1. apollo

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-apollo, Faith Zapata

<<Non posso>>
<<Si che puoi>> 
<<Non so scrivere.>>
<<Ti prego, Ember, non ricominciamo>>
Sospiro. Cathrine, la mia agente mi guarda sconsolata. È stata l'unica che ha deciso di dare un'occhiata al mio lavoro. Sono una scrittrice. Scrittrice fallita. Sottolineo. È un romanzo, un qualcosa a cui lavoro da quando ho quattordici anni. Deprimente, lo so. Sono Ember Riley, vengo dal Cunnecticut. Ho ventitrè anni e amo scrivere. Il problema è che non ci riesco più. E che con i soldi dei miei racconti io ci devo pagare l'affitto. Ho vinto una borsa di studio per Yale, qualche anno fa, una prestigiosa università del Cunnecticut. Sono invisibile. Non che non mi piaccia, ma preferisco nascondermi dietro ai libri piuttosto che affrontare ciò che c'è là fuori.
Codarda. Forse, dico io, ma finché sta bene a me, voi che problemi avete? Prima vivevo con mio padre, siamo sempre stati io, lui e mio fratello Eric, da soli. Mia madre non è morta, è scappata. Quando sono nata. Se ne è andata. Quindi ci siamo arrangiati io e papà ed Eric. Poi lui si è diplomato ed è andato a vivere in Australia. Così siamo rimasti io e mio padre. Non ho molto da raccontare, sinceramente, ciò che io vivo qui non è molto emozionante. Seguo le lezioni, provo a scrivere, mangio, studio, chiamo mio padre, dormo. Il mio nome significa "ciò che brucia", brace, fiamma. Mio padre mi ha chiamata così per simboleggiare una forza d'animo, per rappresentare qualcosa che arde, che vive. Qualcosa di forte, come il fuoco. Ma no, non sono una di quelle ragazze bellissime con gli le iridi verdi e i capelli ramati, anzi, ho una lunga chioma riccissima e castana, il viso costellato di lentiggini e gli occhi ambrati.

Pianto gli occhi in quellli di Cathrine.
<<Senti, io non è che non mi fido di te, ma di me stessa>> le dico, cercando di restare calma.
<<Non so cosa mia sia successo, andava tutto bene, e poi... mi sono bloccata>> sospiro.
Cathrine incrocia le mani tra loro e dandosi la spinta sui gomiti, si sporge verso di me con la schiena.
<<Lo capisco. Ma sai cosa, se fai così, se ti rassegni, come puoi andare avanti? Scrivi qualcosa che ti rappresenti, che vi rappresenti. Emily è una parte di te, okay? È la tua protagonista, è qualcosa che proviene direttamente da dentro di te. Va a casa, ora, e riflettici.>>
Faccio cenno di sì con il capo. Poi afferro il cappotto ed esco dallo studio, diretta a Yale.

Quando esco dall'ufficio, fuori piove. Non è una pioggia emozionante, un temporale o che so io. È una noiosa pioggerellina fine fine. Apro l'ombrello e m'incammino verso la fermata dell'autobus.

Finalmente il veicolo è arrivato. La pioggia ha rallentato tutto il normale traffico che già è solitamente presente qui. Salgo, e mi accaparro un posto libero quasi subito. Vicino a me si siede un ragazzo. Non gli presto molta attenzione, finché, con la coda dell'occhio, non noto che mi guarda quatto quatto. Sposto allora un po' la testa nella sua direzione.
<<Ciao>>
<<Ciao>>  rispondo, anche se suona un po' più come una domanda.
<<Sono Andrew>> mi dice il ragazzo.
Prendo coraggio <<Piacere, Ember>> replico porgendogli la mano.
Lui la stringe compiaciuto.
<<Hey, vai a Yale?>> mi chiede Andrew, notando il mio borsone marchiato con lo stemma dell'università.
<<Si>> rispondo sorridendo. Non so perché, ma in questa grigia giornata, questo alto, biondo e lentigginoso ragazzo dagli occhi color cielo, sembra rallegrare il clima.
Lui sposta un lembo del suo giubbotto, mostrandomi la felpa sotto di esso, marchiata Yale. Mi regala un sorriso a trentaquattro denti.
<<Cosa studi a Yale?>> chiede.
<<Vorrei diplomarmi in Architettura, ma frequento numerosi corsi di scrittura>>
<<Ti piace scrivere?>>
<<Moltissimo>> rispondo, con una punta di rimpianto nella voce.
Lui se ne accorge e mi chiede:<<Tutto bene?>>
<<Si, non è niente. Tu invece in cosa ti diplomerai?>>
<<Beh, io sto studiando nel dipartimento artistico, perciò...>>
<<Wow, disegni>> rispondo ammirata.
<<Già>> risponde arrossendo un po'.
Ad un certo punto il pullman si stoppa bruscamente.
<<Università di Yale>> annuncia la voce metallica dagli altoparlanti.
<<Bene, siamo arrivati>> dice Andrew allegramente.
<<Già, bene>>
Prendo le mie cose e mi avvio verso l'uscita dell'autobus, quando noto che c'è qualcuno che mi sta aspettando per andare: è Andrew.
Questa vista mi fa sorridere.
<<Andiamo?>> chiede.
Annuisco sorridendo, mio malgrado.
Scendiamo dall'autobus e attraversiamo l'immenso cortile umido e bagnato dalla pioggia. Ovviamente oggi non ci sono studenti rilassati sui prati verdi del giardino, a leggere o studiare, ma questo posto resta sempre bellissimo secondo me.
Una volta nell'atrio faccio subito per girare a sinistra, ma una voce mi ferma.
<<Io... sono nei dormitori del primo piano, perciò... giro di qua>> mi dice Andrew indicando la scalinata a destra.
<<Oh, ehm, certo, allora... ci... ci si vede>>
<<Ma certo>> sorride, portando l'angolo della bocca verso l'alto.
Gli sorrido anche io, poi mi giro e salgo su per le scale.

