«Dobbiamo ancora partire e già voglio tornare a casa.»
Harper mi guardò storto. Prima di rispondermi indietro prese un bel respiro, cercando la pazienza per non insultarmi, data la mia immensa pigrizia.
«Scusami, se ti ho costretta a farmi compagnia in gita. Rachel, stiamo andando allo zoo, non a scalare l'Everest.»
Alle elementari le uscite didattiche erano quasi come una giornata di festa, i bambini scalpitavano impazienti, non vedendo l'ora di partire. Be' tutti tranne me. Odiavo andare a scuola, non sopportavo di dover restare rinchiusa tra quelle mura, con la testa china sui libri di storia, ma odiavo ancora di più andare a sudare insieme a compagni di classe che non sopportavo.
Amavo le gite perché potevo starmene a casa senza inventare troppe scuse, non per prenderne parte.
Ma, quando hai dieci anni e una migliore amica con un intelletto più sviluppato del tuo, è facile farsi intortare anche con un "potrai cavalcare le giraffe". Dopo mille opposizioni da parte mia, chiese aiuto ai miei genitori, che a quel punto mi obbligarono a prendere parte a quell'uscita, per non "deludere l'unica amica che avessi".
«No. Ma a quest'ora avrei potuto essere coricata sul letto a guardare i cartoni.»
«Passi troppo tempo davanti a quel coso», mi rimproverò.
«E cosa dovrei fare nel tempo libero, allora?»
«Uscire a prendere un po' d'aria, per esempio? In generale, non restare chiusa in quella casa trecentosessantacinque giorni l'anno potrebbe essere buona cosa.»
Misi su un piccolo broncio, non osando replicare, tanto sarebbe stato inutile. Non volevo litigare, ma la visione delle cose per una che amava uscire e per una che amava starsene rinchiusa in casa erano ben diverse.
Il sole cominciava a picchiare e io iniziavo ad aver caldo restando lì. «Uffa, quando partiamo?»
«Adesso non vedi l'ora di partire?» mi stuzzicò Harper sarcastica. I suoi capelli castano chiaro erano raccolti in una coda alta. Con la postura eretta e le bretelle dello zaino strette tra le mani, sembrava perfettamente pronta ad andare ad esplorare nuovi orizzonti.
«No, ma mi sto squagliando», d'altro canto, io avevo appoggiato il mio zaino a terra, le mani strette sui fianchi, i capelli bruni lasciati sciolti sulle spalle e la fronte già madida di sudore. Non dovevo essere un bello spettacolo.
Una persona mi prese contro, facendomi quasi finire a terra. «Saresti potuta rimanere a casa tua, non saresti mancata a nessuno.»
Avrei potuto riconoscere quel tono di voce tra mille, mi irritai al sol sentirla. Una ragazza mi passò accanto, i capelli rosso fuoco acconciati in due trecce alla francese. Non si prese nemmeno la briga di guardarmi.
Cheryl Evans, la bambina più insopportabile che io conoscessi. Due cose la divertivano: comandare tutti a bacchetta e prendermi in giro. Non le avevo mai fatto niente, eppure mi scelse come preda fin dal primo giorno.
«Ignorala», disse la mia amica mettendomi una mano sulla spalla. Io annuii cercando di fare un sorriso tirato. Per lei era facile, era bellissima e piaceva a tutti. Io, ero fuori forma e tutti mi ignoravano.
Se mi avessero chiesto chi fosse il mio idolo, io avrei risposto con sicurezza "la mia migliore amica".
A volte, sognavo di essere come lei, consapevole del fatto che non ci sarei mai riuscita. Era bello però percepire l'amore che una persona come lei provasse per una come me. Ero ancora troppo piccola per constatare se la nostra amicizia potesse durare tutta la vita, ma ci speravo con tutto il mio cuore.
STAI LEGGENDO
League of Darkness - Il cimitero di ricordi
Teen FictionE se alcune persone potessero continuare a vivere sulla terra anche dopo la morte? Essere un Predator non è facile, non per Isabelle almeno. Cerca di restare aggrappata ai ricordi della sua vecchia vita da umana, anche se sono pieni di dolore, umi...