La voce proviene da un uomo, seduto a un tavolo nell'angolo più buio della sala da tè.
Avrei giurato che, fino a qualche istante fa, quel posto fosse vuoto. Lascio andare immediatamente questo pensiero, rendendomi conto di quanto sia insensato.
Non poteva mica essere apparso dal nulla, giusto?
Senza emettere alcun tipo di rumore, silenzioso come un gufo, si alza in piedi e fa un passo avanti. Il suo giovane volto, fino a quel momento avvolto nell'oscurità, viene rischiarato dalle luci soffuse dei candelabri di cristallo. Ha un aspetto inconfondibilmente elegante, quasi fuori dal tempo. Alto, con occhi neri e capelli corvini ondulati, lunghi qualche centimetro al di sopra delle larghe spalle. Il suo abbigliamento è altrettanto raffinato: indossa un completo nero, con una camicia bianca e un plastron di seta viola che gli conferisce un'aria vagamente retrò.
Sembra avere un'età compresa tra ventisei e un centinaio di anni.
Se non fossi terrorizzata, probabilmente lo troverei attraente.
«Che cosa ci fai qui?», ripete lui, torvo.
«Io, uhm», balbetto, guardandomi attorno in cerca di una via di fuga. «Stavo solo... seguendo il gatto?», affermo poco convinta, indicando il felino. «Mi ha rubato il portafoglio» continuo, questa volta più decisa, rendendomi poi conto di quanto suoni strana questa mia frase.
L'uomo mi fissa come se fossi un'apparizione. Il felino, nel frattempo, è impegnato in una meticolosa opera di toelettatura, incurante di tutto il resto.
«Nyx?», chiede lui, posando lo sguardo sul gatto, che interrompe le sue attività di pulizia e si rimette seduto. «L'hai portata tu qui?»
Il micio miagola, beffardo, in risposta.
Sta parlando con il gatto?
L'uomo torna a rivolgere la sua attenzione a me. «Come hai fatto a entrare?», domanda, alzando il tono di voce.
«Ehm, aprendo la porta?»
Indico con un gesto l'entrata alle mie spalle, mentre indietreggio, impaurita.
La mia risposta sembra averlo scioccato ancora di più di quanto non fosse già prima. «Ma non dovresti essere qui. Non dovresti essere nemmeno in grado di vederla, la porta!»
«Scusa, ma questo è un locale esclusivo? Perché sai, io non sono qui per una rissa, non voglio rogne.»
Tento di sembrare disinvolta, ma il mio tono di voce tradisce la mia crescente ansia.
Lui sospira, passandosi una mano tra i capelli in un gesto che troverei affascinante, se ignorassi la decina di disturbi psichiatrici da cui è affetto. «Tu sei un'umana.»
«Be', sì, l'ultima volta che ho controllato ero decisamente umana.»
Infilo la mano nella mia borsetta, in cerca del telefono per chiamare la polizia, o un'ambulanza o qualsiasi altra persona in grado di venire in mio soccorso.
L'uomo sembra lottare per mantenere la calma. «Non capisci. Questo posto non è per i vivi... è per le anime.»
«Per le anime?», ripeto, sbalordita. «Aspetta un attimo. Stai cercando di dirmi che questo è un locale per fantasmi?»
La situazione sta diventando sempre più grottesca, e non riesco a capire se mi sento maggiormente terrorizzata o divertita. Nel dubbio, comincio a ridere istericamente.
«Non esattamente un locale», risponde, cauto. Sembra che si stia sforzando per trovare le parole giuste. «È una sala da tè per le anime che devono passare oltre.»
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Il Tè di Mezzanotte
FantasyCarolyn Haver è stanca della sua vita. Lavora come ghostwriter per Scarlett Owen, sua acerrima rivale dai tempi del college, per poter estinguere i debiti di gioco di suo fratello e, come se già questo non fosse abbastanza, deve anche vederla sposar...