*

<<So I'm coming with you, wherever you go
I don't care where we end up, Apollo.
I'll sing you a love song, read me a poem
Take me to Greece or take me to Rome
And when you're writing, let me be your muse
I'm no Aphrodite, but I'll have to do
So I'm coming with you, wherever you go
I don't care where we end up, so let's take it slow, Apollo>>

Il bussare alla porta del mio dormitorio mi risveglia dal mio canticchiare. Amo questa canzone. Mi sfilo gli auricolari e poggio lo straccetto con il quale stavo pulendo. Mi avvicino alla porta e la apro.
<<Hey! Come è andata all'ufficio di Cathrine?>> Ava, la mia compagna di stanza, fa subito irruzione in camera.
<<Beh, poteva andare meglio>> rispondo lasciandomi cadere sul letto, sconsolata.
Ava si gira verso di me. <<Hey, vedrai che si sistemerà tutto, okay? Oh, vieni qui!>> dice allargando le braccia invitandomi ad un abbraccio.
Sorrido e mi dirigo verso di lei. Mi fa ridere, tante volte, è esattamente l'opposto di me, allegra, positiva e scherzosa. Ci siamo conosciute il primo anno, per via della camera.

<<Ma adesso, le cose importanti: qualcuno di carino??>> chiede Ava con i grandi occhi azzurri illuminati.
Penso e per un attimo mi viene in mente Andrew. Il problema è che non saprei come definirlo. Carino? Ci siamo incontrati meno di tre ore fa.
Simpatico? Si, ma ancora non lo conosco così bene. Di certo però non è neanche antipatico, anzi è stato gentile.
<<Nessuno>> decido di rispondere con le pupille puntate verso il basso.
Ava mi guarda. Mi fissa.
<<Ember>> dice <<Guardami negli occhi>>
Alzo lo sguardo: i suoi occhi chiari sono puntati nei miei. Ammutolisco.
<<D'accordo, ma ci ripensiamo tra qualche giorno>> passa in rassegna Ava, ridendo tra sè e sè.

*

Appena finita la lezione di Architettura, mi alzo dalla sedia e mi avvio verso l'aula del corso di scrittura. I corridoi sono trafficati e pienissimi di alunni che spintonano e corrono per raggiungere le loro aule. Ed è proprio per uno di questi precipitosi spintoni che un ragazzo, urtandomi la spalla con lo zaino, mi fa inciampare e cadere, che per poco non finisco con la faccia a terra. Non si ferma neanche. Impreco a bassa voce.
<<Si può essere così maleducati?!>> sussurro tra me e me.
Una figura alta si ferma accanto a me, e poi si china alla mia altezza.
<<Ember?>>
Alzo il capo. Non ci credo. È Andrew!
<<Hey, tutto bene?>> mi chiede.
<<Oh, ehm... ciao, mi hanno urtata.>>
<<Oh, tranquilla mi capita di continuo>> mi consola lui, dandomi una mano a raccogliere i miei libri da terra. Wo, aspetta un attimo... perché tutto questo sembra un film americano?
Quando alziamo gli occhi, le nostre iridi si incrociano in un attimo di silenzio.
<<Ehm...allora... tu sei a posto, giusto? Cioè, io posso andare, sì?>>
Vengo colta alla sprovvista. Un po' ci rimango male, ma con incredibile maestria celo il sentimento.
<<Certo, va' pure, e grazie>> gli dico.
Sorride anche lui.
E mentre lo vedo allontanarsi per il corridoio, una strana voragine, nostalgica, ma eccitante, si apre nel mio petto e mi fa sorridere.

Allora🧡
Sono tornata!
Cercherò di impegnarmi di più per questa storia, ma come sapete sono un po' imprevedibile, perciò non prometto niente...
Questa idea mi è venuta qualche sera fa, avevo proprio bisogno di scrivere, scrivere qualcosa di vitale, di un amore  fresco e leggero, da batticuore.
Ma adesso, come vi sembra??
La canzone non è casuale tra l'altro 🤭 dava le vibes giuste🧡

Spero vi piaccia, come sempre🧡

Vostra, Olivia🧡☀️

Piccola Fiamma Where stories live. Discover now