cards on the table

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"Bello, sia il nome che il ragazzo"

Ed è con quelle parole pronunciate dal riccio ragazzo del bar incise nella sua mente che Simone inventò una becera scusa ai suoi amici e si diresse dritto a casa, senza nemmeno destare attenzioni a suo padre e sua nonna che, ormai abituati ai suoi comportamenti schivi e qualvolta arroganti, non si fecero troppe domande a riguardo.

Non è possibile è ciò che continuava a ripetersi tra sé e sé, pensando che in realtà quella frase il ragazzo l'abbia pronunciata per circostanza, giusto per essere gentile. O addirittura per burlarlo, ché sembrava quasi comico buttargli il caffè addosso in quel modo e poi ammaliarlo con tutte quelle parole su come, indirettamente, in realtà lui fosse il centro dei suoi pensieri da tempo.

Quasi gli comparse un sorriso sul volto al pensiero che quello sconosciuto lo osservasse e sapesse riconoscere certi dettagli di lui che gli erano così involontari e meccanici da non accorgersene nemmeno lui stesso.

Uno sconosciuto bello, bellissimo.

Tanto da non riuscire a smettere di pensare che quello sconosciuto aveva perso tempo a notare uno come lui.

Che Simone, a detta sua, di speciale non aveva nulla. Era un semplice ragazzo, forse anche insipido e con nessuna qualità che lo contraddistingueva dalla massa, se non per una particolare predisposizione per le materie scientifiche e un'estrema timidezza e riservatezza che lo aveva bloccato in infinite occasioni.

Ma, dopotutto, Manuel ha guardato e scelto lui. Ha notato quei piccoli dettagli a cui nessuno prima aveva mai dato peso, quella sua fissa del sottolineare le frasi più importanti dei libri con l'evidenziatore-rigorosamente arancione- e annotarle nel piccolo quadernino che conserva con sé come se fosse il santo graal e avesse l'elisir di lunga vita all'interno. O ancora, le sue sopracciglia corrugate quando non riesce a risolvere quei maledetti integrali che lo fanno uscire di testa, facendo apparire due piccole rughette sulla fronte e sporcano quella purissima tela che è il suo volto.

Ancora con la testa tra le nuvole, Simone attraversa il corridoio e giunge alla sua camera da letto, intravedendo la sua magra figura riflessa dallo specchio rettangolare appeso sulla parete e sorridendo leggermente alla vista di quella macchia di caffè al centro del suo maglione bianco.

Maglione che, tra l'altro, Manuel aveva apprezzato e considerato un suo particolare.

Che se quelle considerazioni fossero venute da una qualsiasi altra persona non ci avrebbe pensato due volte a bruciare ogni singolo capo nel suo armadio e rinchiudersi per sempre in una stanza blindata e buttare via la chiave. Ma le parole del ragazzo sembravano così sincere che Simone non potè fare altro che credergli.

E forse per una volta si meritava anche lui di sentirsi apprezzato, di sentire il cuore fare le capriole come un acrobata qualsiasi e di mettere via le preoccupazioni.

Preoccupazioni che, però, ritornarono a galla non appena Simone si ricordò di non aver dato il suo numero al ragazzo, né tantomeno ha avuto la lucidità di chiedergli il suo prima di scappare via a gambe levate da quel bar.

Tuttavia, per la prima volta nella sua vita, il corvino si sentì ambizioso, tanto da fare mente locale e cercare una soluzione a quell'intoppo. Ché di solito, di fronte a qualcosa che non andava nel modo che si era prefissato anteriormente, si sarebbe abbattuto e avrebbe sventolato bandiera bianca in segno di resa.

Ma qualcosa nella sua testa gli diceva di provarci, di tentare un secondo approccio con il ragazzo dal cespuglio di ricci castani e i tatuaggi sulle braccia -almeno quei pochi che aveva visto con i suoi occhi- che tanto non avrebbe avuto nulla da perdere.

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