto che ne insonorizzassero una perportarci il mio pianoforte e suonare o cantare).

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 06 ⏰

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