Parte 2

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 "Non ha senso farsi prendere dal panico".

Può ancora riuscire a salvarsi. Se rimane lucida e riflette freddamente su quanto ha visto... forse questa è la volta buona che riesce a salvare qualcuno. Cosa che non è mai riuscita a fare.

Le indagini troppo lente, la burocrazia che intasava le sue ricerche... problemi di privacy, riluttanza della polizia a fidarsi di quel 'sesto senso' che non hanno mai capito, né accettato.

D'altronde, Giulia non può biasimare nessuno. Se non fosse stata lei stessa al centro di quelle visioni, se le avessero raccontato di interminabili notti e sogni che si rivelavano profetici, ci avrebbe creduto?

Si prende la testa tra le mani. Sta ancora tremando.

Vent'anni di vita. E fin dal primo momento che riesce a ricordare, i sogni ci sono sempre stati. E per fortuna che Giulia non è mai stata una dormigliona.

Ma la notte prima o poi, arriva sempre. Ogni tramonto un'agonia, ed ogni alba una promessa di Speranza: che ci fosse ancora tempo di aiutare qualcuno, che ci fosse ancora la possibilità di salvare una vita. Le lunghe ore del giorno di solito promettono giustizia.

Ma poi la notte torna, leggera e silenziosa come sempre.

Quando era piccola credeva che avrebbe potuto fermare l'avanzata del buio con la sola forza del pensiero. Chiudeva gli occhi e pregava con tutte le sue forze, perché la notte non scendesse. Invece calava, come una scure, accecando la luce del giorno. Allo stesso tempo, il sonno tornava a farle visita.

Notti di veglia disperata, mentre i voti a scuola peggioravano.

Problemi d'insonnia, che avevano spinto i suoi genitori a portarla da uno psichiatra.

"Da quanto tempo è che non riesci a dormire, cara?", aveva chiesto quello, alzando un sopracciglio brizzolato.

Una faccia grigia, una voce monocorde. Doveva essere abituato alla gente matta. Ascoltava in silenzio e prescriveva medicine senza stupirsi più di nulla.

Giulia aveva desiderato di non fare quella fine. Che i sogni continuassero a destabilizzarla. Pur di non diventare indifferente, asettica come quell'uomo. Un uomo che non aveva odore, né spessore, né identità.

"Non è che non ci riesco...", aveva risposto con rabbia, "...è che non voglio".

Ma forse il tono non era stato minaccioso come avrebbe voluto.

Aveva dieci anni e tante ore di sonno arretrato. Giorni di caffè presi al bar di nascosto. Le occhiatacce della cameriera e la faccia stupita del padrone che le chiedeva: "Ma non sei troppo piccola per bere caffè?"

Giulia aveva girato tutto il paese sulla vecchia bici scassata. Alla fine aveva trovato un posto mal ridotto –si diceva che i gestori avessero un sacco di debiti-; c'erano in giro facce truci, vecchi alcolizzati che non schiodavano le chiappe fino a notte inoltrata, continuando ad ingurgitare liquore scadente.

Ad ogni modo, lì non facevano domande. Tutti sapevano il suo nome e quello dei suoi genitori. Ma nessuno avrebbe fatto la spia.

Anche nei piccoli paesi ci sono luoghi dimenticati da Dio. E dai carabinieri.

'Quella ragazzina', diceva la gente, 'è strana. Pare l'abbiano vista da Mimmo...'.

Le donne si portavano una mano alla bocca, scandalizzate, neanche il povero Mimmo sommerso dai debiti fosse il diavolo in persona. Giulia comunque, non aveva nulla contro di lui. La faceva sedere sullo sgabello alto, che quasi le dava le vertigini; le passava la tazzina di caffè lungo facendola scivolare sul bancone nero e lucido. Impediva che i vecchi porci la molestassero.

MEMENTO MORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora