Prologo

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Immobile, accanto a suo padre, un uomo dalla presenza imponente e dallo sguardo severo, Kieran alzò lo sguardo terrorizzato verso di lui in una muta supplica. Si trovavano davanti alla casa di Zoe, la sua amica di giochi. Intorno a loro, in un cerchio silenzioso e minaccioso, si ergevano alcuni agenti, tutti al suo servizio.

Ti prego padre, non farlo! Ti prego sono brave persone!

Zoe non ha fatto niente! È mia amica!

Il cielo era completamente ricoperto da grosse nuvole grigio-scuro cariche di pioggia, iniziata a cadere da poco.

Le fronde delle cime degli alberi e il grigiore dell'inverno oscuravano la poca luce che caparbiamente cercava di filtrare, rendendo il bosco vicino a Mistyfell triste e tetro.

Il vento soffiava gelido, trasformando le gocce lievi ma fitte in fastidiosi e dolorosi spilli che andavano a conficcarsi sulla pelle scoperta di mani e volto.

Quando vi era una raffica d'aria, quei piccoli aghi ghiacciati riuscivano anche a ferire gli occhi.

Era pieno inverno e il freddo era tale da rendere le estremità del corpo sensibili solo al dolore causato da un intorpidimento avanzato.

Kieran, però, non sentiva più i morsi del freddo troppo sconvolto da quello che stava per accadere. Lui aveva solo dieci anni, ma suo padre aveva preteso che fosse presente all'esecuzione.

La sua anima e il suo cuore erano congelati per l'orrenda ingiustizia che si stava per compiere. Si asciugò frettolosamente e di nascosto una lacrima prima che rotolasse lungo la guancia. Non poteva piangere, suo padre se ne sarebbe accorto e per lui sarebbe stata la fine. Respirava a fatica, a singhiozzi per cercare di impedirsi di piangere e il cuore gli batteva talmente veloce nel petto da sentirsi svenire. Le gambe tremanti lo sorreggevano per miracolo.

Avrebbe voluto urlare: Smettila, basta. Sono miei amici, sono sempre stati buoni con me, ma se lo avesse fatto le conseguenze sarebbero state tremende. La paura, la rabbia, i sensi di colpa e la vergogna per non poter fare niente lo segnarono duramente. I condannati, legati e imbavagliati, avevano gli occhi sbarrati dal terrore, erano scossi dai forti tremori e i loro visi erano stravolti e rigati da un pianto disperato. Guardò nuovamente verso quell'uomo terribile in cerca di un segno di umanità.

Niente. Kieran non se ne stupì.

Il suo genitore era un funzionario operativo di altissimo livello dell'Agenzia, un vero mastino. La sua reputazione lo precedeva: efficiente, spietato, e uno dei migliori a portare a termine qualsiasi genere di incarico, si mormorava tra i corridoi dell'organizzazione.

Tutti gli agenti operativi erano elementi selezionati e addestrati con rigore militare, uomini e donne che avevano rinunciato alla loro umanità in cambio di una cieca lealtà; come suo padre. Il loro unico scopo era una caccia spietata: trovare ed eliminare gli Anomali, così li chiamavano: individui in possesso di un Potere inspiegabile, un dono che considerato una minaccia per l'ordine costituito. Erano ritenuti pericolosi e meritevoli di essere sradicati come parassiti nocivi.

«Gli Anomali devono essere scovati e fermati» ripeteva sempre suo padre.

Fino a quel momento, per Kieran, il termine 'fermati' aveva avuto un significato del tutto diverso da quello che, aveva realizzato con orrore, indicava per quell'organizzazione.

Per quelli appartenenti all'Agenzia voleva dire 'eliminati', 'uccisi'.

Ti scongiuro non farlo! Urlò nella sua testa disperatamente.

Con espressione dura e crudele, il padre, invece, facendo un semplice cenno con la testa, diede l'ordine.

Kieran tra mugugni e stridii disperati dei condannati, che avrebbero dovuto essere urla, vide prima il fumo, poi le fiamme lambire i loro corpi. Vide perire una bambina e i suoi genitori barbaramente e ingiustamente.

Kieran sentì lo stomaco contrarsi e un rigurgito salirgli in gola. Vomitò.

Quel giorno d'inverno, al cadere della prima neve dell'anno, senza neanche un processo, delle persone innocenti vennero giustiziate sul posto.

Quel giorno segnò irrimediabilmente il suo futuro e quello di Zoe.

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