- AMICI? -

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Martedì era arrivato a braccetto col brutto tempo.
Non che a lui importasse, poiché costretto a restare nel piano dei Marigolds, ma era divertente vedere i ragazzi entrare in mensa o in sala relax zuppi d’acqua, dalla testa ai piedi. Ancor più esilarante era la donna delle pulizie che urlava contro tutti perché stavano bagnando il pavimento appena pulito.

Zareb aveva ancora addosso l’ansia della domenica sera.

Non riusciva a scrollarsela di dosso.

Aveva passato tutto il giorno successivo ad allenarsi per alleviare le tensioni corporee e mentali, ma non funzionò.

Quel bacio lasciato in sospeso lo stava mangiando vivo.

Trascorse due notti intere a chiedersi cosa sarebbe successo se l’avesse baciata, se non si fosse arreso alle sue paure. Alla fine, però, finiva sempre sullo stesso pensiero: che lei lo avrebbe rifiutato.

Martedì, invece, si svegliò con il collo bloccato e i muscoli contorti da un terribile riposo. Quando raggiunse la sala parkour, Aleksey notò le sue pessime condizioni. Di conseguenza, ancor prima di salutarlo, decise tra sé e sé che non gli avrebbe fatto fare alcuno sforzo fisico.

«Buongiorno!» disse, mentre Zareb faceva la sua lenta e ricurva entrata.

«Giorno.» esclamò lui, portando una mano sul collo dolente.

«Ho portato la colazione.» replicò Aleksey. Gli occhi di Zareb si illuminarono.

«Potrei innamorarmi di te dopo questo.» rispose il minore.

«Troppo poco professionale.»

Zareb rise, sedendosi sulla panchina che affiancava il muro in vetro.

La sala parkour era la più grande stanza del piano: la parete davanti era fatta di pietra, sembrava la faccia di un dirupo; quella destra era attrezzata con scalini e scivoli in risalto; vicino al muro sinistro, invece, erano ammucchiati altri attrezzi e corde che utilizzavano per scalare e allenarsi in tutta sicurezza. La vetrata, infine, mostrava il corridoio deserto.

Aleksey, seduto sull’altra punta della panchina, scivolò verso di lui e gli porse un sacchetto.

Al suo interno, Zareb trovò un croissant alla crema e una piccola bottiglia in vetro che conteneva il succo di frutta.

«Sei un angelo, grazie.» esclamò lui, uscendo cornetto e succo.

«Non dirlo mai più.» disse il bodyguard, lanciandogli un fazzoletto addosso. Il minore rise, il maggiore fece di tutto per non seguirlo.

Durante il silenzio della colazione, Aleksey cercò di elencare su un foglio di carta i punti da revisionare durante la lezione.

Zareb, invece, lo guardava mangiare il croissant con la mano destra e scrivere con la sinistra. Aveva la schiena ricurva sulla panchina e il viso così abbassato da impedirgli di guardarlo.

«Bene!» sussurrò il maggiore, una volta conclusa la lista. Il suo sorrisetto lo mostrava orgoglioso di sé stesso.

Quando alzò lo sguardo e comprese di essere stato sentito e visto, il suo sorriso crollò e la sua schiena si raddrizzò di colpo.

Schiarì la gola, finì la colazione in un ultimo boccone e si sollevò dalla panchina per buttare la cartaccia nel cestino più vicino.

«Oggi ci concentreremo sulla revisione del tuo stile di combattimento e sulle buone maniere.»

«Buone maniere?» chiese Zareb, accartocciando la busta del croissant e bevendo l’ultimo sorso del succo.

«Sì, Zareb. Buone maniere, quelle che tu non hai.» disse Aleksey.

Zareb cercò di rispondere, ma fu incomprensibile: aveva le guance piene della colazione.

Il maggiore incrociò le braccia al petto e sollevò le sopracciglia, il minore sorrise e ingoiò la grande quantità di cibo non abbastanza masticato. Di conseguenza, dovette darsi dei pugni sul petto per mandare giù il boccone.

«Non è vero.» ripeté, stavolta con chiarezza.

IL CANTO DELLE SIRENE (LA MALEDIZIONE DELL'UNIVERSO #2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora