Può esistere un "noi"?

116 15 30
                                    

Nicholas

La musica all'interno del locale mi riempe i timpani, provocandomi l'impulso di mettere le mani sopra le orecchie.
Molly si guarda intorno, spaesata e per niente abituata a posti del genere; sfortunatamente so perché è qui e cosa sta cercando, o meglio chi.
Da quando ha visto quella foto non fa altro che ripensarci, studiarla ossessivamente per memorizzarne i tratti.
L'odore pungente dell'alcool mi fa venire la nausea però mi trattengo, deglutendo a fatica e ricordandomi il motivo della mia presenza.
Lo stai facendo per tua sorella, mi rimbecca la mia coscienza, e magari per spaccare la faccia ad Alejandro.
Le mani mi formicolano per il desiderio di realizzare la mia fantasia, adesso più reale che mai.
La rabbia aveva preso il sopravvento quando il messaggio di Claudia aveva squarciato l'atmosfera di gioia appena creata; vidi gli occhi di mia sorella venir imbrattati dalle lacrime e mordersi la guancia per non scoppiare a piangere, capii subito che aveva bisogno di conforto, per questo mi ero alzato di scatto per raggiungerla.
Stringeva il telefono con talmente tanta forza da poterlo spaccare, le misi una mano sopra la sua per tranquillizzarla, mentre Greta le accarezzava dolcemente la schiena.
Notando la causa del suo malessere, non ci pensai due volte a sollevarmi da quel divano e far visita a quel ragazzino impertinente e alla sua nuova fidanzata.
Un velo di vendetta mi era calato sulle palpebre, oscurandomi la vista e corrodendomi da dentro, lentamente come il peggiore dei veleni.
Ho provato a ofuscare, reprimere la gelosia e la diffidenza che nutro nei confronti di Alejandro, il quale spero si stia strozzando con un sorso del suo dannato drink; eppure avevo ragione fin dall'inizio.
Non ci si deve fidare delle persone, specie quelle che ti promettono di non ferirti perché saranno le prime a farlo, utilizzando ogni mezzo a loro disposizione e facendolo nel modo più doloroso, dilaniandoti dalla sofferenza.
E perché pensi a tuo padre mentre idei queste parole? Domanda la mia voce interiore.
Perché se quel giorno non avessi scoperto la verità, forse mi vorrebbe ancora bene. Sapendo quello che ha fatto, però, non credo ne abbia mai voluto ai suoi figli.

Mentre formulo questi pensieri, mi accorgo di non riuscire più a scorgere mia sorella e Greta.
Muovo la testa a destra e sinistra, sperando di vederle tra la folla ma i miei tentativi si rivelano futili.
Mi incammino per il locale, raggiungendo la pista e tornando indietro perché troppo affollata, giungo in un angolo più nascosto e meno affollato per mettermi in punta di piedi e cercare una chioma bionda e una castana.
Devo ragionare, mettere in ordine le idee e dargli un senso per non impazzire.
Come mia sorella, neanch'io sopporto le feste, specie se svolte all'interno delle discoteche.
Mi piace passare il tempo in compagnia con i miei amici, uscire con loro e divertirci la sera ma quando organizzano serate di questo genere, mi tiro sempre fuori, intimorito di perdere il controllo.
Una tra le mie paure più grandi è proprio questa, seconda a quella di non riuscire a difendere chi amo; non sopporto di formulare concetti fuori dalla mia portata, vederli crescere e sopraffarmi, non riuscendo a fermarli potrei impazzire e spaventarmi di me stesso.
Sono rare le occasioni in cui è successo: la prima volta è stato quando vidi il corpo inerme di mia madre e le corsi incontro invece di restarmene in casa, ripensandoci adesso avrei agito diversamente, assicurandomi di non avere alle spalle Molly e a osservarmi mio padre.
Se qualcuno mi chiedesse a quanti anni la mia vita abbia iniziato ad andare a rotoli, probabilmente risponderei al mio settimo compleanno.
Un bambino così giovane e innocente, macchiato dalle tenebre di coloro di cui doveva fidarsi, ha scoperto fatti più grandi di lui, facendolo tacere per gli anni avvenire.
La mano nella tasca di mio padre, in una posizione apparentemente normale, in realtà nasconde un segreto di portate inimmaginabili.
Prima di scoprirlo, la notte mi chiedevo perché quel giorno non fosse intervenuto, seguendomi verso sua moglie.
In un primo momento ho pensato fosse ubriaco, risposta abbastanza plausibile ma non convincente, poi diverse ipotesi hanno cominciato a susseguirsi nella mia testa.
Alcune più tragiche di altre, finché non si è verificato il secondo evento in cui ho perso il controllo.
Con la curiosità che mi contrastingueva a quell'età, in una giornata soleggiata di inizio settembre e il silenzio a riempire la casa, scesi le scale dal piano superiore per dirigermi a quello inferiore in cui si trova lo studio di mio padre, il quale fronteggia la cucina.
Da che ne ho memoria, la sua porta è stata perennemente chiusa a chiave, soltanto lui poteva entrarci, penso che neanche mia madre abbia messo piede lì dentro.
Fortunatamente quel giorno era a lavoro, così come Paula, invece mia sorella era a scuola, io avevo finto di stare male per poter attuare il mio piano.
Avevo rubato la chiave il pomeriggio precedente, l'avevo trovata nel portaoggetti dell'automobile di mio padre, una volta raccolta me l'ero infilata in tasca e custodita come se fosse un tesoro prezioso.
La infilai nella serratura, girai tre volte a destra e una a sinistra - codice scelto da mio padre che gli avevo visto fare più volte di nascosto, imparandolo per poterlo replicare al meglio - e il suono dell'apertura della porta mi aveva fatto fischiare i timpani, talmente ero impaurito di venir scoperto.
Sgattagliolai all'interno in punta di piedi, i miei passi erano attutiti dall'enorme tappeto verde smeraldo posto al centro, mi guardai intorno per studiare meglio l'ambiente.
Alla mia sinistra c'era una scrivania in mogano sulla quale dei quaderni creavano confusione, insieme a varie scartoffie.
Più avanti c'era una libreria in betulla, i libri appartenevano a mia madre quando frequentava l'università.
Vicino ad essa si trovava una cassettiera impolverata, un cassetto lasciato aperto mi fece avvicinare.
Con lentezza posai la mano sul pomello in oro, talmente lucido da riflettere la mia immagine, lo ruotai appena e il cassetto si spalancò totalmente.
Quello che trovai all'interno mi segnò a vita.
Con occhi sgranati studiai gli oggetti al suo interno, rovistai tra le fotografie e lessi un taccuino in pelle nera con sopra le iniziali M&A.
Le prime pagine raccontavano della storia d'amore dei miei genitori, tutte datate, passando a quelle più recenti il sangue mi si gelò nelle vene, smettendo di scorrere.
Ero così immerso nella lettura che mi avrebbe rivelato la verità da non accorgermi del rumore di una macchina parcheggiata nel nostro vialetto, una porta aprirsi e dei passi farsi sempre più vicini, forse troppo.

la Reina de la NocheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora