Manuel ci pensa, ogni tanto, a tutte le volte in cui ha desiderato che Simone stesse zitto.
Gielo diceva pure, fuori dai denti, specialmente durante quei battibecchi infiniti in cui Simone doveva ad ogni costo avere l'ultima parola.
Hai finito?
La pianti de dì cazzate?
Smetti de parlà n'attimo?
Eppure tutte quelle cazzate, le puntigliose precisazioni di Simone, i suoi rimproveri seccati e le sue articolate opinioni su tutto, gli mancano terribilmente.
Gli manca il suono della sua risata, il tono piccato con cui esprime la sua frustrazione, mai direttamente.
Perché Simone ci mette un po' a dirgli le cose, non sempre è così bravo a elaborarle lui stesso.
E Manuel non può certo fargliene una colpa, che lui lo sa bene di non essere a sua volta un campione di comunicazione, ma ora sta cercando di imparare.
Ci prova davvero, in qualsiasi modo gli venga in mente, perché da cinquasette giorni a questa parte ha imparato che le parole sono solo una piccola parte dello spettro che ci viene in soccorso quando cerchiamo di esprimere ciò che vive dentro di noi.
E lo sa perché a modo loro, ultimamente, si dicono un sacco di cose.
Ma sono esattamente cinquantasette giorni che Simone non preferisce parola.
Cinquantasette giorni da quando un brandello della sua anima gli è stato strappato tanto violentemente da mozzargli il fiato in gola e scaraventarlo in una bolla tanto trasparente quanto impenetrabile.
E che cosa c'è da dire, se non esiste una singola parola che abbia un senso? Perché un senso alle cose lui non lo trova più.
Non da quando, cinquantasette giorni fa, ha visto Jacopo riverso sul pavimento del bagno ed è rimasto aggrappato a lui finché suo padre non l'ha strappato di lì con una forza necessaria, prendendoselo fra le braccia per permettere ai soccorritori di fare almeno un vano tentativo.
Una malformazione, gli hanno detto.
Un piccolo difetto di fabbrica rimasto invisibile fino al momento in cui, in un batter d'occhio, s'è portato via la metà esatta del suo essere.
Il dolore gli ha fatto a pezzi anima, corpo e spirito, tranciando indistintamente frammenti di cuore e a quanto pare le corde vocali, come una lama cieca e impazzita il cui solo scopo è stato distruggere.
Manuel ha persino creduto che quella di Simone fosse una scelta, forse perché non sopportava il suono della sua stessa voce, inevitabilmente uguale identica a quella di Jacopo.
Ma si è dovuto ricredere quando l'ha visto lottare contro sé stesso mentre provava ad aprire la bocca senza risultato, l'ha visto arrabbiarsi da morire e stringere i pugni tanto da imprimersi dei solchi ne palmo della mano, tremando per la frustrazione.
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Floriana si rifiuta di preparare il tè scaldando l'acqua dentro al microonde.
Dante tenta sempre di convincerla che abbia un senso, è più rapido.
Ma questo è un piccolo rituale per lei, così lo caccia dalla cucina per l'ennesima volta, dicendogli che tanto lui non capisce.
Rimane l'unica a crogiolarsi nella quiete della stanza, solo il sottile fischio del bollitore sul fuoco a riempire il silenzio.
Date le circostanze, si potrebbe immaginare che il silenzio sia l'ultima cosa di cui ha bisogno, il primissimo punto sulla lista nera delle cose che detesta con tutta sé stessa, eppure questi momenti sono a lei necessari.
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il senso delle cose 🎨
FanfictionSimone, un silenzio assordante e una voragine nera che minaccia di inghiottirlo. Manuel, colore, caos, vita e la voglia di non arrendersi mai. TW: tratta di argomenti delicati