Dietro il Velo

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"Le figure attorno alla capanna avevano scagliato non meno di quattro Schiantesimi contro la professoressa McGranitt. I raggi rossi la colpirono quando era ancora a metà strada fra la capanna e il castello; per un momento fu avvolta da un alone luminoso di un rosso spettrale, poi si levò a mezz'aria, atterrò con un tonfo sulla schiena e non si mosse più." [Harry Potter e l'Ordine della Fenice]

Dietro il Velo

Minerva aprì gli occhi.

Il sole splendeva alto sopra di lei, ma stranamente poteva guardarlo senza esserne accecata.

Era sdraiata su una superficie piatta e fredda, come un pavimento di pietra, e chiedendosi dove fosse si mise cautamente a sedere. Si aspettava di sentirsi indolenzita, ma il suo corpo reagì al comando reagì con inattesa agilità.

Solo quando distese le braccia davanti a sé notò com'era vestita. Erano passati anni dall'ultima volta che aveva indossato la divisa di Quidditch dei Grifondoro, e non riuscì a trattenere un sorriso al ricordo del suo passato da giocatrice: quanto le era mancato, quel magnifico sport...

Infine, dopo quello che poteva essere un minuto o un giorno o un'ora, alzò lo sguardo dalle sue vesti scarlatte e si guardò attorno.

Nonostante il cielo azzurro sopra di lei, si trovava in uno spazio chiuso. Mura massicce s'innalzavano in lontananza attorno a lei, delineando una sala enorme dall'aria familiare, ma surreale al tempo stesso, perché i colori apparivano sfumati e i contorni indefiniti, come se fossero avvolti dalla nebbia. Come se fossero fatti di nebbia. Minerva alzò istintivamente le mani per controllare che le sue lenti fossero pulite, ma si rese conto di non indossare i suoi occhiali da lettura.

Si alzò in piedi per esplorare meglio il luogo, e dopo qualche passo si rese conto che l'enorme stanza era arredata da quattro lunghi tavoli – eppure, avrebbe giurato che un istante prima non fossero lì.

Sulle pareti erano appesi lunghi drappi rosso-oro, e Minerva stava cercando di intuire quale animale vi fosse intessuto sopra quando sentì un sibilo nell'aria.

Si girò d'istinto e vide la Pluffa appena in tempo per afferrarla.

"Bella presa, professoressa!" esclamò la voce familiare di un giovane ragazzo dagli arruffati capelli neri. La stava guardava con un sorriso sornione, e quel sorriso...

Poteva forse essere...? Ma no, no, non era possibile... Doveva essere...

"Harry...?" domandò, incerta.

Il ragazzo ridacchiò.

"Mi somiglia, non è vero?" disse orgoglioso. "Ma ha gli occhi di Lily" aggiunse con dolcezza.

Non vedeva quegli occhi nocciola da quasi quindici anni, ma le erano mancati terribilmente.

"James..."

"In carne e ossa! Almeno credo" scherzò lui.

"È... è un sogno?"

"Qualcosa del genere, sì. Bella tappezzeria, comunque" aggiunse con un occhiolino, indicando le pareti.

Finalmente Minerva riconobbe che erano grifoni gli animali rappresentati sui drappi, e capì dove si trovava – o dove sembrava trovarsi. Col senno di poi, avrebbe potuto intuirlo fin dall'inizio, ma per qualche inafferrabile ragione se n'era accorta solo in quel momento.

"Perché siamo a Hogwarts?" chiese, guardandosi ancora intorno. I tavoli sembravano più definiti, ora. Più reali.

"Me lo dica lei, il sogno è suo!" esclamò James divertito. "Però non mi sembra male, come scelta. Devo ammettere che questo posto mi è mancato parecchio, sa?"

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