SUNSAD

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Mi ha accompagnato sin dai miei primi ricordi, quella che all'apparenza poteva sembrare un'amicizia immaginaria, ma che in realtà era molto più concreta.

Quante volte mi ha confortato, senza proferire parola alcuna, poiché priva della bocca, ma sempre presente ad ascoltare i miei tormenti, pronta a sostenermi ogni volta che mi sentivo affranto, quando la tentazione di arrendermi era forte, nel momento del bisogno. Lei era lì, al mio fianco.

Una figura muta, candida come una perla nel suo lungo vestito viola coi bottoni, consunto e rattoppato. Le dita esili come grissini, i piedi nudi appena accennati sotto l'orlo, tanto che arrivai a pensare che non li possedesse affatto.

Il suo viso non era di quelli che si dimenticano facilmente: con il mento aguzzo, naso a punta, le guance scavate e gli occhi così tenebrosi da sembrare pozzi nelle notti senza luna, profondi e avvolgenti. Niente sopracciglia. I capelli ramati, corti e scompigliati, con una frangetta irregolare.

Nonostante le sue fattezze risultassero inquietanti, non ho mai provato timore nei suoi confronti; anzi, ero io a tentare di spaventarla con espressioni e smorfie sempre più orride.

Poi, improvvisamente, cominciò a scrivere in modo prolisso e ovunque. La sua calligrafia, sebbene non priva di irregolarità, era distintamente elegante. E cosa annotava, vi chiederete? Beh, ciò che la riguardava.

Poteva trattarsi di brevi riflessioni, frammenti di pensieri e impressioni del momento. Spesso sensazioni fugaci come quando contemplando un tramonto dalla finestra della cameretta, sul vetro appannato dal respiro, con il dito indice scrisse "SUNSAD" (sole triste) anziché "SUNSET" (tramonto) in un gioco di parole alquanto avvilente.

Mi accorsi che la luce rossa non si rifletteva nei suoi occhi bui e lacrimosi. Mi limitai ad asciugare quelle lacrime non sapendo cos' altro fare.

Per evitare che lasciasse altre frasi sulle pareti e sui mobili, decisi di regalarle un quadernetto a righi. Per fortuna, riuscii a trovarne uno con la copertina raffigurante un sole sorridente nel cielo sereno. Tuttavia, quella rimase l'unica cosa felice, poiché all'interno gli scritti rappresentavano visioni malinconiche dell'essere, ombre trasformate in parole su di un mondo cupo e ingiusto.

"Nel giardino dell'esistenza, la morte non dovrebbe cogliere i fiori prima che essi sboccino."

Fu proprio questa massima, casualmente letta su quel quaderno, a farmi riflettere profondamente.

In un'altra occasione, mentre sfogliavamo un vecchio libro di favole, proprio l'illustrazione de "La Morte e il fabbro" dei fratelli Grimm, suscitò in lei una reazione avversa. Tanto che, a piè di pagina, premendo forte con la punta della matita, incise sottolineandolo: "Non aprire il varco!"

Anche se appena tredicenne Iniziai quindi a comprendere l'origine della sua natura; era evidente che fosse uno spirito errante, un fantasma, con chissà quale incombenza irrisolta, legato a me da un mistero che ancora mi sfuggiva.

Fui io, allora, a iniziare a porle domande a raffica, una dopo l'altra. Provai a scrivere e disseminare in giro interrogativi sul suo conto, ma la cosa non le fu particolarmente gradita, poiché tutti i fogli di carta che adoperavo, venivano strappati a mo' di coriandoli.

Come l'acqua, con la sua costante insistenza scava la roccia, speravo di riuscire nel mio intento e invece, senza rendermene conto, l' allontanai da me per un periodo che non so quantificare.

Quando la rividi, entrambi eravamo diventati piú che adolescenti.

Le rivolsi le mie piú sincere scuse, ottenendo il suo assenso con un cenno del capo. Poi, senza remore, si avvicinò e mi strinse forte in un abbraccio amorevole che paradossalmente, risultava gelido.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 28 ⏰

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