Chapter One

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Chapter One

Stramaledetto Clifford. Stramaledettissimo Clifford. Antipatico, stronzo e maledettissimo Clifford. Lo odio. Lui e la sua fottutissima vita perfetta. Lui con i suoi amici perfetti.
Sì dai, sbattiamo in faccia alla scuola quanto siamo perfetti.
Li odio tutti. Odiavo Luke con i suoi occhi color dell'oceano. Sam, quella bomba sexy della sua ragazza. Quei due sembravano usciti da una sitcom degli anni cinquanta, tutto sorrisi e niente problemi. Poi c'era la coppia dell'anno. Il Signor Irwin e Gemma so-tutto-io. Odiavo pure quelli. Kylie Stevens, la ragazzina top model che "aveva avuto problemi di autostima". Ma più di tutti odiavo quello stronzo montato di Clifford. Odiavo il fatto che fosse così bravo in chimica, l'unica materia dove facevo schifo. Odiavo il fatto di dover prendere ripetizioni da uno come lui. Tre ore di ritardo!
Lo odio.
Chiusi con forza il libro, facendo voltare due secchioni che mi scoccarono delle occhiataccie. Feci una smorfia ed uscii dalla biblioteca. Mi misi la giacca e riaccessi il telefono che avevo spento quando ancora pensavo che sarei riuscita a strudiare qualcosa per il compito del giorno dopo. Ma Clifford aveva rovinato i miei piani. Di nuovo.
Chiamai mia madre, ma lei ovviamente non rispose. Così, cercando di sopprimere tutte le imprecazioni verso mia madre e quel deficente colorato di Clifford mi incamminai verso casa. Il vento mi sverzava il viso e il freddo mi entrava nelle ossa. Svoltai l'angolo per 11 september street quando il telefono iniziò a vibrarmi nella tasca dei Jeans. All'inizio lo ignorai ma quando quello iniziò anche a suonare capii che qualcuno mi stava chiamando. Con le mani viola per il freddo schiacciai sul tasto verde senza neanche guardare il nome comparso sullo schermo.
"Chi è?"
"Sono io"
Io sospirai.
"Axi"
Alexandra McFlick. Per tutti McFlick, per me Axi. La mia migliore amica.
"Che c'è?"
Le chiesi io dato che dall'altra parte sembrava tutto muto. Aggrottai le sopracciglia in attesa della sua risposta. Alexandra era fatta così. Ogni settimana trovava qualcosa da fare, e ogni ennesima volta cercava di coinvolgermi. Invano.
"Sì, giusto. Cyeril, ci hanno invitato ad una festa."
Io cercai di captare il tono scherzoso della mia amica ma lei era totalemente seria. Scoppiai a ridere, facendo voltare qualche passante.
Cyeril, trattieniti.
"Ah sì? E sentiamo, chi ci avrebbe invitato ad una festa?"
"Matthew."
***
"Andiamo, non avevi qualcosa di più provocante da indossare? È la nostra prima festa!"
"Senti, carina. Questa è Baltimora non, da dove vieni?"
"Lo sai che vengo da Los Angeles."
"Questa non è L.A. e qui non c'è nessuna Melorse Avenue dove volano vestiti alla Sex and the City."
"Quella è New York."
"È uguale. E poi non sono mica la Herris che va in giro con i vestiti appena passati in lavatrice e ristretti apposta."
Axi scoppiò a ridere. Camminavamo una di fianco all'altra. Lei aveva indossato uno strano vestito nero, che evidenziava ogni sua curva. E un paio di tacchi che facevano un rumore fastidiosissimo, al contatto con la strada.
Patetico.
Svoltammo l'angolo e iniziammo a sentire la musica uscire da quello squallido appartamento.
"Ti prego, spiegami come hai convinto i tuoi ad uscire."
"Qualche bugia qua e lá, che comprendevano lo studio."
Axi mi guardò stranita mentre apriva il cancelletto della casa. L'alcool mi fece girare la testa e il fumo mi riempì i polmoni.
"A mezzanotte?"
"Sai come sono i miei"
"Lo studio prima di tutto!" Urlammo insieme, facendo voltare qualche troia in veste da Cheerleder intenta a infilare la lingua in bocca a qulache ragazzo. Ad ogni passo che facevo ero sempre meno convinta delle mie azioni. Axi mi sorrideva, e io decisi che lo avrei fatto per lei. Entrammo in casa e subito capii perché non ci avevano mai invitato ad una festa. In realtá, perchè non mi avevano mai invitato ad una festa. Alexandra era molto più popolare di me e una volta Ashton Irwin le aveva dato un invito alla sua festa di compleanno. Lei lo accartocciò e lo buttò nel primo cestino che vide ribadendo convinta il fatto che se non fossi stata invitata anche io, lei non si sarebbe presentata. In veritá, lo aveva fatto solo perchè quello per cui aveva una cotta sarebbe stato presente. Mi guardai intorno, come ero solita fare quando mi trovavo in un ambiente sconosciuto. Dall'entrata si intravedeva la cucina, piccola ed angusta, illuminata dai tanti super alcolici che giravano da quelle parti. La musica rimbalzava da tutte le parti (musica messa su da un Dj troppo occupato a palpeggiare una ragazza per cambiare canzone).
