2. MYRON

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Quella mattina mi ero alzato senza voglia di vivere e con i postumi della sbornia della sera prima; avevo alte aspettative per quella festa che tutti attendevano per dare il via all’ “anno accademico” ma essa si era rivelata più deludente del previsto e, perciò ci avevo dato dentro con l’alcol per divertirmi un po, e cazzo se mi ero divertito.
Probabilmente durante il giorno la ragazza che mi ero limonato, una certa Violet mi pare, mi avrebbe cercato e mi sarebbe stata incollata come una cozza per poi rendersi conto che non intendevo intraprendere nulla di serio e se ne sarebbe andata a cercare qualcun altro. Mi comportavo sempre così e loro facevano altrettanto.
Poi la mia giornata era peggiorata ulteriormente quando mi ero scontrato con quell’insopportabile ragazzina con cui, grazie alla mia immancabile sfortuna, avrei dovuto passare a studiare molti dei pomeriggi che avrei potuto impiegare per allenarmi in vista della prima partita della stagione.
Dopo la lezione di Raynols decisi di andare in palestra per fare un po di potenziamento e sfogare la rabbia che avevo dentro.
In palestra incontrai Miles, il mio migliore amico, che si accorse subito del mio umore grigio.
“Hey bro’, che è successo? La tipa di ieri sera non te l’ha data?” chiese lui, facendo una pausa dalla serie di trazioni che stava facendo e asciugandosi il sudore dalla fronte coperta dal ciuffo castano.
“No, non è quello, non solo. Quel vecchio del professore di storia pensa che io abbia bisogno di una babysitter per studiare e oggi pomeriggio devo vederla quindi non so a che ora riuscirò a venire ad allenamento.” Dissi io, mentre iniziavo il riscaldamento e immaginandomi già la reazione contrariata che il nostro coach avrebbe avuto quando gli avessero detto che non avrei partecipato all’allenamento.
“Beh almeno tu hai l’occasione di vederti con una ragazza, e magari questa riesci a fartela.” Constatò Miles, cercando in vano di farmi sorridere.
“Si, come se non ci avessi già provato; ti giuro che è testarda peggio di un mulo. Probabilmente è fidanzata o qualcosa perché altrimenti non si spiega il perché abbia rifiutato visto che saremo costretti a passare molto tempo insieme per i prossimi due mesi.”
“Ha senso come ragionamento. Sai almeno come si chiama?” tagliò corto Miles.
“Raylee qualcosa, ma che cazzo se ne frega come si chiama, lei odia me e io odio lei, non abbiamo uno stralcio di motivo per andare d’accordo e sinceramente mi va bene così.” Dissi io finendo lì la conversazione e continuando a allenarmi.
Le tre di quel pomeriggio arrivarono troppo presto, come tutte le volte che sis pera un momento non arrivi e il tempo sembra accelerare. Mancavano cinque minuti all’orario stabilito quando mi presentai fuori dalla biblioteca con il libro di storia, che fino a quella mattina era stato nel mio armadio con ancora la pellicola impolverata a ricoprirle; indossavo la mia solita maglia grigia scura a maniche corte e un paio di pantaloni lunghi neri.
Mi scostai i capelli dagli occhi in quel modo che, avevo imparato, faceva uscire di testa ogni ragazza nei dintorni e, quando stavo iniziando a sperare che Raylee si fosse dimenticata della nostra lezione, la vidi arrivare.
Era vestita esattamente come quella mattina, con quella maglietta corta e quei jeans stretti sulle cosce che mettevano in risalto le sue curve, si era legata i capelli mori in una coda alta, lasciando le ciocche del ciuffo a ricadere sul viso, e portava una borsa di tela su una spalla e una cup di Starbucks nell’altra.
“Alla buon’ora, sunshine. Sai, per un attimo ho sperato ti fossi persa, sai.” La stuzzicai, sapendo di starla facendo impazientire.
Lei mi guardò di sbieco e parlò.
“Sono in perfetto orario, Easton.” Disse in tono acido.
“E ti sei pure presa un caffè! Non ti è proprio venuto in mente di prendere qualcosa anche al tuo studente preferito, troppo occupata a pensare a te stessa come sempre.” La provocai, indicando la sua cup.
“Senti un po’, io sono qui per aiutare TE, quindi vedi di comportarti come si deve o giuro che ti pianto qui e lascio che ti occupi da solo di recuperare i tuoi voti insalvabili.” Disse, facendo un passo verso di me e parlando in tono autoritario: probabilmente si stava credendo minacciosa senza sapere che, in realtà, era assai lontana dal mettermi timore.
“Non dirmi cosa devo f-“ iniziai ma lei mi inpedì di finire di parlare.
“Basta chiacchiere, andiamo a cercare un tavolo prima che si riempia tutto qui.” Disse e si diresse verso la porta della biblioteca. Sbuffai e la seguii riluttante mentre mi preparavo mentalmente a quelle due ore di tortura.
Ci sedemmo ad un tavolo su una delle alte finestre della biblioteca che dava sul cortile dove si trovavano le stutture di studio.
Appoggiai il libro sul tavolo e mi misi a guardare Raylee mentre tirava fuori dalla borsa il proprio, una matita, degli evidenziatori pasttello e indossava un paio di occhiali dalla montatura leggera che, non l’avrei mai ammesso, la rendevano incredibilmente adorabile.
“A che ti servono quelli?” chiesi genuinamente curioso mentre indicavo gli evidenziatori: mi ero sempre chiesto perché le ragazze volessero sempre avere mille colori per studiare e perché i loro appunti e libri fossero sempre così ordinati.
