Capitolo 3

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Io e Stuart il pomeriggio lavoravamo nella biblioteca della scuola. Non ci davano soldi, ma crediti. A me non servivano tanto, ma a Stuart si, quindi mi faceva piacere fargli compagnia. Ed era anche una scusa in più per uscire di casa e non pensare... al passato.
Quel pomeriggio era un pomeriggio molto freddo per essere un pomeriggio di primavera. Di solito qui fa un tantino caldo. Anche se la primavera era appena iniziata, c'erano giorni in cui addirittura le temperature superavano i trenta gradi. Lo so è molto strano, è come se l'inferno saliva in superficie. Ma non era possibile giusto?... giusto?
Una volta arrivato in biblioteca, attendevo l'arrivo di Stuart, lui arriva sempre in ritardo, e non solo in biblioteca. L'anno scorso, al compleanno di Ginny, in estate, doveva portare la torta prima che Ginny arrivasse. Ma non fu così. Non si presentò per tutta la festa e arrivò un'ora dopo che furono finiti i festeggiamenti, con una torta il mano dicendo <<ALLORA! È QUI LA FESTA?>>. In biblioteca c'era la bibliotecaria dietro il bancone, la signora Lee. Di solito quando si immagina una bibliotecaria si pensa ad una donna di una certa età, con capelli grigi e occhiali da vista, e un brutto caratteraccio. Ma in realtà la signora Lee era una donna abbastanza giovane, circa sulla quarantina, e aveva i capelli neri come la pece. Inoltre era davvero dolce, sorrideva a chiunque le passava d'avanti.
Mi avvicinai a lei, e la salutai. Lei ricambio il saluto con il suo sorriso a trentadue denti. Ad un tratto la sua espressione cambió e si trasformò in un volto incuriosito.
<<Allora,Max, dov'è il tuo amico Stuart?>>. Io ero lì lì per rispondere, ma mi accorsi che si stava già dando la risposta da sola. <<Oh ma certo, è di nuovo in ritardo... Ah... quel ragazzo non capirà mai i suoi errori>>
<<Già>> dissi facendo un piccolo sorrisetto e accennando qualche nota di una risata.
<<Allora Max, io ora devo andare quindi per favore, quando arriverà di a Stuart di non fare danni come l'ultima volta>>
Stuart aveva fatto cadere un intero scaffale di libri perché voleva dimostrare di riuscire a raggiungere la cima dello scaffale senza la scala. Il solito.
<<D'accordo signora Lee... Buona serata>> dissi un po' imbarazzato.
Passarono circa dieci minuti da quando sentì la porta della biblioteca essere chiusa dalla signora Lee, e Stuart non mi rispondeva ancora al messaggio. Gli avevo scritto per sapere l'orario in cui si sarebbe presentato, ma il messaggio non gli era neanche arrivato. Quella biblioteca era molto grande. La illuminava solo la luce del sole grazie all'enorme finestra che si trovava sul soffitto a destra. Ma iniziava a farsi buio quindi molto presto si sarebbero dovute accendere le luci. Di solito si accendevano alle sei, ma le nostre luci erano automatiche e la nostra scuola andava sempre sul risparmio, quindi riscontravano molti problemi. Per questo molto spesso si accendevano dopo tanto tempo in confronto a quando si dovevano veramente accendere. Era la prima volta che li non c'era la signora Lee, perché quel giorno aveva un appuntamento con un uomo incontrato su tinder. Quindi era molto inquietante restare li, da soli, quasi totalmente al buio, con delle luci automatiche che non si sarebbero accese, e che quindi sarebbe stato un po' di tempo al buio più totale. Io avevo il terrore del buio. Ogni volta che ero al buio, mi saliva sempre l'ansia... e il mio cervello proiettava l'immagine di quell'uomo..., rivivevo tutta la scena, ancora e ancora fino a quando non mi addormentavo, o svenivo. Era capitato molto in quei mesi.
Erano quasi le sei, il sole tramontava, e la stanza si faceva sempre più buia, ogni secondo che passava. E proprio li, in quel turbine di ansia e strani pensieri che lo vidi. Lo vidi passare da uno scaffale ad un'altro. Dalla bocca uscivano grugniti e una risata spaventosa, sembrava che si stesse prendendo gioco di me. Io ero, fermo, immobile. Non potevo muovermi, non riuscivo a muovermi. Era come se il pavimento mi stesse trattenendo, e che qualcuno mi teneva stretto nelle sue mani per non farmi muovere neanche un dito. Il mio petto iniziava a gonfiarsi e a sgonfiarsi, in continuazione, perché stavo ansimando, e nel frattempo il mio cuore batteva all'impazzata... quando... si accesero le luci e udì una voce.
