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Manuel si stropicciò gli occhi e si stiracchiò come se volesse scrollarsi di dosso il sonno che ancora gli intorpidiva gli arti.

Rivolse lo sguardo alla figura accanto a sè nel letto, avvolta interamente dal piumone blu che offriva riparo dal gelo, sopraggiunto in quelle notti di fine estate.

Si sollevò, cercando di non fare rumore per non svegliarlo e raccolse i suoi vestiti sparsi sul pavimento dalla sera prima.
Li guardò per un momento, poi si diresse spedito verso l'armadio e prese "in prestito" una tuta.
Gli piaceva l'odore di simone su di se.

Si rivestì e accese il cellulare. Era l'alba, avrebbe potuto dormire qualche ora in più, ma doveva terminare un lavoro importante in officina.

Lanciò un ultimo sguardo al ragazzo che russava  sotto le coperte e sorrise, chiudendo la porta dietro di se.

Andava avanti da un po', dopo l'incidente si erano riavvicinati molto e inevitabilmente non erano riusciti a tenere le mani a posto. Avevano deciso di darsi tempo, infatti nessuno sapeva di loro due.

Il giorno prima Simone gli aveva dato un passaggio quindi si ritrovò a dover prendere il bus per tornare a casa.

Girò la chiave ed entrò in garage.
Doveva solamente sostituire alcuni pezzi, non ci avrebbe impiegato molto tempo.
Si mise la tuta che gli sembrò piu stretta del solito e si concentrò sul lavoro.

Circa un'ora dopo il portone del garage si aprì rivelando la figura di sua madre furibonda, sicuramente a causa del rumore, e si preparò alla ramanzina imminente.

Lo guardò e il suo sguardo si addolcì improvvisamente.
Gli diede il buongiorno e lo strinse tra le braccia.

<Che ci fai qui?>
<Dovevo finire> indicò il motore davanti a se.
<E che fine ha fatto quell'altro?>
La sera prima l'aveva avvertita che sarebbe rimasto da simone ma non capiva perché gli stesse chiedendo di lui.
<Dorme?> rispose incerto.
La madre assunse uno sguardo contrariato.
<Che figlio ingrato che c'ho>
Stava per esordire con una risposta delle sue, quando parlò di nuovo.
<Vuoi fare colazione?>
<No prendiamo quarcosa al bar>
Gli accarezzò i ricci, sorridendo.
<Almeno fattela offrì>
Risero entrambi, poi la madre lo lasciò solo per andare al lavoro.

Il telefono squillò.
Simone.

<Manuel abbiamo un problema >


<Simò stai calmo>
Il ragazzo si agitava dall'altro capo del telefono da circa un quarto d'ora, balbettando cose senza senso, si zittì e respirò profondamente.

<Manuel specchiati>
<So che so bello simò per->
<Non sto scherzando fallo>
Si avvicinò allo specchietto dell'auto, l'unica superficie disponibile nella stanza.

Rimase interdetto mentre osservava i ricci scuri sulla fronte, gli occhi grandi e quel neo sul naso che tanto amava baciare.
<Che cazzo> urlò.
Si diede un pizzicotto.
<No non sto a sognà> borbottò.
<Si ho reagito allo stesso modo poco fa, appena sono entrato in bagno> percepì il tono preoccupato del ragazzo e i suoi passi che facevano avanti e indietro dall'altro capo del telefono.
<Stiamo impazzendo?>
<Forse>
<Ma come è possibile? nun stiamo mica in un cartone>
<Non ne ho idea manu>
Si massaggiò il viso, sotto i polpastrelli percorse la pelle candida e le guancie liscie. Era fin troppo reale.
<Dove sei?> gli chiese.
<A casa mia>
<Dimmi che non hai incrociato nessuno>
<Solo mi madre...>
Seguì qualche secondo di silenzio.
<Hai fatto qualcosa di strano? Meglio non parlarne con nessuno finchè non capiamo cosa sia successo>
<Si c'hai ragione o ce chiudono 'n na casa pe matti>
Simone sospirò.
<E mo che famo?>
<Vediamoci fuori scuola... prendimi dei vestiti tuoi, io cerco di uscire senza farmi vedere.>

Quella dello scambio dei corpiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora