Addio

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Nicholas

Un'ora prima

Avete mai pensato di essere un'errore?
Osservare le persone intorno a voi realizzarsi, raggiungere i propri obiettivi e venir supportate.
E mentre loro scalano la montagna per giungere alla vetta che li porterà al successo, voi a malapena riuscite a vedere la cima.
Sentirsi sempre fuori luogo, capire di non essere come gli altri, isolarsi dal mondo poiché si ha paura di non venir compresi.
Perfino la mia nascita non era programmata, l'universo ha deciso di plasmarmi fin da piccolo, trasformandomi in un ragazzo diverso, il quale non riesce a relazionarsi seriamente con qualcuno.
Riesco a farmi degli amici e vado d'accordo con le persone, intavolo discorsi e faccio ridere la gente, eppure non riesco a sentirmi a mio agio.
È come se tutti fossero un passo avanti a me e, non appena anch'io lo compio, essi si spostano nuovamente, non riesco a raggiungerli, pur avendoceli davanti.
Nonostante gli sforzi, il provare ad accettare me stesso e il mio strano carattere, i vari miglioramenti... nessuno vuole avere a che fare con me.
Come biasimarli, a chi farebbe piacere la compagnia di un ragazzo che sta ancora cercando di trovare se stesso?
Vengo paragonato al tramonto, però per una volta vorrei essere l'alba; mi invitano alle feste per poi sfruttarmi per il divertimento; esco con i miei amici e, quando torno a casa, provo una sensazione di vuoto, quasi non mi fossi goduto appieno quei momenti; aiuto gli altri e nessuno mi ringrazia; chiedo una mano ma non me la porgono; mi definiscono apatico perché mi rinchiudo nella mia testa, però non sanno che lo faccio perché a volte sono stufo di sentirmi diverso, lì dentro ho tutte le risposte alle mie domande, niente è complicato.
Nelle mie fantasie sono un dottore, salvo le vite delle persone e, in un universo parallelo, ho evitato la morte di mia madre.
Sogno di viaggiare per cercare il mio posto su questa terra, eppure non voglio ammettere che potrei perlustrare ogni singolo centimetro ma, finché non scoprirò chi sono, ovunque andrò non cambierà niente, sarò sempre io.
Sono diverso dalla massa, non gradisco le stesse cose dei miei coetanei, tendo a non rimanere troppo solo con la mia mente, mi fido di poche persone, sono amico di tutti ma nessuno mi ritiene veramente tale, se avessi un problema lo risolverei da solo.
Fin da bambino mi dicevano che non ero un'errore, tuttavia non ci ho mai creduto.
"Non sei sbagliato, sei speciale" mi ripeteva mia madre.
E se speciale significa non venir gradito e dovermi adattare agli altri, preferirei esser nato comune.
Perché in tal caso le persone mi avrebbero accolto con piacere, sarei riuscito a camuffarmi tra la gente e non mi sarei sentito un puntino bianco in mezzo a una macchia colorata.
Persino la mia famiglia mi reputa diverso, quindi perché io dovrei sostenere il contrario?
Mia madre mi diceva che non ero un'errore, però il suo sguardo di rassegnazione parlava chiaro: se non fossi nato, metà dei suoi problemi non esisterebbero.
Mio padre a malapena mi guarda in faccia, quando ero piccolo mi ignorava completamente e non si tratteneva nel picchiarmi.
Mia sorella mi vuole bene, tuttavia non potrebbe comprendermi, lei è sempre stata la preferita, la figlia di cui si va fieri, quella a cui vengono presentate le occasioni migliori, colei che viene mostrata al pubblico con vanità.
Io vengo lasciato in un angolo buio, non brillo sotto i riflettori, certe volte vengo dimenticato e pochi si accorgerebbero della mia assenza.
Non sono geloso di Molly, è la dura verità con cui devo convivere, altrimenti finirei in un pozzo senza via di fuga, rimarrei a marcire sul fondo e verrei ritrovato dopo anni.
Sono 'in più', non servivo eppure mi sono presentato lo stesso, volevano evitarmi ma sono capitato.
Non rimpiango la mia esistenza, solo che alle volte credo che qualcun altro si sarebbe meritato il mio posto, io non ne sono degno.
Le persone mi usano, sfruttano la mia gentilezza e mi ignorano quando sono io a rivolgermi a loro.
Tornassi indietro, avrei compiuto altre scelte.
Avrei tenuto gli occhi chiusi mentre assistevo a Paula che consegnava le chiavi della macchina a mio padre, non sarei entrato nel suo studio, non avrei baciato Edward, avrei strappato il bigliettino per Molly e non avrei scritto quelle due lettere.
Nicholas Packsing è colui a cui si aggiunge all'ultimo un posto a tavola, gli viene chiusa la porta per lasciarlo fuori al freddo, lo si nasconde per non far sfigurare la sorella o la famiglia, dovrebbe essere grato di ricevere un pasto caldo e un tetto sopra la testa, se non gli si danno attenzioni va bene comunque, con lui bisogna utilizzare le maniera forti per farlo ragionare, vive nella sua testa e non permette agli altri di accedervi, è disposto a salvare tutti ma nessuno farebbe lo stesso per lui.
Invece io volevo essere un ragazzo solare, capace di mettere se stesso al primo posto, non essere messo da parte e trascurato ma solo amato.
Tuttavia ho capito che in questa vita non verrò mai amato nel modo che desidero, forse nella prossima sarò in grado di avere rispetto per me e non concedermi al primo che mi da attenzioni.
Eppure, so già che fallirò, perché lo faccio tutte le volte.
Attraverserei il fuoco, camminerei sui carboni ardenti, starei sott'acqua finché i polmoni non inizierebbero a bruciare, donerei tutto il mio sangue per le presone a cui tengo; però nessuna di loro ricambierebbe.
Continuo a sbagliare ma forse il mio problema è questo, non voglio fare giusto perché altrimenti mi verrebbe proposto un nuovo problema e io dovrei ricominciare, facendo tutto da capo per l'ennesima volta.
Da ragazzino volevo salvare il mondo, ora vorrei che il mondo salvasse me.

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