<<Eih Miller>>
Mi voltai. Era Stuart. Finalmente era arrivato.
<<Tutto bene? sembra che hai visto un fantasma>> dissi con un'espressione confusa che cercava di nascondere dietro una risata. E in effetti avevo visto un fantasma, o una specie, ma loro già mi credevano pazzo, non volevo che sapessero che vedevo anche i fantasmi di persone morte.
<<Ehm...>> tossì due volte per schiarirmi la voce <<si... si va tutto bene>>
Lui aveva in volto ancora quell'espressione così per distrarlo da quella scena dissi <<Ei comunque..., accendilo qualche volta il telefono, non ti sei fatto sentire per niente e in più non rispondi ai messaggi>>
<<Oh scusami, non te l'ho detto?>>
<<Che cosa?>>
<<L'altro giorno al cantiere mi è caduto nel cemento ancora fresco... e poi... beh... si è asciugato>> oltre ad arrivare in ritardo e a fare tante cavolate, Stuart era anche molto imbranato.
<<Ah beh, una delle solite giornate di Stuart McVay>> dissi con un sorriso volto, prendendolo in giro. Lui fece un mezzo sorrisino. <<Comunque, che cosa stavi facendo stamattina? perché non sei venuto a scuola>> Chiesi.
<<Oh mio dio quante domande. CHI SEI MIO PADRE?>> Sbuffo. Ma comunque mi rispose. <<Stamattina ero di nuovo al cantiere con mio padre, serviva una mano, e così ho saltato scuola>> Come al suo solito. <<Poi sono arrivato a casa, e mi sono fatto un doccia il prima possibile per venire qui>>
<<Stuart>> alzai gli occhi.
<<Sai che non puoi perdere così tante lezioni. Altrimenti verrai bocciato>>
<<Appunto lo so, come hai detto tu, non serve che me lo ripeti, o mi fai la parte chiaro>> non risposi, sembrava troppo arrabbiato. Forse aveva passato una brutta giornata, quindi lasciai stare.
<<Ok, d'accordo>> dissi in fine.
Siamo stati un bel po' in silenzio, erano le sette. Mancava solo mezz'ora e avremmo chiuso la biblioteca. Quel giorno non era tanto affollata come al solito. Di solito la gente veniva per studiare perché era un posto tranquillo, ma quel giorno si fecero vedere si o no dieci o undici persone. Poi mi ricordai che dovevo chiedere a Stuart una cosa.
<<Ehi Stuart>> iniziai.
<<Dimmi>>
<<Domani sera i miei non ci sono, così ho invitato Hanna e Ginny per stare un po' insieme, vuoi venire?>>
<<Em.. domani sera?>>
<<Si, c'è qualche problema>>
<<Problema?>> sembrava molto nervoso
<<Nono, non c'è nessuno problema, ci sarò>>
<<Em.. ok>> risposti, senza saper nascondere il mio os guardo confuso.
Si fecero le sette e mezza e tornai a casa. Vidi mia madre mentre cercava di mettere il portatile nella valigia,che si sarebbe dovuta portare il giorno dopo nell'Hotel della città in cui papà avrebbe avuto il colloquio di lavoro, nel salone.
<<Ei Stuart, com'è andata a lavoro? Tutto apposto spero>> Mi chiede mia madre.
<<Tutto a meraviglia>> risposi.
Poi vidi entrare mio padre nel salone dalla cucina. Mi fece la stessa domanda e io risposi tale e quale a prima. Io assomiglio a entrambi i miei genitori, ho tratti di mamma e tratti di papà. Ho gli occhi azzurri come mamma, e i capelli biondi come papà. Invece mia madre a i capelli scuri, color moro-bruno, invece mio padre ha gli occhi scuri. Il naso alla francese l'ho preso da mia mamma, invece le labbra carnose da mio padre.
<<Io vado in camera, ho un sacco di compiti da fare>> in realtà non ne avevo così tanti, ma non vedo l'ora di mettermi sul letto dopo quella lunga giornata. Mi riposati per due o tre orette.
Quando svegliai ed erano le dieci. Caddi dal letto dalla fretta. ERA TARDI. DOVEVO FARE I COMPITI. È vero non è avevo tanti, però era già tardi e il giorno dopo mi sarei dovuto alzare presto per andare a correre. Era domenica ma mamma mi svegliava sempre alle otto perché voleva che la aiutava con le faccende domestiche, quindi dovevo alzarmi per le sei se volevo andare a correre. Allora mi alzai da letto e mi misi a fare i compiti più veloce che potevo. Dopo averli finiti mi misi nel letto. Avevo la luce accesa, e non volevo spegnerla perché sapevo che se la spegnevo avrei di nuovo rivisto l'uomo.

Woodsville - L'inizio dell'incubo (Volume 1) IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora