La finestra di fronte a me racchiude uno stralcio di cielo che si posa e si sovrappone alle piastrelle.
Un bagliore maculato dipinge le pareti, la luce investe le foglie degli alberi e proietta le loro ombre tra l'asfalto e il terriccio della strada.
Fuori un rombo incessante corre e lungo provinciale. È una melodia familiare e indecifrata che vibra sui vetri e mi trasporta non so dove e non so come, in un punto indefinibile della mente.
Guardo il soffitto. In un tremolio lucente i riflessi turchesi e dorati si scompongono al moto delle mie mani.
Incantata, gioco con l'acqua tiepida, la rompo, spruzzo goccioline. Allungo le minuscole gambe in quella vasca che a quattro anni considero la mia piscina personale, nonostante mia madre la trovi troppo piccola.
Sull'orlo un barometro giallo mi fissa con occhi di plastica. Ha un'espressione complice, immutabile.
Il suo becco da papera sorride, sembra condividere l'estasi di quell'istante.
Chiudo gli occhi. Ora voce di mia madre arriva dalla cucina, una cantilena sempre più distante.
Il mondo diventa grigio, mi sento un cucciolo di bradipo che apre la bocca semi sdentata in uno sbadiglio.
Nella notte quel mostro è sbucato di nuovo dal buio, bruciando, affondando nella pancia come una lama. Un click. Ecco le mani morbide di mia madre alla luce della lampada. Una pastiglia e dell'acqua sono scivolate tra le mie labbra dischiuse. Hanno spento l'incendio e quel dolore di nome Cistite è scappato via urlando, rosso e terrificante nel suo mistero.
Sdraiata nel tepore dell'acqua, seguo quel ricordo con la mente. È sempre più flebile, come la voce di mia madre dalla cucina.
Il sonno arriva in un galoppo silenzioso, zampe bianche di cavallo accarezzano le colline delle mie palpebre che diventano pesanti.
Qualcosa solleva la vasca e la trascina piano. Mi affaccio. Oltre il bordo di cemento scorgo il verde di un'onda che scivola, si alza, respira.
La punta di un cartello rosa, una freccia rivolta all'orizzonte, mostra una scritta. È illeggibile. Poco più avanti tra i flutti, un altro cartello curvo precede file di esemplari identici al primo; ora le loro sommità sono becchi di cicogne che attraversano l'acqua saltellando sulle le gambe longilinee per sparire in un cumulo di nuvole rosa pallido.
Adesso le nuvole si stanno dissolvendo lentamente. Le fisso ipnotizzata, mentre la mia vasca avanza in un dondolio, diretta verso quella linea lontana che da sempre mi spinge a chiedere quale mondo si celi dall'altra parte.
Alzo gli occhi e lo vedo: il cielo si spacca a metà. Varco l'orizzonte e mi immergo in una volta scura, carica di luci.
Le stelle si staccano e scendono, migrano, si specchiano sulla lastra nera del mare. Le colgo, le trattengo tra le mani in un nugolo d'oro, ma loro sfuggono, volano. Una a una tornano al loro posto per brillare nel buio. Ora sono lucciole che si agitano e pulsano nell'immensità dello spazio.
Mi guardo intorno, dov'è la vostra mamma?
Una sfera grande come una palla scende e plana piano tra i miei palmi aperti.
Non ha volto e sorride.
Non ti immaginavo così piccola. Ma lei si solleva, risale e cresce sempre di più. Eccola lassù, nel bel mezzo del cielo notturno.
Mi volto: ali mi sfiorano la mano, salgono, mi accarezzano una spalla.
Con lo sguardo cerco quella farfalla invisibile, la chiamo.
Ma lei continua il suo gioco mentre mi parla.
Ora il suono del mio nome mi solletica l'orecchio. Poi una mano mi scuote per la spalla con dolcezza.
Spalanco gli occhi. "Cosa combini? Non si dorme nella vasca!". Un volto. Gli occhi verdi di mia madre mi guardano divertiti. Sorride, ma nel suo sguardo scorgo una punta di apprensione.
Stordita, sollevo le manine e le apro. Sono bianche e screpolate, ma delle stelle nessuna traccia.
"Mamma...", riesco a mormorare soltanto.
Guardo la finestra davanti a me; dietro al vetro vedo espandersi i riflessi grigio blu del tramonto.
In alto noto un bagliore che gioca tra le foglie degli alberi e si insinua tra i rami. Allora mi giro verso la mamma che ha sollevato un asciugamano rosa da un gancio lì accanto e si sta avvicinando a me...
"L'avevo presa per te, mamma ...ma è volata via!", esclamo indicando la stella.
Lei ride e inizia ad asciugarmi con delicatezza.Sono confusa. Dove sono il mare, i cartelli, il cielo diviso in due?
Forse era solo un sogno. O forse il vero sogno è quello che sto vivendo adesso, tenero, meraviglioso: avere mia madre lì, accanto a me.
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Racconti
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