Sentii una pressione sulla mano. Mi girai e vidi Axi sorridermi, facendo illuminare i bellissimi occhi azzuri che tanto le invidiavo.
"Non perdiamoci di vista."
Le sussurrai all'orecchio. Lei annuì vigorosamente.
"Sono d'accordo. Non voglio che tu perda la verginitá in un posto del genere."
Rise di se stessa e mi passò un braccio attorno alle spalle.
Feci per contraddirla, dicendole che non ero vergine(cosa assolutamente falsa) ma lei mi liquidò con un gesto vago della mano capendo le mie intenzioni.
Mi trascinò verso un angolo della sala dove un ragazzo scekerava coktail come se fosse in discoteca. Anche se io in discoteca non ci ero mai stata. Andai a sbattere contro qualche ragazzo del mio corso di chimica e per un attimo sperai di incontrare Clifford per dirgliene quattro. Poi mi ricordai di che essere rivoltante era e mi pentii dei miei pensieri. Un ragazzo davvero carino del mio corso di Letteratura Francese mi squadrò dalla testa ai piedi prima di scoppiare a ridere. Abbassai il capo imbarazzata e ferita. Quella roba non faceva per me.
Alexandra mi lasciò un coktail verde in mano e mi incitò a bere. Sembrava così disinvolta che mi chiesi se non c'era giá stata in un posto così.
Finì il suo bicchierino pieno di Gin tonic con un solo sorso. Io apppggiai il coktail verdognolo e appicicoso su un tavolino in mezzo alla sala. Non avevo intenzione di bere o di ubriacarmi. Mia madre mi avrebbe di sicuro aspettato sveglia all'una, ora stabilita per il mio ritorno. E poi quel coso emanava davvero un odore disgustoso. Axi mi trascinò in mezzo allla sala e iniziò a muovere i fianchi. Una ragazza mi diede una gomitata nello stomaco. Strizzai gli occhi per sopprimere il dolore come mio padre mi aveva insegnato.
Cercai Axi ma non la trovai.
Al diavolo
Pensai. Mi feci spazio tra quella massa di gente fregandomene delle imprecazioni che mi dedicavano. Presi un respiro profondo e ringraziai il mio buon senso per essermi messa le converse. Vedevo la porta dalla quelle ero entrata poco più di dieci minuti fa. Mi girai un ultima volta verso quello schifo e mi sembrò di scorgere la chioma di Axi scomparire dietro la curva delle scale che portavano al secondo piano.
Squallido.
Uscii dopo aver pestato il piede di una ragazza che mi guardò in cagnesco.
"Ehi cinesina! Stai attenta a dove metti i piedi!"
La squadrai dalla testa ai piedi ma mi morsi la lingua e decisi che uscire da quell'ammasso di sudore era di sicuro la mia prioritá.
Tirai un sospiro di sollievo quando intravisi il cielo buio e in lontananza il Liberty Building. Inspirai a pieni polmoni.
Che schifo essere un'adolescente
Camminavo per 11 September Street. Era solo mezzanotte e mezza ma decisi comunque di tornare a casa. Svoltai l'angolo ed entrai nella mia via quando notai un ammasso di capelli blu. Una figura esile, minuta che barcollava un pò. Lo rinconobbi subito. Iniziai a correre.
Gli arrivai a poco meno di un metro.
"Tu! Brutto stronzo che non sei altro. Io ti odio!"
Iniziai ad urlare ed alcune luci nella casa della famiglia Baxter si accesero. Lui si concentrò su di me. Stava piangendo?
Nah, ridicolo.
"Cyeril"
"No, brutto stronzo! Mi hai fatto aspettare tre ore in biblioteca! Tre fottutissime ore."
"C-cyeril ho bisogno del tuo aiuto."
Feci vagare lo sguardo sulla strada vuota. Il quartiere dove vivevamo io e Mike era uno dei più brutti di Baltimora. Anche se tutti i quartieri a Baltimora fanno schifo.
"Non me ne frega un cazzo Clifford!"
Sputai tornando alla realtá. Mi strinsi nel mio gilet di Jeans. Alzai il capo, sopra la spalla di Micheal.
C'era un ragazzo. Era steso per terra. Affianco a lui c'era una macchia scura che mi fece rivoltare lo stomaco. Sembrava quello stronzo di Heyden, il capitano della squadra di Rugby. Riportai gli occhi su Micheal che ora mi guardava con uno sguardo così intenso da farmi venire i brividi.
Diedi di nuovo un'occhiata a Heyden e poi di nuovo a Micheal. Alla via, e a casa mia, così vicina.
"P-perchè non si muove?" La mia voce era tutt'altro che convinta.
"I-io, Cyeril credo che sia morto."

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