capitolo 13 - the kill

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Slasher è tornato un lunedì mattina. Quando sono andata da lui, all'orario della terapia individuale — ovvero l'unica che può fare al momento — non mi ha rivolto la parola per un'ora intera.

A onor del vero, neanche io ho fatto molti sforzi per cercare una conversazione. La verità è che sono arrabbiata con lui.

Mi ha trattata... male. Non posso descriverlo in nessun altro modo. Ha messo il broncio perché non mi sono svenduta immediatamente come da sua pretesa.

O forse è stato il fatto di sapere per certo che non mi farebbe mai veramente del male. Si è sentito smascherato? Ferito nell'orgoglio?

Non so neanche se è vero, poi.

«Ho bisogno di un'altra matita, dottoressa» dice, senza alzare lo sguardo da terra. Io mi rassetto la gonna plissettata grigia e alzo il sopracciglio, incuriosita.

«Se mi fai leggere qualcosa che hai scritto, sì» minaccio, sentendomi molto furba e fiera di me stessa.

Slasher sembra pensarci un po' su, poi fa una faccia schifata e si avvicina al passavivande con il suo taccuino nero in mano.

Senza parlare, mi avvicino e utilizzo la chiave per aprire lo sportello che mi separa da Slasher.

Quando gli sfioro la mano per sbaglio, mentre mi tende il taccuino, penso che sono stata veramente poco lungimirante a non aver proseguito quella sera...

Non stavo pensando più alla voglia che avrei avuto adesso.

In quel momento, in quel garage, ha vinto la paura di lui.

Quando è segregato dietro questo vetro, lo desidero prepotentemente.

Il senso di tutto questo dovrei riuscire a individuarlo da sola, essendo una psichiatra, ma non ci riesco.

Significherebbe ammettere che una parte di me è terrorizzata dal mio paziente. E non dovrei esserlo.

Slasher ritrae la mano, subito dopo avermi lasciato il taccuino, e se ne torna seduto sulla brandina.

Io richiudo a chiave il passavivande e poi mi infilo l'agenda in tasca.

«Grazie. Domani te lo riporto, insieme alla matita...» sussurro, affrettandomi lontano dalla cella.

Finisco tutte le altre sedute della giornata con urgenza, sfiorando il taccuino nella mia tasca quasi maniacalmente, a intervalli di dieci minuti

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Finisco tutte le altre sedute della giornata con urgenza, sfiorando il taccuino nella mia tasca quasi maniacalmente, a intervalli di dieci minuti. Un po' per assicurarmi che sia ancora lì, un po' per sentire Slasher vicino a me.

Decido che preferisco leggere le pagine che mi avvicineranno al suo cervello nella pace della mia camera da letto.

Non appena torno a casa mi fiondo in doccia, mi preparo un sandwich al tonno e per finire... finalmente... mi sdraio a letto.
Il taccuino saldo fra le mie mani. Lo apro.

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