Un dolce risveglio

4 2 0
                                    

Lea era sveglia da un po', ancora molto emozionata per quanto successo nelle ore precedenti.
Avevano fatto l'amore.
Era stato bellissimo, lui era stato dolce e delicato e le aveva fatto provare sensazioni mai provate prima. Le aveva regalato un orgasmo intenso ed era stato il primo uomo in grado di farle provare una cosa simile. Non aveva sentito male come invece le capitava di solito, non aveva sperato che finisse velocemente, non si era sentita in dovere di fare la geisha e pensare al piacere di Theo e non al proprio.
E la cosa l'aveva stupita parecchio, tutto era stato naturale, si era mostrata nuda, non fisicamente, cosa che per lei non rappresentava un problema. Ma nuda emotivamente.
Era stato uno scambio, avevano dato e preso reciprocamente.
Ne voleva ancora, voleva ancora quel piacere, quei brividi, quel calore allo stomaco, voleva baciarlo ed essere baciata, voleva toccarlo, imparare a memoria il suo corpo.
Voleva Theo.
Ma dormiva e sapeva quanto bisogno ne avesse, quindi gli accarezzò piano una guancia, gli diede un bacio leggero sulla punta del naso e chiuse di nuovo gli occhi.
Lui si svegliò pochi minuti dopo e si prese tutto il tempo per ammirarla, dolce e silenziosa. Bellissima.
La notte precedente era stato un vero e proprio giro sulle montagne russe, con picchi altissimi di piacere, non solo fisico.
Quel folletto lo aveva riportato in vita e neanche lo sapeva. Non poteva immaginarlo. Le doveva qualche spiegazione, le doveva raccontare una parte importante della sua vita e, sapeva, che anche lei aveva qualche scheletro nell'armadio che andava tirato fuori e smontato. Osso dopo osso.
Avevano i demoni entrambi.
Lea aveva accennato qualcosa mentre facevano l'amore, aveva parlato di dolore e sperava con tutto il cuore di non avergliene provocato. Non riusciva a concepire come potesse provare dolore durante un momento che doveva essere di puro piacere. Gli era sembrata anche non abituata al piacere e alle attenzioni e non riusciva a capire chi e perché avesse potuto farle del male. Era vero, lui per primo, all'inizio, l'aveva giudicata male e frettolosamente ma non le avrebbe mai fatto del male, soprattutto a livello fisico e con coscienza. I suoi comportamenti, a volte un po' sopra le righe, ora lo divertivano molto e soprattutto aveva scoperto che era una giovane donna intelligente e sensibile.
La sua Lea.
Il destino gli aveva tirato un paio di tiri mancini difficili da superare e affrontare ma poi gli aveva messo sul cammino quel folletto agitato e rumoroso e forse poteva iniziare a risalire la china senza difficoltà.
Le posò le mani sul piccolo seno, giocando a stuzzicarla con la punta dei pollici e i capezzoli reagirono all'istante.
Sorrise sentendola gemere e, ancora a occhi chiusi, cercare la sua bocca.
Sentì che lo cercava col bacino, che gli si strofinava contro, che gli passava una gamba attorno ai fianchi.
Le mise le mani sul sedere e l'attirò a se.
- Buongiorno, fragola -
- Buongiorno, Brontolo -
- Non sto brontolando - le disse ridendo.
- Strano. Devo preoccuparmi? -
- Preoccupati di farmi star bene come qualche ora fa -
- Ok - gli disse spalancando gli occhi e guardandolo.
A lui mancò il fiato. Nessuna donna, nessuna, lo aveva mai guardato così.
- Baciami. Voglio uno dei tuoi splendidi baci - le disse.
Gli rotolò addosso, gli si sdraiò sul busto, a cavalcioni, gli fece sollevare le braccia e iniziò a baciarlo, partendo dai capelli.
Baci innocenti, leggeri, delicati. Fino a che non arrivò alla bocca e allora il bacio perse innocenza e leggerezza. Ma poi gliela lasciò la bocca, solo parzialmente soddisfatta, anzi, a pensarci bene, ancora completamente affamata.
Gli baciò il collo. Morse piano.
Scese sul torace, usando lingua e labbra.
Scese sullo stomaco.
Scese sotto l'ombelico.
