Capitolo 1

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Si era giurata di non tornare mai più indietro. Era una promessa fatta a se stessa nell'età in cui ogni cosa appare definitiva: un'opinione, un amore, una passione, un cuore spezzato. Ora che di anni ne aveva quasi tre volte tanti, aveva imparato che solo il rapporto con la famiglia d'origine era rimasto immutato; non un bene, nel suo caso. Incantata dagli scarabocchi di luce che il sole le disegnava sulle palpebre abbassate, Marisa fluttuava tra queste considerazioni. Solo quando avvertì l'auto rallentare, si costrinse ad accettare il presente.


Scostò i vistosi occhiali da sole e, anticipando il navigatore, indicò la prima traversa a destra.
– Imbocca lì. Oh Dio, è quella giusta? Non vedo benissimo co' 'sto sole.
– Quando ce li mettiamo questi occhiali da vista, Ma'?
Con un gesto della mano, sminuì la domanda del ragazzo afflosciato sul sedile posteriore.
– Lo sai che li fanno anche graduati, questi? – Riprese l'altro, sporgendosi in avanti per sfilarle gli occhiali a farfalla.
– Dè, piantala! – Lo ammonì lei che, da grande sostenitrice del risparmio linguistico, accorciava anche nomi brevi come David.
– Non fatevi riconoscere subito. – Tuonò il ragazzo alla guida.
– Ascoltalo, se no questo ti manda a letto senza cena.
– E vale anche per te, ma'.– Le sorrise il figlio, prima di tornare a concentrarsi sulla strada. – Davvero. Anche se restiamo pochi giorni, non facciamoci notare. – Li ammonì, tornato serio. – Non mi va che la gente parli – aggiunse, dopo aver inserito la freccia.
– E che deve dire? Tra l'altro ci saranno rimasti giusto gli anziani.
– A maggior ragione. E in estate sarà pieno di gente. Già a Roma è difficile mantenere un basso profilo, figuriamoci in un paesino.
How boring!(1) – esclamò David, caricando la pronuncia della 'b'. – Cerchiamo di rimanere il meno possibile, allora. – Fece il pollice verso.
"Figurati se resto un giorno in più del dovuto" concordò Marisa, la cui apprensione cresceva a ogni metro percorso.
– Nonno ti aveva mai detto quanto potrebbe valere quel posto?
– Nonno non mi diceva mai niente – rispose secca, gli occhi che scivolavano sul minuto corso d'acqua. – Semmai ne avrà parlato a tua zia. Facevano sempre comunella quei due.
– Potrebbe essere la volta buona che ci sistemiamo.
– Ancora con la storia del B&B, Maure'?
– E perché no? – Insisté il figlio. – Tu ormai fai la badante, più che la segretaria. Quest'altro lavora al nero. Io... non ne parliamo proprio.
– Ehi, questo a chi? – David gli colpì l'orecchio destro con uno schiaffetto.
– Sto guidando... – Mauro gli allontanò la mano. – Dite quello che volete, io mi sono rotto di questa vita.
– Dobbiamo pure vedere in che condizioni sta, inutile fare ipotesi. Non ci metto piede da una vita. – Specificò lei, mordicchiando la stanghetta degli occhiali. – Tocca farlo valutare e tanti altri cavoli.
– Al mare ci andiamo?
– Beato te che non capisci niente. – Assestò un buffetto sulla guancia di David e inforcò gli occhiali.


Il ragazzo replicò con un verso e si accasciò sul sedile posteriore, rianimandosi quando l'auto si fermò di fronte una cancellata in legno: – Niente telecomando? – domandò, mentre Mauro scendeva per scostare i battenti.
Appiattita contro lo schienale, il collo incavato, Marisa tentava di allentare il nodo allo stomaco. Liberato il passaggio, osservò il figlio rimettersi alla guida.
– Va' piano, che ci si graffia il tettuccio. – Gli raccomandò, riferendosi ai rami secchi che scendevano a cascata dal muretto della proprietà. Poi indicò una fioriera in cemento oltre la quale si stendeva un prato incolto: – Parcheggia pure lì. – Suggerì.
Intanto, cercava di convincersi che dopo l'impatto iniziale si sarebbe rilassata e perfino goduta quel ritorno al passato. Ma alla vista del casale boccheggiò, come se i polmoni le si fossero sgonfiati di colpo nel petto.


Almeno dall'esterno la costruzione si presentava quasi immutata: non era mai stata rifinita ed era ancora ricoperta in pietra naturale per i due terzi della facciata, proprio come nei suoi incubi ricorrenti. Osservò che le imposte in legno del primo piano erano lucide e curate, mentre le persiane della portafinestra affacciata sul giardino erano velate da un sottile strato di muffa; e, se le sue diottrie non la ingannavano, le intemperie avevano danneggiato almeno due o tre mattonelle in terracotta della tettoia ad arco. Spostò l'attenzione sul lato ancora rivestito da semplice intonaco e udì la sua voce di bambina definire la casa "un gelato bi-gusto". L'unico cambiamento apportato al 'lato vaniglia', come lo definiva allora, erano le inferriate a rombi montate a protezione della porticina a vetri del piano terra; catturavano subito l'attenzione perché in netto contrasto con le grate in stile inglese della portafinestra adiacente, arrugginite e macchiate. Al primo piano, il finestrone era ancora appesantito da quelle soffocanti tende bordeaux che aveva scelto la sorella. Marisa dovette reprimere un moto di insofferenza.


Prima mia sorellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora