capitolo 1

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Gyro

Finalmente, mi decido a sollevarmi dal letto e spostarmi sulla mia sedia a rotelle.
Chiudo la finestra e inizio a preparare lo zaino, nonostante io sia davvero troppo stanco stamattina per farlo con la massima concentrazione.
Già, una vera seccatura nella mia vita sono proprio le mie gambe.
Colpa di un incidente che ho avuto ad appena tre anni, per colpa del quale non ho più potuto camminare. Tuttavia le mie gambe sono ancora qui a non avere nessuna utilità in particolare, solo quella di ricordarmi nostalgicamente l’infanzia che non ho avuto.
Infanzia che non ho avuto non solo per il fatto che non potevo giocare con altri bambini, solo rimanere a guardarli con un pizzico di invidia, ma anche per la morte dei miei genitori. E’ successo in quello stesso incidente in cui ho perso la mobilità delle gambe. L’incidente in cui ho perso tutto.
Mi hanno portato in orfanotrofio. Ho dovuto subire dodici anni rinchiuso in quel posto finché Alexis non ne ha fatti diciotto. Avevo 15 anni, e quel ragazzo mi ha salvato la vita. Per miracolo, da quel giorno sono in suo affidamento.
Parli del diavolo… Alexis spalanca la porta, con un sorriso a trentadue denti e le braccia alzate al cielo.
“Buongiorno Gyro! Come va? Hai dormito?” anche se si è appena svegliato, sembra pieno di energie. E come al solito mi fa le due domande che odio ricevere.
“Buongiorno… bene e no” rispondo, guardandolo negli occhi. Azzurri come il mare, il cielo… anzi, molto più belli. Di un azzurro che non si vede da nessun’altra parte.
Uno dei due occhi viene coperto da una ciocca bionda. Ha i capelli brillanti, curati, lunghi fino alle spalle e mossi. Adoro i suoi capelli. Ho passato giornate intere a fargli le trecce, tempo fa, perciò li conosco perfettamente.
E’ alto e magro, ma pur sempre più basso di me. Indossa un pigiama rosa, molto imbarazzante aggiungerei, ed ha la faccia di uno che non conosce la parola “stanchezza”. Questo è Alexis.
“Va bene, vado a fare la colazione. Cerca di dormire, oggi pomeriggio” dice, sorridente, e scompare in corridoio. Adora farmi da padre, e io adoro quando lo fa.
Mi metto davanti all’unico specchio agibile che c’è in casa e mi sistemo i capelli. Finisco per guardarmi in faccia e fare un sorrisetto. Sembrerà strano da dire, ma non penso di essere male. Sinceramente, sono abbastanza carino.
Vengo risvegliato dai miei pensieri da un richiamo che viene dalla cucina: è pronto. Così mi decido a spostarmi e uscire dalla mia stanza. Il corridoio straripa di foto appese ai muri che raffigurano me, Alexis, lui e i suoi genitori, lui e i suoi amici, io con il nostro gatto… Che a proposito mi sta camminando accanto. E’ un gatto nero, al manto lungo e perfettamente liscio. Lo adoro. Si chiama Happy e ha due anni.
Lo prendo in braccio e arrivo in cucina, alla fine del corridoio, e mi metto al tavolo tondo davanti ad un piatto di pancakes.
Alexis si siede davanti a me, con davanti la sua solita tazza di tè. E non diciamo nulla. Mangio, lui beve e ogni tanto incrociamo gli sguardi.
“Pronto per oggi?” chiede, palesemente emozionato. Lo vedo spostarsi una ciocca dietro l’orecchio e annuisco. Oggi partiremo per un viaggio con i nostri amici. In Grecia, ovvero il paese in cui sono nato. In realtà non ho voglia di andarci, ma dicono che c’è un osservatorio astronomico enorme e sinceramente muoio dalla voglia di vederlo. E poi, l’ultimo giorno faremo campeggio, quindi sarà meglio portarmi il cannocchiale.
“Chissà come sarà passare tre giorni con Zeph e Isa” borbotto.
Poco dopo, siamo già in macchina. Alexis guida, concentrato sulla strada, e io guardo fuori dal finestrino. Vedo tutta la città passarmi davanti: scuola, biblioteca, supermercato, pet shop… Tutto è così tranquillo, alle sei del mattino.
“Lexi” chiamo “ci saranno anche Vega e Garreth?”
“Già. Bello vero?” risponde, e dallo specchietto retrovisore posso giurare di averlo visto sorridere.
Non vediamo quei due da mesi. Un anno fa, si sono trasferiti entrambi in Florida per questioni dei loro genitori, ma ogni tanto trovano dei giorni liberi e vengono a trovarci.
Annuisco, e riprendo a guardare il mondo che scorre fuori dall’auto.
Sembra andare tutto così velocemente, ma al tempo stesso così lentamente. Il tempo sembra correre, più veloce di qualsiasi altra cosa. E io vorrei tanto poterlo fermare. Vorrei tanto poter far durare ogni momento bello all’infinito.
A un certo punto, le strade che vedo fuori dal finestrino non sono più familiari. Siamo usciti da St.John’s. Così chiudo gli occhi e, per una volta, mi beo del tempo che scorre.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 01 ⏰

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