- Lì è pericoloso -
- No, no... so cosa fare -
- Non ne dubito -
- Non dubiti, ma non immagini, credimi - gli disse guardandolo dal basso con uno sguardo furbo e carico di malizia.
- Oh cazzo... -
Sentire le labbra e la bocca di Lea proprio lì fu come sbattere contro un blocco di cemento armato.
Aveva ragione, non immaginava: le sue abilità superavano di gran lunga la fantasia e le aspettative.
Sapeva stuzzicare fino al punto giusto, sapeva ritrarsi e poi tornare a dargli piacere, era dolce e decisa; usava la bocca ma anche tutto il resto del corpo, premeva contro le sue cosce con il busto, gli stuzzicava la pelle con i capezzoli, li sentiva chiaramente, gli accarezzava le gambe con i piedi.
- Sto per venire - le disse a fatica.
- Se vuoi continuo, se vuoi mi fermo -
- Continua, per favore -
- Con cosa? Con la bocca o con altro? -
- Voglio svuotarmi dentro di te -
- Sono tutta bagnata, sono pronta a prenderti -
Gli afferrò il pene e si fece penetrare.
- Lea... -
- Vieni Theo -
- Un attimo, un attimo, se vengo adesso, non c'è piacere per te -
- Non importa -
- Importa invece. Perché dici così? -
- Abitudine -
- Ma con che cazzo di uomini sei stata? -
- Lascia stare - gli disse muovendosi sopra di lui e baciandolo.
- Non mi piace così, sappilo -
- Cosa non ti piace? Stare dentro di me? -
- No, stare dentro di te è un'esperienza ultraterrena -
- Addirittura? -
- Fai molto bene l'amore, mi piace come baci e cosa sai fare con le mani, ma non mi piace che ti metti un gradino sotto di me, che pensi di non avere il diritto di godere. Qualche sera fa mi hai detto che non vuoi che il nostro rapporto sia semplicemente dormire abbracciati e allora devi spiegarmi cosa ti è successo -
- Non ora -
- Ok -
- Ok -
- Dimmi quando stai per venire e non imbrogliare, che tanto me ne accorgo se dici bugie -
- Manca poco, Theo. Lo sento nella pancia... è come un'onda -
- Lasciati travolgere -
- E se affogo? -
- C'è la mia mano -
E il piacere la travolse davvero e non riuscì a trattenere le lacrime, a differenza della sera precedente. Si coprì il viso con le mani e scoppio in singhiozzi.
- Vieni qui, piccola -
- Scusa, non volevo -
- Piangi, Lea. Butta fuori tutto, qualunque cosa sia. Non sai quanto ti capisco e sei fortunata se riesci a piangere e sfogarti, io non ce l'ho mai fatta -
- Anche tu devi parlarmi dei tuoi demoni, Brontolo - disse dopo essersi sfogata ed essersi asciugata occhi, viso e naso, nella maglietta che indossava la sera precedente, appena raccolta da terra.
- Vero. Faremo una bella seduta terapeutica reciproca - le disse baciandole la fronte e ridendo per il fazzoletto improvvisato.
Restarono abbracciati, a letto.
Le chiese dei due elefanti e lei gli spiegò che erano Elly, la mamma, quello grosso e Phanty il figlioletto, quello piccolo e gli confessò che di solito dormiva con loro, anche se occupavano metà letto.
- Allora ho fatto bene a non metterli per terra -
- Ho notato subito che li hai messi sulla poltrona, grazie -
- Ho immaginato che tu non li lasciassi a terra anche se non immaginavo ci dormissi assieme -
- Non mi piace dormire sola, ecco perché da quando ti ho conosciuto, ho sempre cercato di dormire vicino a te -
- La prima sera ti sei addormentata sulla mia gamba -
- Ricordo. Sapevo che ti avrebbe dato fastidio ma me ne sono fregata, non era una cosa brutta -
- È stata una cosa bella, solo che non in quel momento non l'ho capito -
- Ti ero antipatica? -
- Antipatica non è il termine esatto. Mi facevi un po' paura -
- Ma se sono grande come una pulce. Che paura? -
- Ho provato attrazione e repulsione nei tuoi confronti. Più volevo allontanarti, più tu ti avvicinavi -
- Eh sono un treno in corsa che entra in stazione -
- Sta arrivando qualcuno - le disse a un tratto.