“Per evidenziare le cose importanti, credi forse che si possa studiare tutto il libro per intero senza riassumerlo?” chiese, infastidita dalla mia ignoranza.
“Beh, sì.” Dissi io, sorpreso dalla sua domanda: non che io mi fossi mai impegnato veramente, ma pensavo che per ottenere voti alti bisognasse sapere capitoli interi a memoria. Con mio stupore Raylee ridacchio, facendo sì che un brivido mi percorse la schiena al suono della sua risata. Cazzo se era sexy quando rideva.
“Dio, si vede che non hai mai studiato.” Aprì il libro ed io feci lo stesso. “Non puoi pretendere di imparare un capitolo intero di storia a memoria, non ci sono mai riuscita nemmeno io. E poi, anche riuscendoci, sarebbe un metodo inutile perché finiresti con il dimenticare tutto in pochi giorni.” Disse tranquillamente mentre si sistemava meglio gli occhiali sul naso e alzava lo sguardo su di me, sospirando.
“Senti, so che non scorre proprio buon sangue tra noi ma se vogliamo uscirne entrambi vivi e con un profitto da questa cosa ci conviene collaborare, per quanto disprezzi l’idea.” Disse, prendendo un sorso del suo caffè. Neanche a me piaceva l0’idea di dover andare d’accordo ma cercai di nascondere la mia irritazione.
“Va bene. Che studiamo oggi, oh intelligente sunshine?” chiesi io, stuzzicandola nuovamente e appoggiandomi distrattamente allo schienale della sedia.
“Inizia col parlarmi di ciò che ha spiegato oggi Raynolds in classe, così mi faccio un’idea delle cose su cui dobbiamo lavorare.” Disse, prendendo in mano la matita.
“Saresti una professoressa fantastica, sai?” Dissi io ironicamente.
“Comunque, oggi abbiamo parlato… delle conquiste dell’impero Romano.” Dissi, cercando di non farle capire quanto poco ricordassi della lezione, visto che mi ero praticamente addormentato in aula.
“Sì, e…?” disse lei, evidentemente cercando di incoraggiarmi ad ampliare il mio discorso.
“E… della gallia che… ma che ne so! Non mi ricordo fottutamente niente di quella lezione.” Sbottai io, lanciando il libro lontano da me sul tavolo e incrociando le braccia al petto. Feci un respiro profondo: non dovevo perdere la calma, non per una cazzata come quella.
”Okay, siamo qui per questo. Va bene. Prendi il libro che iniziamo a lavorare. Capitolo sette.” Disse lei, apparente calma anche se intuii il tremito di incertezza nella sua voce, come se avesse… paura di come avrei potuto reagire.
L’ora e mezza che seguì non fu semplice; mi sentivo incredibilmente stupido a farmi spiegare da una ragazza un anno più piccola di me come fare a studiare ma sapevo di non avere alternative.
“Bene.” Disse lei finalmente, alzando la testa dal libro e spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Direi che per oggi va bene così; sta sera o domani mattina prima di lezione dai una rilettura veloce agli appunti che abbiamo preso e dovresti essere apposto per ora.” Disse, accennando un leggero sorriso.
Lasciai andare un sospiro soddisfatto e mi rilassai nella sedia, contento di essere sopravvissuto al primo giorno di quella tortura senza fine.
“meno male è finita. Senti Campbell, posso farti una domanda?” Chiesi io, mentre un sorrisetto malizioso mi si formava in viso.
“Mhm.” Rispose lei, quasi distrattamente mentre iniziava a mettere via le suke cose.
“Sei fidanzata? È per quello che hai rifiutato la mia offerta di questa mattina?”
Lei alzò la testa dalla borsa e piantò i suoi occhi verdi nei miei neri e seppi di averla fatta incazzare.
“Primo: non sono affari tuoi, non te ne deve fregare un cazzo della mia vita sentimentale. E secondo.” Disse alzandosi e mettendosi la borsa in spalla.
“Ti ho detto di non voler scopare con te perché è la verità e smettila di chiedermelo perché la mia risposta non cambierà. Non credo di aver bisogno di darti altre spiegazioni.” Disse arrabbiata, praticamente urlandomi in faccia, per poi andarsene, lasciandomi lì seduto come un coglione.
Raccolsi velocemente le mie cose e mi diressi in palestra per prendere parte almeno all’ultima mezz'ora di allenamento di basket.
Una volta finito tornai in spogliatoio con i miei compagni e mi feci una doccia. Anche se non mi ero allenato a lungo ero accaldato e il getto freddo della doccia sulla pelle fu un sollievo.
“Allora, come è andata con le ripetizioni?” Mi chiese Miles, dalla cabina di fianco alla mia.
“Lo studio non è stato un disastro totale ma giuro che quella ragazza è impossibile. Le ho chiesto se fosse fidanzata e se fosse per quello che non era voluta venire a letto con me e lei mi ha urlato in faccia di farmi i cazzi miei e se ne è andata.” Raccontai, passandomi le mani tra i capelli scuri e bagnati. Miles rise.
“Non so cosa dirti, di solito ti vanno dietro tutte. Comunque sta sera James e gli altri di Stunds Hall danno una festa, potrebbe farti bene dopo il pomeriggio che hai avuto.” Disse, mentre mi avvolgevo l’asciugamano intorno alla vita e uscivo dalla doccia.
“Buona idea, ci sarò.” Dissi velocemente, avevo proprio bisogno di bere dopo la giornata di merda che avevo avuto.


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