- Ma dove? Che dici? -
- Ho sentito una macchina fermarsi qui sotto -
Un attimo dopo sentirono la porta d'ingresso al piano di sotto aprirsi e chiudersi.
- Lea? -
Era Antonio.
- Sono su, siamo su, a letto, non salire siamo nudi, aspetta, fermo, non muoverti, stavamo facendo l'amore, scendo io, arrivo -
- Che dici? Chi è? - le chiese Theo.
- È Antonio, gli ho detto di non salire, meglio infilarsi qualcosa -
Vedere Lea felice di poterlo riabbracciare lo fece sorridere ma lei non se ne accorse perché era già corsa giù, scendendo i gradini due a due, per volargli tra le braccia.
- Mi sei mancato da ieri sera. Tanto. Tanto. Tanto -
- Anche tu. Ecco perché sono corso qui. Cosa mi urlavi poco fa? Ho capito solo di non salire -
- Eravamo a letto, io e Theo, nudi e ho avuto paura che tu venissi in camera -
- Ma vi ho disturbato? -
- No, no, fatto tutto, finito. Due volte, ieri sera e poco fa -
- Anche se non entri nei particolari, va bene lo stesso -
- Sono felice, scusa -
- Si vede che sei felice e mi sono mancati i tuoi sproloqui -
- Mi manchi tanto anche tu, le telefonate non bastano -
- Dov'è il tuo Theo? Voglio dirgli un paio di cose e chiedergli scusa per ieri sera - le disse facendole l'occhiolino.
- Cosa vuoi dirgli? -
- Un paio di consigli su come gestirti -
- Sa gestirmi benissimo e anche lui è ben problematico, cosa credi? -
- Due problematici? Vi siete trovati -
- E non è arrabbiato per ieri, stanotte e stamattina gli ho fatto molte coccole -
- Basta! L'ho capito -
- È molto gentile in quei momenti -
- Lea, smettila -
- È sempre un po' Brontolo però è molto dolce, mi rispetta e si occupa di me. Ed è sexy. Molto sexy. Ha un bel culetto e delle belle gambe. E sa fare certe cose che... -
- Lea, basta, davvero - le disse chiedendole la bocca con una mano.
Theo scese in quel momento, aveva sentito parlare di Antonio infinite volte, gli sembrava di conoscerlo sul serio anche se lo aveva visto per la prima volta la sera precedente.
Lea parlava senza sosta di lui, era molto più del suo datore di lavoro, era un amico. In compenso non parlava mai dei suoi genitori o di suo fratello, o di un'amica in particolare. Sempre e solo di Antonio, Titta e Mamo che per età potevano essere i suoi genitori o degli zii.
E ora eccolo lì Antonio, alla base della scala. Un omone, a occhio e croce, di quasi due metri, grosso, con la barba folta, nerissima, e... l'aria da orsacchiotto. Aveva due splendidi occhi azzurri, che sorridevano.
- Theo! Buongiorno, scusa per l'irruzione -
- Non chiedere scusa -
- Vedi, te l'ho detto, no? Avevamo finito - ribadì Lea.
- Vi preparo qualcosa per pranzo? -
- Non c'è niente in casa -
- Vado a fare la spesa, non è tardi. Theo, ti piace il pesce? -
- Sì, mangio di tutto -
- Quanto vi fermate? Avete bisogno che compri altro? -
- Dopodomani dobbiamo tornare, la sera c'è concerto e poi dobbiamo ripartire  -
- Ok. Faccio presto -
Tornò davvero dopo poco e in altrettanto poco tempo mise in tavola uno squisito pesce al forno, con patate e insalata. Aveva anche preso dei pasticcini che mangiarono col caffè. E la frutta, Lea non chiudeva un pasto senza mangiare la frutta.
Quel pasto sapeva di casa e a Theo mancavano molto certe cose semplici come mangiare con la famiglia, con calma, senza dover tenere d'occhio l'orologio. E Lea gli sbucciò una mela, senza chiedere, senza dire nulla, seduta con un tallone posato sul bordo della sedia, gliela fece a spicchi e gliela mise su un piatto.
Lui le fece una carezza su una guancia.
Antonio osservò tutto, in silenzio. Sorridendo.

Theo & LeaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora